Narrano le cronache che il lancio del fatidico fumogeno su Bonanni da parte di una militante di Askatasuna è stato preceduto, e scatenato, dal lancio di due sedie sui contestatori da parte di due militanti cislini. Per carità , il gioco del «chi ha cominciato» non è mai stato di particolare aiuto nell’analisi di fatti del genere. Però qual è la differenza fra due sedie e un fumogeno? Il fumogeno fa più scena, ma le sedie possono fare più male: andrebbe detto almeno per la precisione. La precisione del resto scompare dai commenti su «l’aggressione a Bonanni»: delle due sedie non c’è traccia, perché romperebbero lo schema.
Narrano le cronache che il lancio del fatidico fumogeno su Bonanni da parte di una militante di Askatasuna è stato preceduto, e scatenato, dal lancio di due sedie sui contestatori da parte di due militanti cislini. Per carità , il gioco del «chi ha cominciato» non è mai stato di particolare aiuto nell’analisi di fatti del genere. Però qual è la differenza fra due sedie e un fumogeno? Il fumogeno fa più scena, ma le sedie possono fare più male: andrebbe detto almeno per la precisione. La precisione del resto scompare dai commenti su «l’aggressione a Bonanni»: delle due sedie non c’è traccia, perché romperebbero lo schema.
Con poche varianti, lo schema è il seguente: un’aggressione violenta che lede il diritto di parola che è il sale della democrazia, ergo un’aggressione alla democrazia. Accidenti. Sembra di vivere in un reality sull’agorà ateniese, dove chiunque voglia dire la sua alza un dito e parla circondato da sorrisi, «prego si accomodi», «mi perdoni ma non sarei d’accordo», «aggiungerei quest’argomento» e consimili, e poi si decide ordinatamente, in circolo e per alzata di mano il bene comune. Invece viviamo nel reality dell’Italia berlusconiana e berlusconizzata, dove a parlare sono sempre i soliti noti, peraltro più maleducati che mai e più che mai incapaci di fare qualcosa che assomigli alla politica, e tutti gli altri – tutti: non solo «i ragazzi dei centri sociali», che detto per inciso non sono una tribù di scimmie – sono senza rappresentanza e senza rappresentazione. E da qualche giorno, vista la selva di invettive contro i fischi a Schifani e Bonanni, pure senza diritto di contestazione. Domanda: chi è che sta demolendo la democrazia? Risposta: un fumogeno.
Un fumogeno è un fumogeno è un fumogeno, come la proverbiale rosa. Invece no, perché serve «a coprire il coraggio dei riformisti», spiega Il Sole 24 ore che ci attacca per aver evocato contro Cesare Damiano il martello di Rita Pavone senza essere Pete Seeger: ripareremo. Invece no, perché «questa volta era un fumogeno ma niente vieta di immaginare per il futuro una pietra o altro», avverte La Stampa, non l’unica ad agitare gli spettri. Meglio Il Riformista, che almeno lo fa apertamente: siamo pur il paese «dell’Autonomia operaia, la P38 e le Brigate rosse»: il passato può sempre tornare, dunque «non scherziamo col fuoco». Però è lo stesso Riformista a invitare energicamente il Pd a uscire dal guado evitando di «restarsene abbarbicato a Di Pietro e Vendola» e imboccando con decisione la via dell’alleanza costituente, perché «questi sono tempi da compromesso storico», brillantemente evocati del resto dalla bolla bersanian-fassiniana di «squadristi» rivolta ai contestatori di Torino e ricalcata pari pari sui «diciannovisti» di berlingueriana memoria. Domanda: chi è che sta scherzando col fuoco? Risposta: «un manipolo di giovani barbari» (Corsera, sic).
Non scherza invece Enrico Letta, con quel suo ossessivamente scandito «voi, con noi, non c’entrate nulla», autentico inno al dialogo rivolto agli ospiti inattesi della festa di Torino. Né chi, dal governo e dall’opposizione, equipara lo sciopero al sabotaggio e la produttività al paradiso. Né chi alza limiti e paletti su tutto, dal diritto di manifestare agli ingressi negli stadi. Né chi, a sinistra più che a destra, invoca partecipazione solo un attimo prima che la platea sociale si trasformi in platea elettorale. Nessuno di costoro sta scherzando col fuoco, perché nella democrazia dell’opinione l’unica cosa che conta è che the (talk)show must go on. Chi lo interrompe, con o senza fumogeni, è perduto.
Non scherza infine e soprattutto chi, dall’opposizione di sinistra e di destra, non trova altra bandiera da sventolare che quella del rispetto della legalità, senza saper distinguere fra l’illegalità di un sistema di potere e l’illegalità di un fumogeno contro quel sistema, e finendo anzi con l’usare la seconda per coprire di fumo la prima. Del resto, non sarà per caso che a lanciare quel dannato arnese stata la figlia di un pm. Malgrado gli spettri del passato i tempi cambiano: dalle contraddizioni in seno al popolo a quelle in seno alla legalità.
