Stefano Cucchi morì per grave carenza di cibo e liquidi. È questa la conclusione a cui sono arrivati i periti incaricati dalla III Corte d’assise di Roma di accertare le cause della morte del geometra, deceduto una settimana dopo il suo arresto nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini.
A determinare la morte, secondo i periti, furono i medici, che “non trattarono il paziente in modo adeguato”. Quanto al quadro traumatico, la perizia afferma che è coerente sia con l’ipotesi di un’aggressione che con quella di una “caduta accidentale”.
Stefano Cucchi morì per grave carenza di cibo e liquidi. È questa la conclusione a cui sono arrivati i periti incaricati dalla III Corte d’assise di Roma di accertare le cause della morte del geometra, deceduto una settimana dopo il suo arresto nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini.
A determinare la morte, secondo i periti, furono i medici, che “non trattarono il paziente in modo adeguato”. Quanto al quadro traumatico, la perizia afferma che è coerente sia con l’ipotesi di un’aggressione che con quella di una “caduta accidentale”.
Ecco, invece, il passo della perizia in cui si attribuisce la responsabilità al trattamento inadeguato da parte dei medici. Il documento, depositato questa mattina, è lungo 190 pagine.
Nel caso di Stefano Cucchi i medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini non si sono mai resi conto di essere (e fin dall’inizio) di fronte ad un caso di malnutrizione importante, quindi non si sono curati di monitorare il paziente sotto questo profilo, né hanno chiesto l’intervento di nutrizionisti (o altri specialisti in materia) e, non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso.
E ancora:
Tutti i sanitari del reparto di medicina protetta del Pertini ebbero una condotta colposa, a titolo di imperizia, sia di negligenza quando non di mancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate […]. La sera del 17 ottobre 2009 Stefano Cucchi presentava uno stato di denutrizione importante che, di fronte alla di lui manifesta volontà di digiunare e di astenersi dal cibo, doveva immediatamente allertare i medici curanti. Anche pochi giorni di ulteriore astensione da alimenti e liquidi costituivano rischio concreto di un irreversibile aggravamento delle di lui condizioni. Il pericolo di vita del paziente si rende poi manifesto il 19 ottobre: in questo momento un trattamento terapeutico appropriato avrebbe consentito probabilmente il recupero di Cucchi.
Non ci sono certezze, invece, circa l’ipotesi del pestaggio: secondo i periti, il quadro traumatico osservato si accorda sia con un’aggressione, sia con una caduta accidentale”. E “non vi sono elementi che facciano propendere per l’una piuttosto che per l’altra dinamica lesiva”. “I riscontri clinici riferibili alle lesioni – concludono i periti – risalgono al pomeriggio del 16 ottobre 2009 e non contrastano con un’epoca di produzione di poco anteriore”.
Per i periti, le lesioni non avrebbero neanche richiesto il ricovero. Il documento parla di “lesioni circoscritte” al capo e alla regione dell’osso sacro “di per sé non idonee a influenzare metabolicamente sull’evoluzione clinica infausta della sindrome da inanizione”. “Solitamente – sostengono i periti – queste lesioni non richiedono neppure il ricovero del paziente in ambiente ospedaliero”.
Riguardo allo stato in cui si presenta il corpo del giovane, gli esperti spiegano che sono state riscontrate “una serie di lesioni ed escoriazioni crostose, persino ulcere, che possono trovare la loro eziologia in microtraumi (sfregamenti, grattamenti, aree di appoggio e da decubito) anche di epoca precedente all’arresto, in manovre relative al trattamento da parte dei sanitari e persino nelle condizioni patologiche del Cucchi; esse quindi non possono essere attribuite con certezza ad episodi traumatici di una certa violenza/entità avvenuti tra l’arresto e il ricovero”.
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