Magical mistery tour

Il film che racconta la follia di noi Beatles 

Il film che racconta la follia di noi Beatles   

Magical Mistery Tour, un film dei Beatles. Era il 1967, lo facemmo perché ci sembrava una buona idea provare a vedere se riuscivamo a fare qualcosa di nuovo con un film. Avevamo aspettato un paio d’anni dopo Help e avevamo chiesto ad altri idee e soggetti ma nessuno ci aveva convinto. Così pensammo di fare per conto nostro, qualcosa che non fosse un film tradizionale, pensammo di mettere insieme un po’ di cose e vedere cosa accadeva, avevamo qualche canzone pronta e ci piaceva l’idea di metterle insieme e filmarle. Non avevamo una sceneggiatura vera e propria, ma solo l’idea di base di fare un giro su un bus, puntando verso il sud dell’Inghilterra. Prendemmo il bus, lo dipingemmo e trovammo un autista. Gli attori li scegliemmo guardando su un catanel
logo, “Spotlight” e non facemmo provini. In quel momento della nostra carriera volevamo avere il controllo su tutto quello che facevamo, come accadeva con la musica in studio, volevamo fare cinema a modo nostro.
Soprattutto per le canzoni ognuno di noi arrivò con delle idee, io per The fool on the hill andai da solo in Francia, per girare immagini all’alba, non volevo riprendere cose pensate a tavolino. Così in quello, come in altri casi, girammo le scene all’impronta, spesso non tenendo neanche il sync con la musica, il che quando andammo a montare il film rese tutto davvero complicato. Ma il risultato finale era quello di avere immagini semplici e dirette, esattamente come le volevamo noi.
Si dice sempre che il film fu un mio progetto, in realtà fu una sorta di opera collettiva, ognuno bus suggeriva qualcosa e se ci piaceva dicevamo okay e la realizzavamo. Molti nel bus erano nostri amici: c’era la segretaria della Apple, c’era Magic Alex, che non era poi così magico, c’era Neil Aspinall che era il nostro manager, c’era Mal Evans, il nostro roadie e fraterno amico e tutti si divertivano un sacco, in un clima dal sapore felliniano. Molte delle sequenze erano basate su nostri ricordi d’infanzia, altre, come quella del ristorante con John che fa il cameriere, erano nate da sogni, nulla è descrittivo, tutto è molto informale, alcuni personaggi appaiono dal nulla e non c’è una vera storia da seguire, cercavamo una nuova forma di comicità e improvvisazione, iniziavamo a girare e non sapevamo bene dove saremmo andati a finire. Era un sogno, una fantasia, l’immaginazione di quello che avrebbe potuto accadere in un nostro viaggio fantastico.
Questo ci permise di mettere nel film la musica fantastica, come I’m the walrus di John o Blue jay way di George, che in un film “normale” non sarebbero entrate.
Lo portammo alla Bbc che decise di trasmetterlo durante il periodo natalizio. Noi offrimmo questa cosa strana, che piacque ai ragazzi ma non piacque al pubblico più adulto e fu maltrattata dai critici. Alcuni pensarono che fossimo matti e autoindulgenti, il che probabilmente è vero, facevamo quello che ci piaceva. Il film non aveva un senso, ma molte delle cose che facevamo all’epoca non lo avevano e questo rende il film bello: una testimonianza di com’erano davvero i Beatles. Spielberg oggi dice che per lui è stato fondamentale e lo proiettano nelle scuole di cinema, insomma ha trovato il suo posto nel tempo.

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