La sinistra di governo

PER LA BUONA BATTAGLIA, I CAMPI DELLA LOTTA VANNO BEN DEFINITI. PRIMA LE IDEE,
CERTO, le proposte alternative, su cui poter scegliere, con coscienza e coerenza. Su questo, siamo avanti. La Carta di intenti è chiara. I punti sono fermi. Si può discutere, approfondire, aggiungere, articolare. Soprattutto, consultare: i militanti, gli elettori, i cittadini. Ma càè da tener presente che questo è un tempo distratto rispetto al mondo delle idee. Davanti ad esse sta, sovrastante, l’immagine. Come, davanti al reale, sta, prepotente, il virtuale.

PER LA BUONA BATTAGLIA, I CAMPI DELLA LOTTA VANNO BEN DEFINITI. PRIMA LE IDEE,
CERTO, le proposte alternative, su cui poter scegliere, con coscienza e coerenza. Su questo, siamo avanti. La Carta di intenti è chiara. I punti sono fermi. Si può discutere, approfondire, aggiungere, articolare. Soprattutto, consultare: i militanti, gli elettori, i cittadini. Ma càè da tener presente che questo è un tempo distratto rispetto al mondo delle idee. Davanti ad esse sta, sovrastante, l’immagine. Come, davanti al reale, sta, prepotente, il virtuale.

