Da qualche parte bisognerà pur cominciare a ricostruire la sinistra italiana, che raccoglie voti nei quartieri della buona borghesia, ma che non ha più cittadinanza nelle periferie urbane e sociali
Da qualche parte bisognerà pur cominciare a ricostruire la sinistra italiana, che raccoglie voti nei quartieri della buona borghesia, ma che non ha più cittadinanza nelle periferie urbane e sociali. Rifondare è il verbo più ricorrente all’interno di questo mondo politico sconfitto e marginalizzato. Ma a partire da che cosa? Su quali fondamenta costruire un nuovo ruolo sociale e quindi politico per gli eredi di una tradizione legata alla parola «popolo»?
Forse tornando alle origini pre-politiche, proprio «là dove tutto è cominciato», con le forme concrete di associazionismo organizzato e solidale. È questa, almeno, l’idea che sta al centro del libro di Salvatore Cannavò Mutualismo. Ritorno al futuro per la sinistra (Alegre).
La prima convinzione da cui muove l’analisi è che l’attuale crisi della sinistra abbia origine dal momento in cui, dopo la caduta del Muro di Berlino, «ha accettato di gestire un compromesso sociale al ribasso». È la lunga parabola dell’identità che Cannavò riassume con la formula «non più e non ancora»: non più partiti (e sindacati) del proletariato con aspirazioni rivoluzionarie, ma non ancora vere formazioni socialdemocratiche, per esempio sul modello scandinavo.
Il passaggio successivo, dopo una minuziosa analisi storico-politologica a partire dalle cooperative ipotizzate da Karl Marx, è la proposta del ritorno a un mutualismo che l’autore considera «una risorsa ancora inesplorata, anche sul piano politico generale, come strumento per ricominciare a tessere una tela che è stata strappata da troppe parti e da troppi protagonisti».
Ma «oltre ad esercitare forme di solidarietà, il mutualismo ha senso soltanto se assume anche forma di resistenza, se rappresenta centri capaci di organizzare lotte e rivendicazioni». Cioè deve assumere una connotazione conflittuale. E su questo aspetto il libro insiste non poco: «Il mutualismo conflittuale è dunque politico nel senso che mentre esiste rivendica già il nuovo. Esprime una solidarietà “contro” lo stato di cose presente, ma esige anche una solidarietà “per”, fatta di risposte immediate a bisogni immediati. Il mutualismo è politico perché valorizza di nuovo “l’agire in comune”, la cooperazione non solo produttiva, ma morale, intellettuale, solidale su cui si è fondato il movimento operaio nella storia. L’attuale fase di smarrimento richiede la stessa capacità di inventiva e innovazione di cui diedero prova gli operai e gli intellettuali della seconda metà dell’Ottocento».
La conclusione di Salvatore Cannavò è netta: «Se una sinistra vuole avere un futuro dovrebbe avere il coraggio di riscoprire le sue origini».
FONTE: Giampiero Rossi, CORRIERE DELLA SERA
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