La decisione finale, contraria alle richieste italiane, è stata assunta nel nome degli articoli 6 (diritto a un equo processo) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
La Chambre de l’Instruction della Corte d’Appello di Parigi dice no alla richiesta d’estrazione italiana per nove ex militanti comunisti armati e Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua. I dieci erano stati arrestati nell’aprile del 2021 nell’ambito dell’operazione «Ombre Rosse» ed erano stati quasi immediatamente posti in libertà dalla giustizia francese che, comunque, aveva aperto un provvedimento per valutare la situazione.
Inizialmente, dopo un incontro tra la ministra italiana della Giustizia e Marta Cartabia e il suo omologo francese Eric Dupond-Moretti, l’Italia aveva chiesto l’arresto e il rimpatrio di oltre 200 persone coinvolte a vario titolo nella lotta armata degli anni ’70 e ’80, in quello che voleva essere il definitivo superamento della dottrina Mitterand, il principio proclamato dall’ex presidente socialista in base al quale la Francia concede asilo a chi è accusato di crimini politici, purché dissociato dalla lotta armata.
Alla fine il compromesso fu raggiunto su nove nomi pesanti delle ex Brigate Rosse e di altri gruppi affini (Roberta Capelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Narciso Moretti, Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio Raffaele Ventura) e Giorgio Pietrostefani (anche lui tacciato di terrorismo, che però non è mai stato condannato per questo reato).
La decisione finale, contraria alle richieste italiane, è stata assunta nel nome degli articoli 6 (diritto a un equo processo) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La partita, ad ogni modo, non è ancora chiusa: il procuratore generale di Parigi ha due mesi di tempo per decidere se appellarsi o meno alla Cassazione. Se non lo farà, il caso sarà archiviato definitivamente.
«Rispetto le decisioni della magistratura francese e aspetto di conoscere le motivazioni della sentenza – questo il commento di Cartabia –, resta tutta l’importanza della decisione con cui un anno fa Dupond-Moretti ha rimosso un pluridecennale blocco politico. Un gesto che è segno della piena comprensione dei drammi vissuti dal nostro paese». La bagarre viene per lo più dalla Lega. In tribunale, a Parigi, era presente un gruppo di italiani guidati dal deputato Daniele Belotti, dal sindaco di un paesino lombardo e dal vicepresidente dell’associazione dei carabinieri di Bergamo.
Dopo aver srotolato fuori dal tribunale uno striscione «per chiedere giustizia», durante l’udienza Belotti non ha resistito alla tentazione di gridare «assassini!» a beneficio soprattutto dei cronisti presenti. Il leader leghista Matteo Salvini, dal canto suo, ha accusato al Francia di «proteggere terroristi che hanno ucciso in Italia». Stesso tono di Giorgia Meloni, che definisce la decisione come «inaccettabile e vergognosa». Dal Pd parlano di «delusione» per l’esito della storia, mentre l’avvocato di Pietrostefani, Alessandro Gamberini, ha avuto parole d’elogio per la scelta della Corte.
«La Francia ha deciso 25 anni fa che avrebbe accolto Pietrostefani e le persone non sono pacchi postali che possono essere rispediti indietro – ha detto –. È una decisione ragionevole presa per la tutela delle persone e del radicamento familiare ed esprimo soddisfazione, anche perché ho sempre pensato che lui sia innocente». Parole simili sono state pronunciate anche da Irène Terrel, storica avvocata di tanti ex brigatisti: «La Corte ha finalmente messo un punto finale a una certa idea di giustizia».
Il caso dell’estradizione dei dieci, che in Francia per la verità non ha prodotto grande dibattito, in Italia era stato definito come un grande successo di politica estera. Un anno dopo, però, è arrivata la giustizia.
* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto
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