Editoria. La sua grande forza è stata quella di immaginarsi all’incrocio tra discipline diverse
Stessa età, radici simili. Il manifesto e Inchiesta quest’anno compiono e festeggiano cinquant’anni di vita. Il legame tra il nostro collettivo e la rivista che ha coniugato sociologia, lotte sociali e sindacali è indissolubile. Tanto che il primo numero di Inchiesta uscì utilizzando la struttura editoriale de il manifesto mensile.
COME RACCONTA Vittorio Capecchi, fondatore e ancora direttore editoriale della rivista ora trimestrale, «il regalo fatto dai compagni del manifesto fu decisivo per intraprendere questa avventura: la griglia grafica ci facilitò di molto il compito anche perché noi non avevamo esperienze editoriali». Appena avuto il via libera, Raimondo Coga, «patron» delle edizioni Dedalo di Bari propose subito: «Il manifesto ha la copertina su spazi orizzontali; la vostra rivista potrebbe suddividere i titoli in spazi verticali», ricorda Capecchi.
DECISIVA PER LA NASCITA di Inchiesta però fu soprattutto quella che Capecchi definisce una «singolare confluenza»: nel 1971 «la sociologia si interseca con le lotte operaie e studentesche figlie del ’68».
Quanto al nome – Inchiesta – la scelta ha molto a che fare con la frase di Mao «Chi non fa inchiesta non ha diritto alla parola».
Il gruppo fondatore della rivista era infatti formato «in parte da sociologi e da sociologhe con una vicenda accademica particolare e in parte da persone appartenenti ad altre discipline o impegnate intellettualmente e politicamente senza particolari percorsi accademici».
FRA QUESTI, certamente grande importanza ebbero i sindacalisti. Due in particolare: Claudio Sabattini e Francesco Garibaldo che Capecchi incontrò a Bologna quando si spostò ad insegnare nel capoluogo emiliano dopo l’esperienza da eretico alla Bocconi di Milano – divenne assistente di statistica perché la sociologia in Italia non era ancora assurta a materia universitaria.
I due sindacalisti Fiom proposero a Capecchi di dirigere il centro studi della Flm, la nascente federazione unitaria dei lavoratori metalmeccanici.
LA RIVISTA TRIMESTRALE Inchiesta, il cui primo numero uscì nel gennaio del 1971, nasceva «dall’esigenza di avere una rivista di economia, sociologia e psichiatria aperta anche ad altre discipline, si avvertiva l’importanza di ricerche politicamente impegnate ma anche metodologicamente corrette. La sua grande forza – continua Capecchi – è stata di essere una rivista all’incrocio tra discipline diverse, fatta da persone di sinistra più legate ai sindacati e ai gruppi di azione extraparlamentare che non ai partiti». I lettori trovarono fin dai primi numeri «ricerche fatte nelle fabbriche di Torino e di Bologna insieme a ricerche sulla sanità a Napoli, sulle conseguenze del terremoto nella Valle del Belice, sulle carceri di Palermo, sulla mafia a Bagheria».
Nel 1974 Inchiesta raggiunse anche le 80mila copie di vendita e divenne «la rivista delle 150 ore» per gli operai che studiavano. Insieme alla ricerca, su quel prodotto editoriale era possibile trovare numeri monografici di teoria; restano nella storia il numero su Braudel (che venne a presentarlo personalmente a Bologna), i due numeri su Polanyi e Hirshman, il numero dedicato a «La politica e la persona» in un dialogo tra Vittorio Foa e Adele Pesce.
LA REDAZIONE ATTUALE è formata in gran parte della Fondazione Claudio Sabattini con Tiziano Rinaldini, Gianni Scaltriti, Luciano Berselli, Tommaso Cerusici. A gennaio è uscito l’ultimo numero cartaceo festeggiato con la scritta Inchiesta ha mezzo secolo e una bellissima raccolta di copertine storiche.
Ora passerà solo on-line http://www.inchiestaonline.it ma continuerà orgogliosamente a sfornare materiali coerenti con la propria storia
* Fonte: il manifesto
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