Non solo Roma ma anche a Pisa, Viareggio, Alessandria, Verona, Ferrara e altre città: le esperienze sotto sgombero e no si confrontano
«Lavorare con un’istituzione che non ci prevede è come nuotare senz’acqua». Con questa costatazione, Francesca Koch – presidente della Casa internazionale delle donne di Roma – pone il punto critico e politico della vicenda che ha aperto ieri in via della Lungara l’incontro sui «Luoghi di libertà» indetto dal gruppo del mercoledì. Introdotto da Fulvia Bandoli, in linea con la lettera aperta che lo stesso gruppo, composto da lei, da Maria Luisa Boccia, Elettra Deiana, Bia Sarasini, Stefania Vulterini, Bianca Pomeranzi, Letizia Paolozzi, aveva proposto a sostegno della battaglia della Casa già in maggio; «le donne – osserva Bandoli – sono l’unica opposizione in questo paese. Perché non fanno parte della dissoluzione della sinistra».
Argomento ripreso dalle molte che sono intervenute ieri al Buon Pastore e provenienti da tante parti d’Italia. Giardino dei ciliegi, Diotima, Leggendaria, Società italiana delle Letterate, Marea, ma anche Lucha y Siesta (che il 22 settembre aveva convocato una giornata sulla questione degli spazi sotto sgombero proprio nella loro sede a rischio chiusura). L’attacco frontale ai danni dei luoghi della libertà femminile racconta quanto sta accadendo a Roma ma anche a Pisa, Viareggio, Alessandria, Verona, Ferrara e altre città.
È necessaria un’agitazione permanente, come è emerso nei giorni scorsi durante l’assemblea nazionale di Non Una Di Meno a Bologna. Intrecciare le varie pratiche nei territori è allora l’invito sensato proposto ieri da Laura Ronchetti di Nudm Roma, senza perdere di vista la situazione internazionale, come sottolineato da Ida Dominijanni, in cui a configurarsi è qualcosa di più del protagonismo femminile, piuttosto «una centralità». In molte parti del mondo, la collocazione è quella di una opposizione antisovranista e antipopulista; lezione che proviene dal femminismo radicale e che orienta anche nella vicenda della Casa internazionale delle Donne, in una fase della politica italiana che si confronta di necessità con i proclami anti-migranti e gli attacchi alle libertà acquisite.
È un incrocio complesso che interpella una critica dell’esistente, perciò dobbiamo tenere a mente quanto scriveva Carla Lonzi – ricordata prontamente da Annarosa Buttarelli: per fare esistere una cosa bisogna crearla, non pensare di trovarla già fatta. E forse, se la relazione con le istituzioni non funziona – lo ha spiegato Viola Lo Moro – impantanata in una burocrazia ormai senza volto, il progetto della Casa delle donne di Roma, come di ogni esperienza sorgiva, non è stato istituente una volta soltanto – bene lo ha dettagliato Bianca Pomeranzi – ma diventa occasione di ulteriore invenzione, stare all’altezza dei tempi nella creazione di un mondo a nostra misura. Di tutte e tutti. Dicendo con forza che sgomberate da una parte, si è già da un’altra. E un’altra ancora, nessun passo indietro per piegarsi al burocratese che vorrebbe seppellire la dirompenza della politica delle donne, così come la sua eredità vivente, che sono poi i corpi, dalle piazze del mondo ai luoghi da occupare ancora.
* Fonte: IL MANIFESTO
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