La registrazione pubblicata dal quotidiano spagnolo Abc, fa supporre il coinvolgimento dell’allora ministro degli Interni spagnolo nella spedizione di un pacco bomba a un attivista del gruppo Herri Batasuna. Nell’operazione, risalente al 1989, perse la vita per errore un postino di 22 anni
Il 20 settembre 1989 il 22enne José Antonio Cardosa morì a causa dell’esplosione di un pacchetto che si accingeva a consegnare ad un indirizzo di Orereta, comune operaio della cintura industriale di San Sebastiàn.
L’attentato, diretto contro un noto militante locale di Herri Batasuna, non fu rivendicato ma non rappresentò un fatto isolato. L’omicidio del giovane postino rimase impunito, uno dei tanti episodi di cui è costellata la “guerra sporca” condotta dagli apparati spagnoli contro gli ambienti politici vicini all’ETA. Nello stesso periodo anche il deputato navarro Patxi Erdozain ricevette un pacco-bomba, così come il dirigente di Herri Batasuna, Iñaki Esnaola, poi ferito in un attentato compiuto da un gruppuscolo di estrema destra che causò la morte del deputato Josu Muguruza.
L’inchiesta sulla morte del giovane postino fu affidata a Baltasar Garzón, il controverso magistrato che negli anni seguenti arrivò a mettere fuori legge la stessa Herri Batasuna, oltre a quotidiani, radio e varie associazioni ritenute un’estensione dell’organizzazione armata. L’inchiesta però non portò a nulla e nel 2000 fu archiviata.
A 32 anni da quel tragico evento, i sospetti di allora potrebbero essere confermati da una conversazione pubblicata nei giorni scorsi dal quotidiano spagnolo – di destra – Abc.
La documentazione alla quale ha avuto accesso il giornale fa parte dell’archivio segreto realizzato da Emilio Alonso Manglano, direttore del Cesid – i servizi segreti di Madrid – dal 1981 al 1995. Si tratta di una conversazione privata, registrata nella sede dei servizi, tra lo stesso Manglano e Antonio Asunción, Ministro degli Interni socialista tra il novembre 1993 e il maggio 1994, dimessosi dopo la fuga dell’ex direttore generale della Guardia Civil e militante socialista Luìs Roldán, poi arrestato a Bangkok e condannato in Spagna a 31 anni per truffa, frode fiscale e malversazione.
In alcune dichiarazioni Roldàn – la cui vicenda è stata trattata da Manuel Vázquez Montalbán nel romanzo “Luìs Roldán né vivo né morto” – parlò del coinvolgimento di alcuni alti esponenti degli apparati di sicurezza con la “guerra sucia” e in particolare con l’attività terroristica dei “Gal”, gli squadroni della morte creati durante il governo di Felipe González e composti da esponenti delle forze dell’ordine e da estremisti di destra dediti all’omicidio di reali o presunti militanti o fiancheggiatori dell’Eta. La pista indicata, però, non venne seriamente battuta dagli inquirenti.
Nella conversazione pubblicata da Abc e risalente al 22 dicembre 1994, invece, Asunción rivelò al direttore del Cesid che dietro l’invio dei pacchi bomba a militanti della sinistra basca c’era il suo predecessore al dicastero degli Interni tra il 1988 e il 1993, José Luis Corcuera, anch’egli dirigente del Psoe.
Descrivendo la morte del postino come un “incidente” – la lettera esplose perché il postino la piegò in due tentando di farla entrare nella cassetta del destinatario – Asunción spiega che il suo predecessore sarebbe stato a capo di un ristretto team interno agli apparati di sicurezza.
Interpellato da Abc, ovviamente Corcuera ha negato ogni responsabilità ma Eh Bildu, la coalizione della sinistra indipendentista basca che sostiene dall’esterno il governo di Pedro Sànchez, ha preteso che l’ex ministro degli Interni e quello attuale, Fernando Grande-Marlaska, vengano ascoltati dal Congresso per fornire spiegazioni. Una richiesta appoggiata dal Partito Nazionalista Basco e da Elkarrekin Podemos.
Il problema è che sia Asunción sia Manglano sono morti, ed è probabile che il testo pubblicato da Abc non produca conseguenze sul piano giudiziario. Anche perché in molti accusano il giornale di aver solo voluto pompare, col proprio scoop, il successo editoriale de “El libro de los espias”, basato proprio sull’archivio segreto dell’ex direttore del Cesid.
* Fonte: il manifesto
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