Questo comporta che l’offerta politica di oggi pretende che davanti al programma ci sia un volto. Non è bene che sia così. Ma è così.
Il problema che si pone è di presentare una diversa forma di volto, una radicale alterità di immagine. Credo che uno degli snodi di uscita da quella che si chiama seconda Repubblica sia comparso quel giorno in cui Bersani ha detto: non troverete mai il mio nome sul simbolo di partito. Ecco, lì si è aperta una via. Non so se la prossima legge elettorale abbia l’audacia di imporre questo vincolo. Non penso proprio: anche se l’abbandono di un maggioritario personalizzato andrebbe in quella direzione. Ma questa decisione unilaterale fa la differenza, proprio sul piano dell’offerta politica. Se alla figura del candidato premier si accompagnasse la proposta di una possibile squadra di governo, sarebbe perfetto. La politica, seria, e vera, riprenderebbe fiato. E, con essa, il primato delle idee sulle persone. In questo senso, il futile chiasso giornalistico sui competitors alle primarie mi pare riporti indietro le cose.
Se il volto per gli altri è la faccia del leader, per noi è il corpo del partito. Una comunità, di donne e di uomini, che sulla base di un programma per il presente e di un progetto per il futuro, chiede un consenso di popolo per governare e per cambiare. Qui è la diversità, e qui l’identità. Il riscatto della politica sta molto nel ritorno di un confronto tra esperienze politiche collettive, che mostrino di avere un proprio comune sentire, finalizzato a un compito per l’oggi e a una visione per il domani. Mai come in questo particolare momento, queste due dimensioni si richiamano e si completano. Bisogna uscire bene dall’esperienza transitoria del governo tecnico. Uscirne bene vuol dire superare ambedue le emergenze, quella economico-finanziaria e quella politico-istituzionale. Il governo del dopo elezioni avrà questo come compito immediato.
Allora diventa essenziale la definizione dei campi. Non è politicismo. È politica. Lo schieramento di sinistra che si va configurando ha interesse a che si organizzi una seria forza di centro. Questa deve prendere su di sé un compito preciso, a cui il Pd non può assolvere, tanto meno Sel: ripoliticizzare il fronte moderato, spoliticizzato dai vent’anni di berlusconismo. Si è parlato in questi giorni della figura di De Gasperi. Proprio di quella operazione degasperiana che la Dc fece con successo nell’immediato dopoguerra, c’è bisogno. Allora, quello che residuava dal consenso di massa al regime fascista, che cominciava ad esprimersi nelle forme del qualunquismo, fu recuperato dentro le nuove forme della democrazia nascente. Oggi è quella cosiddetta pancia del Paese, che si esprime nelle forme di una rabbia  antipolitica, sempre più volgare, a scendere, dal leghismo, al berlusconismo, al grillismo, che va recuperata e in qualche modo ridemocratizzata. Bisogna togliersi dalla testa il sogno che possa nascere in questo Paese una destra normale. In tutti i Paesi che hanno attraversato un’esperienza totalitaria, Italia, Germania, Spagna, questo non è stato possibile. Sono nate delle piccole sette antisistema e delle consistenti forze centriste. Occorre intendersi sull’idea di grande coalizione. Grosse Koalition è esperimento fondamentalmente tedesco. E lì non è, non è mai stata, transitorio accordo di governo tra destra e sinistra, ma tra un forza di centro e una forza di sinistra. Se si porrà, qui da noi, la necessità di un passaggio di questo tipo, questo è l’unico modo in cui può essere considerato.
Ma lo sguardo va gettato oltre la siepe. Una sistemazione di lungo periodo del nostro sistema politico può essere quella di un bipolarismo e, tendenzialmente, di un bipartitismo tra queste due forze. Risolverebbe molti problemi. Sulla base di un comune patriottismo costituzionale, si potrebbe tornare alla competizione sui temi decisivi di società e di civiltà. Al centro dell’agenda politica, non più la giustizia, il conflitto di interessi, le intercettazioni, la Rai, ma un confronto a livelli culturali alti, tra liberismo e solidarismo, con quello che queste due visioni alternative comportano, come modello sociale, come questione antropologica, come uguaglianza, libertà, diritti. Non è vero che così lo schieramento di sinistra sarebbe condannato all’opposizione. Solo così si aprirebbe invece per esso la grande sfida sul futuro.
Qui va continuato un discorso già iniziato. Superare le due sinistre, non vuol dire tornare alla sinistra del passato. Il salto va fatto in avanti. Se è necessaria un’operazione neodegasperiana, non è necessaria un’operazione neotogliattiana. Per una ragione semplice: perché il popolo di sinistra è saldamente inserito nelle istituzioni democratiche. I due leader storici attenzione, però, attraverso i loro partiti dopo aver fatto la Costituzione hanno costituzionalizzato il Paese reale, dopo aver fatto la Repubblica hanno radicato lo spirito repubblicano nelle masse cattoliche, socialiste, comuniste. Quello che è accaduto nell’ultimo ventennio è che questo edificio è franato dal lato del fronte moderato. E la sinistra è stata gravemente colpita dai massi che cadevano giù da questa frana. Non bastava scansarsi. Bisognava alzare un muro di contenimento. Comunque adesso è esattamente questa la situazione che va sanata: in un accordo di legislatura neocostituente per la ricostruzione politica, come allora per la ricostruzione economica. È così che va giocata la carta di una sinistra di governo. Le risorse dal basso ci sono. Ma bisogna scegliere. Guardate quel popolo che si è raccolto intorno alla figura del cardinale Martini, non solo a Milano, ma in commosso silenzio nelle case di una gran parte del Paese. Confrontatelo con queste piazze vocianti intorno al palco di qualche comico o di qualche sindaco. Da una parte un popolo di «pensanti», dall’altra una folla di passanti.
Poi, la potremo chiamare in altro modo. Ma quando penso alla sinistra, il volto, ecco appunto, il volto, che mi si staglia davanti è quello di Berlinguer, è quello di Martinazzoli. Politici della crisi, serietà della vita, compostezza d’animo, intelligenza degli avvenimenti, è vero, anche un pizzico di melanconia per come vanno le cose del mondo e per i personaggi che questo riesce a produrre. E dunque, mai stare dalla parte dei grandi, sempre stare dalla parte di quelli che padre Pio Parisi chiamava «i piccoli». Ma questa è una sinistra maggioritaria di governo.

 

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