Anniversario. Arrestata nel 1930, ha il primato di quarantena durato 4795 giorni di prigione
Divenne dopo Gramsci la segretaria del Pci, con il fardello organizzativo dei collegamenti con i responsabili regionali, la pubblicazione de l’Unità, le infinite riunioni
La chiusura in casa da «quarantino» ha fatto saltare decine di appuntamenti per il 75° della Liberazione, suscitando però una nuova curiosità: raccontare la storia di uomini e donne vittime del virus fascista di allora e sottoposte alla durissima segregazione, durata in alcuni casi più di dieci anni.
Il primo nome che mi viene in mente è quello della maestrina di Acqui, Camilla Ravera, arrestata il 10 luglio 1930, ad Arona, e detenuta in tante galere, ininterrottamente sino all’agosto 1943. Un primato di quarantena durato 4795 giorni, condiviso in luoghi e tempi diversi con illustri compagni, colpiti dallo stesso virus, quali Pertini, Terracini, Spinelli, Rosselli, Amendola, Gramsci, Silone, Grieco, Spano, Togliatti, Felicita Ferrero, Teresa Noce ecc….
L’omaggio doveroso coincide con il 32° anniversario della morte, avvenuta il 14 aprile 1988 all’età di 99 anni. Mussolini, duce del fascismo, ordinò il suo primo arresto nel novembre 1922. Non sopportava che una donna potesse essere una dirigente eccelsa del mondo antifascista. Quasi sempre nascosta, la clandestina Camilla sfuggì a Mussolini per quasi 8 anni, assumendo nomi di battaglia, quali Silvia e Micheli, nomi che facevano impazzire l’Ovra incapace di pensare che il temuto partito comunista, potesse essere diretto da una donna.
Fu Antonio Gramsci ad intuire le capacità di Camilla, giovane socialista torinese. La chiamò nel 1920 nella redazione del settimanale Ordine Nuovo affidandole l’incarico di esperta del movimento internazionale. Lo stesso Gramsci, nel luglio 1921, le affidò nell’Ordine Nuovo, diventato quotidiano, il ruolo di responsabile della «Tribuna delle donne».
Diventa comunista a Livorno il 21/01/1921, fu eletta negli organismi dirigenti. Venne prescelta a far parte della delegazione italiana inviata a Mosca nel novembre 1922 alla conferenza dell’Internazionale comunista dove ebbe l’incontro più importante, sotto il profilo umano e politico, della sua vita, con Bordiga ebbe un colloquio con Vladimir Lenin, a pochi giorni di distanza dal golpe fascista della marcia su Roma.
Cominciarono allora 8 anni di lavoro clandestino, accanto a Gramsci, Togliatti e Terracini. Un ruolo spesso oscuro ma decisivo: le elezioni del 1924, il delitto Matteotti, il congresso di Lione con la vittoria gramsciana su Bordiga e infine la repressione fascista del novembre 1926 che decise il rapporto stretto di Camilla Ravera con Genova. Il comitato centrale eletto a Lione venne convocato clandestinamente a Genova, in Valpolcevera. Solo pochi compagni sfuggirono alle retate fasciste. Anche Gramsci fu arrestato. Camilla ebbe il peso sulle sue spalle di salvare il partito.
Individuò il quartiere di Sturla come centro nascosto dei comunisti. La villetta alla confluenza tra Via Caprera e Via Sturla divenne direzione del Pc d’ I. La casetta dell’ortolano, nella zona allora agricola dell’attuale liceo King fu destinata a ufficio stampa. Un appartamento scelto da Camilla in Salita Vallechiara ospitò l’ufficio militare. Oggi può apparire un miracolo: la compagna Micheli divenne dopo Gramsci e prima di Togliatti, la segretaria del Pci, con il fardello organizzativo dei collegamenti con i responsabili regionali, indicati con un numero al posto dei nomi. Camilla riuscì a mantenere la pubblicazione de l’Unità, a convocare infinite riunioni di partito a Sturla nella casetta denominata “Albergo dei poveri” per l’ospitalità ai quadri di partito.
Le relazioni accurate di Micheli per Ercoli (Togliatti) fanno parte della storia della vitalità antifascista, rappresentata da questa piccola, minuta donna, ricercata dalla polizia e capace, ogni giorno, di prendersi l’ora di aria sulla bellissima spiaggia di Sturla. La storia di quell’Italia è stata scritta da Paolo Spriano, sulla base degli scritti di Camilla Ravera. Dopo l’arresto del 10/07/1930 subì il processo concluso con la condanna a 15 anni e 6 mesi. Il pellegrinaggio tra carceri e confino fu infinito: Trani, Perugia, Montalbano Ionico, S. Giorgio Lucano, Ponza, Ventotene.
Tutto provò Camilla: la ferocia fascista, l’amarezza provocata in lei dagli stalinisti del Pci che non le perdonavano di essersi nel 1939 schierata contro il patto Stalin-Hitler. Venne addirittura espulsa dal Pci e riammessa solo nel 1945. Una profonda amarezza mitigata dall’incontro a Ponza e a Ventotene con Sandro Pertini e Umberto Terracini.
* Fonte: il manifesto
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