MILANO. Cos’è stato il ’68? Mah, chi può dirlo davvero. I documenti lo possono spiegare bene, a saperli leggere, e intanto ci vuole qualcuno che li raccolga, come sta facendo Emiliano Sisto, 44 anni, uno che non c’era ma ha la passione di raccattare e catalogare volantini e manifesti, libri e opuscoli, e persino dischi, tipo Gli sfruttati e Padroni ci volete spaventare, «due canzoni sindacali di Franco Rusnati» edite da “I dischi del Sole”, il coro era degli operai della Breda di Sesto San Giovanni, e chissà se qualcuno ne ha altri in cantina.
Se qualcuno ne ha, e francamente non sa più che farsene, potrebbe contattare Sisto, che da un anno ha messo su una pagina Facebook che si chiama Lunga Rabbia e lì ha cominciato a pubblicare tutto quello negli anni ha comprato, o trovato, o avuto in regalo, come «la cassa di documenti che mi è arrivata da Napoli, era roba del capo ufficio propaganda del coordinamento dei comitati di lotta operaia, tra Napoli, Secondigliano e dintorni, dal ’67 fino al 1973, un pezzo di storia». Il suo è un archivio privato — 10mila pezzi circa — tra politica e controcultura, conservato in uno studio che si affaccia sul soggiorno di casa, dove una moglie paziente sopporta un leggero odore di muffa, tutta roba che arriva da cantine e robivecchi, o librerie antiquarie che di colpo si trovano davanti anziché una cinquecentina, un libretto che si intitola Eni — Petrolio e lotta di classe, a cura “del collettivo Eni”. Che farsene? E poi: quanto può valere? Sisto può dare un suo parere, forte della esperienza che si è fatta negli anni, studiando molto e rubando molto tempo al lavoro — settore finanza — ma da quando ha aperto la pagina Facebook è stato tutto un «ti mando delle cose, non so più che farmene», oppure «che peccato, mio figlio ha appena buttato via tutto».
Venticinquemilacinquecento followers, non è poca roba, uno scrive «non ho mai condiviso le idee, ma è un’autentica pagina di storia, mi riporta indietro nel tempo, in quella Milano che nei filmati oggi si vede solo in bianco e nero, ma noi giovani di allora la sapevamo dipingere con i nostri ideali, le nostre diversità, e quella voglia di vivere che nella generazione di oggi stento a trovare».
Non c’è solo Milano, naturalmente. Nei volantini, fogli sparsi, ciclostilati, numeri unici, giornali e riviste (tutta Lotta Continua, tutto Re Nudo, e anche A/ traverso, la rivista dell’ala creativa dell’autonomia bolognese) e foto, sono rappresentati i movimenti di contestazione della sinistra rivoluzionaria dal 1965 al 1980, «ossia il lungo ’68 italiano». Un «flash sugli anni 70», scrive una lettrice, si presume ragazza in quegli stessi anni di lotte e occupazioni, scioperi e manifestazioni, cortei, arresti e voglia di esserci — quando la parola impegno non era casuale — di partecipare, «cosa che purtroppo oggi non vedo più succedere», dice Sisto. Lui non c’era, essendo nato nel ’73, ma figlio di un «papà che ha fatto il ‘68 a Pisa nel movimento studentesco, poi entrato nel gruppo Fiat, dirigente della Magneti Marelli a Sesto San Giovanni», uno che raccontava cose interessanti, da lì è nata la passione per un’epoca «secondo me poco studiata, e con molte ricostruzioni ideologiche. Non sono uno storico e nemmeno un archivista, ma ho capito che nella storia d’Italia c’è una specie di buco, ad un certo punto si passa dalla Seconda Guerra Mondiale all’oggi, e sembra che di quegli anni non si voglia parlare». Delle carte di allora, essendo Internet ancora lontano, «molto è andato distrutto, o semplicemente perso.
Qualcosa salta fuori nei mercatini delle pulci o dalle cantine sgomberate», dove talvolta affiora anche molto altro, non solo ricordi del tempo che fu. «Molto arriva da ex militanti, una signora del movimento studentesco di Scienze e Chimica di Palermo mi ha mandato i documenti sulle richieste degli studenti, anni ‘68-‘69, le matrici originali per il ciclostile». Da Cinisi sono arrivati i volantini che Democrazia Proletaria stampò per la morte di Peppino Impastato, era il 1978. Molte foto, come quelle di Dino Fracchia al Parco Lambro, alcune addirittura a colori, molte dell’archivio Farabola, si vedono i funerali delle vittime di piazza Fontana, davanti al Duomo tutto nero di gente in piedi. E il funerale del commissario Calabresi, il furgone che passa per via Fatebenefratelli tra altrettanta gente, muta. Ci sono le immagini di Dario Bellini, i disordini a Campo de’ Fiori lo stesso giorno in cui morì Giorgiana Masi. Scatti mai visti, spesso, foto degli scontri di via De Amicis a Milano, ragazzi che corrono, striscioni: “Il governo che licenzia e uccide”, “Siamo noi donne che dobbiamo gestire il nostro corpo”, “La casa è un diritto”, e poi un tizio con un elegante loden che vende Senza tregua.
Poi, c’è il terrorismo. Sisto custodisce pezzi rari, come Nuova Resistenza, due soli numeri, aprile e maggio 1971.
Nella redazione ci sono Franceschini, Curcio, Cagol, il gruppo fondante delle Brigate rosse (pezzi trovati in un mercatino di Milano). «Mi affascina sapere e capire perché persone normali, e anche intelligenti, finirono per prendere le armi», dice lui, che ha una curiosità solo storica, non ideologica, e la capacità di stupirsi ancora, nonostante i molti libri studiati. «Il mio obbiettivo è preservare questo materiale dalla distruzione, utilizzarlo per divulgarlo, per farne cultura», e chissà che non ci riesca davvero.
* Fonte: BRUNELLA GIOVARA,
LA REPUBBLICA
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