ESTELA DE CARLOTTO. «Se ci mancano di rispetto dicendo che i nostri figli erano assassini, è gioco facile per noi dimostrare che gli assassini sono loro».
ESTELA DE CARLOTTO. «Se ci mancano di rispetto dicendo che i nostri figli erano assassini, è gioco facile per noi dimostrare che gli assassini sono loro».Laurea honoris causa all’università Roma Tre per “la nonna più famosa dell’Argentina” che non ha mai smesso di chiedere “verità e giustizia” per i desaparecidos della dittatura e oggi si trova nel mirino del presidente Milei
Se nel suo paese la vicepresidente Victoria Villarruel l’ha definita «un personaggio sinistro», in Italia Estela de Carlotto, presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, ha ricevuto invece un importante riconoscimento: in quella che lei considera la sua seconda patria (suo marito è di Arzignano, in provincia di Vicenza), l’Università Roma Tre le ha conferito mercoledì la laurea honoris causa in Lingue e letterature per la didattica e la traduzione per l’impegno a favore del diritto all’identità anche in ambito letterario-drammaturgico.
Un’occasione per denunciare gli attacchi governativi alle politiche di “Memoria, verità e giustizia”, ma anche per raccontare la lotta delle Abuelas e la loro gioia per il ritrovamento di 137 nipoti sottratti all’oblio della dittatura, uno dei quali, il n. 114, è proprio suo nipote Guido: il figlio della sua primogenita Laura, sequestrata nel 1977 mentre era incinta di tre mesi, rinchiusa nel centro di detenzione clandestino La Cacha, a La Plata, e poi assassinata, all’età di 23 anni, due mesi dopo il parto.
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È di tutto questo che abbiamo parlato con la nonna più famosa dell’Argentina, che giovedì è stata ricevuta in udienza dal papa, «un argentino di grande valore – ha sottolineato -, per tutto ciò che fa per il nostro paese e per il mondo intero».
Che clima si respira oggi in Argentina?
Sono passati appena quattro mesi dall’insediamento di Milei e c’è una profonda ribellione sociale. Non c’è violenza, ma le proteste sono innumerevoli e permanenti, malgrado la repressione e il divieto per i manifestanti di occupare le strade.
La cosa più grave è che stanno licenziando un sacco di gente, che 15mila persone si sono ritrovate di colpo senza un impiego. Cercatevi un altro lavoro, viene loro detto. Ma quale? Ma dove, se il lavoro non c’è? Alcuni anziani dicono: a me manca solo un anno per andare in pensione! Non importa. La gente arriva sul posto di lavoro e non la fanno entrare. Nemmeno una parola di spiegazione. È brutale, inumano.
Il governo taglia persino i fondi per le mense popolari.
Già. Che si organizzino, che si mettano a lavorare, dicono. E di nuovo mi chiedo: ma dove? Si tratta di gente molto umile, che non ha terminato neppure le scuole primarie. No hay plata, mancano i soldi, è quello che il presidente ripete più spesso.
Però evidentemente per alcune cose il denaro si trova. Milei ha vinto, ed è dunque il presidente legittimo, ma non è il padrone dell’Argentina. Il sovrano è il popolo, sia quello che lo ha votato, sia quello che non l’ha votato. E il presidente deve fare quello di cui il popolo ha bisogno. Non chiediamo neppure che si dimetta: quello che ho detto io, e che non gli è per niente piaciuto, è che, avendo fatto tante promesse, ora deve mantenerle. Altrimenti deve andarsene. Una persona che promette e non mantiene è un bugiardo.
Quanto è difficile per voi Madri e Nonne di Piazza di Maggio continuare la vostra ricerca sotto un governo negazionista come quello di Milei?
Continuiamo a lavorare, noi e gli altri organismi per i diritti umani, per ottenere verità e giustizia. E perché non si perda la memoria. Il presidente dice che mentiamo, che non è vero che ci siano 30mila desaparecidos. E peggio ancora la vicepresidente Villarruel, che è figlia di militari. Ma tutto è stato dimostrato, tutto è documentato: nomi e cognomi, la lista dei campi di concentramento, i voli della morte… Tutte queste atrocità non si cancellano per il fatto che un presidente dica: «No fueron 30.000».
Se ci mancano di rispetto dicendo che i nostri figli erano assassini, è gioco facile per noi dimostrare che gli assassini sono loro. In ogni caso, la nostra ricerca non si fermerà: vogliamo trovare i 300 nipoti che mancano all’appello. E che possono trovarsi in qualunque parte del mondo.
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La vicepresidente Villarruel ha parlato di lei come di un personaggio «piuttosto sinistro». Le ha risposto?
No, non ne vale la pena. La gente mi conosce, sa che in 47 anni non abbiamo mai pronunciato discorsi d’odio, non abbiamo mai voluto vendetta. Chiediamo solo verità e giustizia. E se abbiamo lavorato durante la dittatura correndo grandi pericoli, non ci facciamo certo intimidire oggi.
Com’è il tuo rapporto con tuo nipote Guido?
Ogni giorno ci conosciamo meglio e ci vogliamo più bene. E ora sono felice, perché la famiglia è completa. Che emozione incredibile quando mi hanno detto che lo avevano trovato!
Una signora un giorno aveva confidato a sua moglie che era stato adottato. Quando lui lo aveva saputo, si era chiesto: non sarò figlio di desaparecidos? E guardando la televisione, dove in quel momento parlavo io, aveva fatto una battuta: perlomeno che sia lei mia nonna! Quindi era venuto alla Conadi (la Commissione nazionale per il diritto all’identità, nda), dove lavora mia figlia Claudia, e si era sottoposto al test del Dna.
* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto
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