La Bank of England aiutò i nazisti a vendere l’oro rubato ai cechi

Rivelazione choc dagli archivi della «Vecchia Signora» di Londra 
Rivelazione choc dagli archivi della «Vecchia Signora» di Londra 

BERLINO — È una delle pagine più nere, e imbarazzanti, nel passato della Old Lady. Come svela un documento scritto negli anni Cinquanta — e pubblicato solo ora sul suo sito — la Bank of England, la «Vecchia Signora», ebbe un ruolo cruciale nel vendere l’oro di Hitler, sottratto dai nazisti dopo l’invasione della Cecoslovacchia.
Siamo nel 1939. A Praga nonostante l’accordo di Monaco, firmato nel settembre dell’anno prima, sono arrivati i tank del Führer. Sono i tesissimi mesi finali che precedono la guerra, in Inghilterra i beni del Reichstag, su ordine del governo, sono già stati congelati.
«Il 21 marzo — si legge nel documento pubblicato — il cassiere capo (della Bank of England, ndr) riceve l’ordine di trasferire circa 5,6 milioni di sterline d’oro (ai valori attuali 736,4 milioni, ndr) dal conto della BRI n.2 al conto BRI n.17. E sebbene non fosse affar suo, la banca era certa che il n.2 fosse il conto nazionale ceco e che il numero 17 probabilmente un conto della Reichsbank. La somma è stata trasferita in giornata, e una piccola parte il giorno dopo».
La BRI (BIS in inglese), ossia la Banca dei regolamenti internazionali, era stata creata per permettere le riparazioni tedesche dopo la Prima guerra mondiale. Nota anche come «la banca dei governatori centrali», era l’embrione del sistema finanziario europeo. All’epoca era guidata da Otto Niemeyer, direttore della Bank of England e braccio destro del suo governatore, Montagu Norman.
La sottrazione dell’oro dei cechi da tempo pesava sulla reputazione della BRI. Nulla invece si sapeva dell’intermediazione svolta della Bank of England che custodiva, nei sotterranei di Threadneedle Street, buona parte delle riserve auree della BRI. Non solo. I nazisti hanno provveduto subito a muovere i 2.000 lingotti d’oro arrivati sul conto del Reichstag. Tra il 22 e 31 marzo, 4 milioni sono andati alla National Bank of Belgium e alla Nederlandsche Bank, il resto è stato venduto a Londra.
Si scopre inoltre che c’è stata una seconda doppia vendita di oro nazista alla Bank of England nel giugno 1939: prima 440 milioni di sterline, poi un carico di lingotti per altri 420 milioni spedito da Londra a New York.
Qui cominciano le domande degli storici. Perché la Bank of England ha agito senza informare il governo britannico? Perché ha eseguito un’operazione a favore di un Paese con cui poco dopo gli inglesi sarebbero entrati in guerra? Molto si è discusso sulle simpatie filo-tedesche, almeno fino al 1939, del governatore inglese Norman, invitato a Berlino al battesimo del figlio del capo della Reichsbank. Ma dai documenti emerge anche un’altra verità.
I banchieri inglesi volevano preservare il sistema finanziario dalle interferenze della politica. Quando il governatore della Banca di Francia telefona a Norman, il 22 marzo, chiedendo che i due ministri del Tesoro mandino una nota congiunta di protesta alla BRI, perché ha fatto trafugare l’oro ceco sui conti tedeschi, Norman risponde che «è sbagliato e pericoloso per il futuro della BRI cercare di influenzare per motivi politici le sue decisioni» .
Perfino quando Downing Street si fa sentire, quando il cancelliere dello scacchiere chiede informazioni a Norman, il banchiere è evasivo. Lo informerà solo della seconda transazione. Una tragica ironia, quest’ostinazione dei banchieri a preservare per la ricostruzione dell’Europa il sistema finanziario, senza rendersi conto che attorno a loro l’Europa si stava già incendiando .
Mara Gergolet

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