La Milano antirazzista. Più di 10mila persone rispondono all’appello dei Sentinelli e del comitato Insieme senza muri. Sugli striscioni «Salvini is not Italy». Sul palco migranti e rappresentanti delle Ong
MILANO. Un universo di anime e bandiere della sinistra dopo anni di conflitti interni si è ricompattato ieri in piazza San Babila a Milano. Tutti uniti contro la deriva sovranista ed euroscettica promossa dall’asse Salvini-Orbán. I nemici esterni che conciliano le divergenze.
Mentre a palazzo Diotti, nella sede di una prefettura blindatissima, si incontravano il leader leghista e il premier ungherese, in piazza è scesa la Milano antirazzista. Dall’Anpi ai sindacati, dal Pd a Leu, dalle associazioni di richiedenti asilo al mondo cattolico, l’Ars e i centri sociali. Ci volevano Orbán e Salvini per riunire – come ai tempi delle proteste contro Berlusconi – un fronte spaccato.
La Milano dell’accoglienza ha risposto all’appello dell’associazione dei Sentinelli e del comitato Insieme senza muri. Le stesse realtà che proprio nel capoluogo lombardo hanno organizzato a giugno la grande tavolata multietnica a favore dell’integrazione. Oltre 10 mila persone si sono riunite per dire no all’idea di Europa e di Italia promossa dal ministro dell’Interno. «Salvini is not Italy, Orbán is not Europe», recitavano alcuni striscioni. Ma l’immagine simbolo è stata il manifesto della Diciotti: la nave messa in salvo da due grandi mani, alzata su 500 cartelli alla fine della manifestazione. Luca Paladini, il portavoce dei Sentinelli, più volte minacciato per le sue battaglie sui diritti civili, ha voluto dedicare la giornata ai migranti bloccati per giorni nel porto di Catania.
Si temevano disordini tra forze dell’ordine e antagonisti, come già successo in altre contestazioni al leader leghista. Ma così non è stato. Unico «fuori programma», quando gli attivisti del centro sociale Il Cantiere hanno protestato in via Fieno, ricoprendo i muri della sede del Consolato ungherese con le impronte di mani rosse di vernice. Un corteo varipinto, formato da giovani, anziani, bambini, ha poi sfilato lungo corso Venezia, scortato dagli agenti in tenuta antisommossa.
Ma prima, gli interventi in piazza San Babila, mentre i calciatori della Fc St. Ambroeus, la prima squadra di rifugiati iscritta alla Figc, improvvisavano un allenamento.
Sul palco, anche i rappresentanti del principale bersaglio del governo: le Ong che operano nel Mediterraneo. «Siamo stati chiamati taxi del mare e vicetrafficanti», ha ricordato Riccardo Gatti, comandante delle navi di Proactiva openarms. «Il governo sta dando altre imbarcazioni alla guardia costiera libica, noi abbiamo visto cosa fanno, come trattano i migranti, calpestando i diritti. Nessuno dice più quanta gente sta morendo in mare, vogliono distruggere l’umanità, vedendo questa piazza credo che non ce la faranno».
«Un’Europa senza confini» il messaggio lanciato ai due leader barricati a poche centinaia di metri nella sede della Prefettura. «Stiamo assistendo a una situazione di pericolosa regressione dove sforzi della nostra Marina Militare e delle Ong sono stati cancellati in pochi mesi di scellerato governo», ha affermato l’assessore milanese al Welfare Pierfrancesco Majorino. «A Salvini diciamo che non ci faremo portare da lui nel Medioevo».
Ma la scena è stata dei tanti profughi e richiedenti asilo che hanno preso il microfono e parlato alla piazza. «Non ho paura solo per me. Ho paura anche per voi italiani», è stato il commento di uno dei giocatori della Fc St. Ambroeus. La squadra e gli altri migranti, come quelli della comunità di Sant’Egidio, hanno poi guidato il corteo in prima fila, fino a sera.
Tra gli ultimi a parlare anche l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «Voglio dire a Salvini che noi in questa piazza non abbiamo paura del futuro. Noi non abbiamo paura degli altri, di chi è diverso da noi, anzi questa diversità ci arricchisce. Non possiamo permetterci di disperdere le energie di questa piazza. Dobbiamo fornire un’alternativa, un’iniziativa politica innovativa, mai fatta prima».
Un appello rivolto a una sinistra che da tempo non si ritrovava così unita.
* Fonte: IL MANIFESTO
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