M come Mulheres

Alfabeto brasileiro
Aveva talento e bellezza: di professione attrice. Era stata moglie di un regista, Domingo de Oliveira, e poi di un secondo, Ruy Guerra, noto in Italia in particolare per un film «rivoluzionario», I fucili. Aveva dato scandalo con un’intervista al settimanale Pasquim nel 1969, in piena dittatura militare. Perorò la libertà  di pensiero, di comportamento e dei costumi, anche sessuali. I generali al potere fecero una legge sulla censura preventiva, dopo l’intervista, il Decreto Leila Diniz, che era il nome di questa donna coraggiosa e libera, che infatti venne perseguitata.

Alfabeto brasileiro
Aveva talento e bellezza: di professione attrice. Era stata moglie di un regista, Domingo de Oliveira, e poi di un secondo, Ruy Guerra, noto in Italia in particolare per un film «rivoluzionario», I fucili. Aveva dato scandalo con un’intervista al settimanale Pasquim nel 1969, in piena dittatura militare. Perorò la libertà  di pensiero, di comportamento e dei costumi, anche sessuali. I generali al potere fecero una legge sulla censura preventiva, dopo l’intervista, il Decreto Leila Diniz, che era il nome di questa donna coraggiosa e libera, che infatti venne perseguitata. La sua stessa vita dava fastidio: sua era la pancia incinta apparsa nuda sulla stampa dell’epoca. Certo i dittatori provarono un sospiro di sollievo quando perì in incidente aereo in India, nel 1972. Aveva 27 anni. Oggi è una icona delle giovani brasiliane, quelle acculturate e consapevoli, che rifiutano la cultura machista, i ruoli precostituiti, anche quelli dell’immaginario maschile europeo.
Il sogno standard del maschio che dal Vecchio Continente va in Brasile è l’avventura con «la brasiliana», quando non è addirittura quello di essere «rapito» da lei, eterna Maga Circe, e strappato per sempre a lavoro, famiglia, affari e affanni.
Leila non è stata la prima mulher liberada del Brasile contemporaneo. Vent’anni prima Luz Del Fuego, «la ballerina del popolo», aveva danzato seminuda con due cobra, poi aveva fondato il primo club naturista del Brasile, in un’isola davanti a Rio: fu assassinata nel 1957, dopo aver subito una censura che durò a lungo nei decenni seguenti. Il che ci porta al tema, doloroso (scottante anche tra noi), della violenza sulle donne.
Tra il 1980 e il 2010 circa 91 mila donne sono state assassinate in Brasile, di cui 43.500 nell’ultima decade, con una triplicazione del numero delle vittime, passate da 1353 a 4297 per anno (+ 217,6%). Sono i dati dell’Agenzia Patrícia Galvão, che reca il nome di una tra le più grandi figure femminili della storia brasiliana. Romanziera, saggista, giornalista, Patrícia, militò col nome «Pagu» nel Partito comunista, al fianco di Oswald de Andrade, uno dei più originali intellettuali brasiliani.
Con il suo sostegno pubblicò nel 1933 il primo romanzo di ambiente operaio della storia brasiliana, Parque industrial. Arrestata, torturata, uscì assai provata dalla prigione; separata da Oswald, sposò un altro scrittore, Geraldo Ferraz, con cui firmò un romanzo, A famosa revista (1945), occupandosi poi soprattutto di teatro e giornalismo.
Ma tra le eroine brasiliane forse la più popolare è Francisca da Silva, detta Chica: schiava mulatta che nel secolo XVIII diventò donna di potere: icona di riscatto per le donne di origine africana. Infine, lei: Ana Maria de Jesus Riberio.
Aveva 18 anni quando conobbe Giuseppe Garibaldi. E fu «Anita», la degna compagna dell’Eroe dei Due Mondi, al cui fianco combatté e morì dieci anni dopo. Una smentita drammatica al puro immaginario erotico di tutti gli europei che partono per il Brasile sognando la mulher boa con la quale fuggire verso l’eden tropicale, o quanto meno la donna piranha tra le cui braccia, magari anche a pagamento, raggiungere l’oblio per un’ora.

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