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IL FUMO E L’ARROSTO Saremmo troppo «perbene» e «politically correct» per molti lettori. In fondo Bonanni «se l’è cercata» e «chi semina vento raccoglie tempesta». Ma chi ha detto che è vietato contestare? Cerchiamo di capirci
Quel fumogeno sul manifesto
Care lettrici e lettori del giornale, cartaceo e on line, pubblichiamo solo alcuni dei moltissimi commenti arrivati sulla contestazione a Bonanni e sul mio corsivo di ieri. Scegliamo di rispondere solo a quelli critici che sono la maggioranza. Primo: diamo per acquisito il nostro giudizio duro sulle politiche di Bonanni. Chi legge quotidianamente «il manifesto» lo conosce. Secondo: critica, polemiche, conflitto politico e sociale sono il sale della nostra sfibrata democrazia. Terzo: ognuno invita chi vuole alle proprie feste. Quarto: «il manifesto» bisognerebbe leggerlo tutti i giorni per evitare polemiche tanto pesanti quanto improprie. Quinto: scrivendo che lanciare quel fumogeno è stato un gesto politicamente stupido esprimevo un giudizio sul fumogeno, non sul diritto di contestazione. Ribadisco: ogni azione presuppone una reazione, ed è dovere di chi si batte contro le ingiustizie – i diktat Fiat, le complicità sindacali, la cancellazione del contratto – interrogarsi sulle conseguenze delle proprie azioni. Se aiutano la canea che criminalizza la resistenza e il conflitto della Fiom contro la cancellazione della democrazia nei luoghi di lavoro, sono azioni sbagliate. Siamo stati facili profeti nel prevedere titoli e commenti dei giornali e dei servizi televisivi che avrebbero accompagnato la notizia di quel fumogeno. E a dire che quell’azione avrebbe portato a Bonanni e alla sua politica solidarietà e consensi fino alla santificazione. Persino il suo giubbotto annerito è stato promosso a oggetto di culto. Avevamo anche previsto che l’enfasi su una banale contestazione avrebbe sbianchettato le notizie sulla Fiat e la decisione della Fiom di indire uno sciopero contro la cancellazione del contratto e una manifestazione nazionale dei metalmeccanici a Roma. Chiediamo ai lettori che criticano il nostro giudizio e a chi ha scelto quella forma di contestazione a Torino di fare un bilancio politico della giornata di mercoledì. Non abbiamo usato termini demenziali come «squadristi» o «provocatori», né ci chiediamo «chi li paga» perché abbiamo un’altra cultura, opposta a quella dominante, non solo a destra. Però non siamo ipocriti, e nessuno ci impedirà di esprimere i nostri giudizi politici, contestabili anch’essi naturalmente. Abbiamo scritto che quel fumogeno ha fatto danno alla parte che i contestatori intendono sostenere. Ps. la rivolta operaia contro un accordo separato (piazza Statuto) è sacrosanta.Manon facciamo paragoni impossibili. (Loris Campetti)
Se le va a cercare Sicuramente è da condannare l’aggressione subita da Bonanni alla festa del Pd. Esagerata mi è sembrata la replica di tutti i politici presenti e non. Non riuscendo a trovare la giusta misura dell’accaduto, vorrei usare le parole di un grande statista vivente: «certo però che se le va a cercare». Claudio Giorgio Veneziano
Il vento e la tempesta Caro manifesto, sono un tuo fedele e ventennale lettore. Non sono d’accordo con l’editoriale di Loris Campetti sulla contestazione al leader della Cisl. Ma ora in questo paese non si più neanche più dimostrare la propria rabbia? Cosa si aspettava il sig. Bonanni, il tappeto rosso o una nuova penna per continuare a firmare tutto ciò che gli passa sotto il naso? A cosa stanno portando queste politiche sindacali fatte d’ipocrisia e buonismo? Tutti, a destra e «sinistra » dicono che non bisogna alzare il livello dello scontro, io dico: perché no? Chi semina vento, raccoglie tempesta! Corrado Torri, Roma
Sono venduti Dopo l’articolo di Campetti credo sia opportuno che la redazione del manifesto si interroghi sul diritto di parola e ne dia ai suoi lettori una traduzione materiale. Non credo che Bonanni manchi di quel diritto, lo ha, lo sa e lo usa (e abusa); manca invece del tutto ai moltissimi, una sterminata schiera di persone, che anche quando riescono a conquistare trenta secondi di un microfono Tv vengono sommersi dalla timidezza, dalla rabbia e spesso dalle facili demogogie dei Bonanni di turno. Siamo al paradosso anche a sinistra ormai, ci autocensuriamo, è vietato fischiare, vietato alzare la voce, vietato manifestare il dissenso se non nelle forme “dovute”; a quando un galateo del come ci si può esprimere? Chiamiamoli per nome, sono venduti e non da oggi. Hanno firmato l’accordo di Pomigliano, mentendo spudoratamente, e quell’accordo è un battistrada per tutti. Campetti, tu lo faresti parlare uno che ti licenzia la vita e poi cerca di convincerti che è per il tuo bene? Emilio De Paolis, Ciampino
