De Magistris e Ingroia “Pronti alla rivoluzione”

Duri attacchi al Colle Arancioni in campo, ma Di Pietro si sfila   

Duri attacchi al Colle Arancioni in campo, ma Di Pietro si sfila   

ROMA — Sono già in campo. Rivendicano: mani libere e nessuna etichetta. Luigi de Magistris e Antonio Ingroia, uno dal palco del teatro Eliseo, l’altro collegato via Skype dal Guatemala, lanciano il Movimento Arancione in una sala gremita da quasi novecento persone. E, a parte i vari Berlusconi («ha portato il Paese sull’orlo del baratro» ha detto Ingroia), Dell’Utri, Casini, almeno nella sera del debutto, sembrano avere solo un altro “avversario” in comune: il Quirinale.
«Faremo la nostra rivoluzione civile». Anche stavolta il pm antimafia, che appare fatalmente vicino alla candidatura nella lista di de Magistris, fa tre passi avanti e uno indietro. «Abbiamo bisogno di un atto di coraggio e di responsabilità: la parte sana deve salvare questo paese. E io sarò con voi», scandisce Ingroia. E de Magistris: «Quando mi dicevano che ero una toga rossa dicevo: no, toga anarchica. Ora direi: eversivo pacifico.
Perché se Scalfari definisce eversivo uno come Ingroia, allora io sono eversivo, scelgo di stare con lui e con i magistrati palermitani come Vittorio Teresi e Nino Di Matteo e non con chi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per evitare che si faccia luce sulla trattativa tra Stato e mafia».
De Magistris affonda ancora contro il Quirinale: «Quei tre magistrati sono entrati in una stanza buia del potere, hanno cominciato ad accendere qualche lampadina. Ma chi doveva aiutarli, intendo chi doveva dire “ti do una mano, perché sono delle istituzioni”, ha invece staccato l’interruttore ». Altra ovazione. Durissimo attacco anche quello di Sonia Alfano, eurodeputata Idv: «Mi auguro che presto sarà eletto un Capo dello Stato degno di questo nome».
É in questo solco che vive, per ora, il Movimento. La lista Arancione che debutterà alle politiche è già in fase avanzata, daranno un sostegno anche Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto e i Verdi di Angelo Bonelli, rinunciando ai simboli; incerto il sostegno dell’Idv, Antonio Di Pietro non vorrebbe rinunciare al proprio marchio. Obiettivo obbligato: 4 per cento, visto che — anche se de Magistris non si pronuncia a riguardo — appare improbabile la possibilità di entrare in coalizione con il centrosinistra, specie dopo i nuovi strali lanciati verso il Quirinale. Intanto Ingroia sembra giocare al “sì” o “no” su questa discesa in campo. Anche ieri, prima accende l’Eliseo con un’eloquente promessa: «Serve una scossa. Dobbiamo liberare il paese dalle mafie, dalla corruzione e dalla menzogna che ancora lo strangolano. Facciamo la nostra rivoluzione civile: e dico la “nostra” perché, siatene certi, io sarò della partita ». Boato di approvazione, lunghi applausi. Poi, un attimo dopo, corregge: «Io ci sarò, dall’Italia o dal Guatemala… vedremo». Molti “oh” in platea, tra tolleranza e delusione. E subito de Magistris con teatrale nonchalance: «Vediamo di farlo tornare dal Guatemala… ». Il sindaco di Napoli — che ribadisce di voler restare «ad amministrare la città che amo ancora per altri tre anni e mezzo» — parte dalla propria esperienza. «Vedete che forse neanche io credevo di vincere, a Napoli. E sapete qual è stato il nostro punto forte? Non apparentarci con nessuno, stare fuori dai partiti. Ecco, abbiamo scoperto che mentre lo pensavamo, questo Movimento libero, lo stavamo già creando. E ora dobbiamo dargli gambe, dobbiamo farlo camminare. Perché i sogni si avverano anche: e il nostro sogno è di andare a Montecitorio, aprire le finestre e fare uscire il puzzo del compromesso».

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