Lama all’università Fino a ieri la situazione non era bella e lo sconforto se non la depressione era lo stato d’animo di molti, sicuramente il mio. Oggi la mia rabbia supera quei sentimenti. Dicono che la rabbia sia auspicabile per fronteggiare un profondo dispiacere o una depressione, perfino un lutto. Per questo miracolo ringrazio Loris Campetti che col suo editoriale di oggi, prendendo il posto dell’esilarante Robecchi ma privo della sua comicità, mi ha fatto precipitare a Lama, cacciato dall’Università. Certo, allora i toni erano infami: i compagni non-del- Pci-Cgil che contestavano il segretario della Cgil erano (per il Pci e addentellati) squadristi, provocatori, facevano il gioco del nemico, fascisti mascherati. Ieri, oggi: situazioni assai diverse. Ma totalmente non confrontabili? Non credo. Sono passati 33 anni e 6 mesi, e i ruoli sono inchiodati, c’è solo uno scivolamento generazionale. E’ assurdo? No. Perché le carte se pur rimescolate sembrano sempre le stesse. Molti, che oggi si sentono, sono, a sinistra del Pd, con quei fatti non hanno fatto i conti fino in fondo: allora stavano dall’altra parte, con lo Stato e chi lo sosteneva accanto al defunto Kossiga. Io allora non ero né con lo stato né con le Br. Siccome molti ritengono a ragione che la storia non si ripete, allora questo dev’essere sicuramente un incubo. Svegliatemi. Ma se per caso è la realtà, allora non c’è scampo: dopo la criminalizzazione del sacrosanto dissenso l’esperienza ci dice che s’affaccia la clandestinità, per disperazione o per necessità. Ma chi è violento? Chi impedisce agibilità ai fascisti e ai nemici di classe o chi ha il potere di disdire contratti e vite con le buone maniere consentite dalla legge? Non facciamo i sepolcri imbiancati: anch’io sono contrario alla violenza, ma è inevitabile – purché nella quantità minima necessaria- in tempi di peste. Con immutata stima. Giorgio Carlin, Torino
Datevi una regolata Il corsivo di Campetti sarà anche criticabile criticabile e io lo critico per tutte quelle ragioni lette già negli altri commenti. Ma ricordo a tutti che il manifesto è l’UNICO GIORNALE dalla parte dei lavoratori, l’unico che ha dedicato ben 10 copertine alla marchionite, che ne ha fatte diverse anche contro Bonanni. Chi non dice questo o è in malafede oppure più banalmente non legge «il manifesto» e preso dalla Grillite acuta spara cazzate. Ergo, i commenti sguaiati contro «il manifesto » sono falsi ed ingiusti. Da Campetti mi aspetto una precisazione che però non cancella quanto di buono ha scritto sul movimento operaio. Solidarietà alla compagna arrestata ieri a Torino. Giovanni Rocchi, Montebelluna
Meno ipocrisia Condanniamo ipocritamente il gesto, sono sicuro però, che migliaia di operai farebbero volentieri altre cose al signor Bonanni. Francesco Pluralismo contro i fumogeni Se i media dessero spazio a chi non ha partiti, sindacati o soldi per farsi rappresentare, cioè la maggioranza dei cittadini, nessuno tirerebbe fumogeni. Ci hanno insegnato a guadagnarci le prime pagine e questo è il risultato. La Cgil è contestata sin da quando questo quotidiano è stato fondato. Bisogna stabilire un nuovo modello di rappresentanza. Rodrigo
Il problema è il Pd Errore non è solo il fumogeno ma anche quello del Pd che non invita la Fiom a controbattere il servile Bonanni Mario Fischio libero «Alcuni giovani dei centri sociali torinesi non si sono limitati a gridare ‘venduto’. Hanno impedito al segretario Cisl di parlare. Un gesto stupido che rovescia il fine che forse i contestatori si erano dati». Ma stiamo scherzando? Non c’è nemmeno libertà di fischiare? Condanno il lancio di fumogeni e la violenza. Ma ricordate cosa diceva Pertini, e cosa è capitato a Blair la settimana scorsa. Libero fischio in libero Stato. Fabio Pin
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