Campidoglio. Gli eletti 5Stelle di Roma votano una mozione di Fratelli d’Italia. Possibile che nessuno di loro abbia un vago sentore di chi sia stato Giorgio Almirante?
Le lezioni dell’ultima vaudeville pentastellata si possono ridurre ad una: l’ignoranza della storia genera mostri. E alla voce “ignoranza” attribuisco due diversi significati. Uno «debole», elementare: non avere conoscenza del passato. Una ignoranza basica rispetto ai fatti del passato, remoto o prossimo remoto o prossimo. E un significato “forte”, ossia sapere ma non tenerne conto.
In altri termini la storia, per essere “maestra”, pretende non soltanto di essere conosciuta, ma si aspetta che noi si impari da lei, ovvero pretende che tutto quanto precede il nostro presente venga conosciuto e tenuto in conto da chi non soltanto aspiri a vivere il proprio tempo, ma ambisca a interagire con esso, ad operare per migliorarlo, magari, o addirittura per rovesciare le sue coordinate se appaiano inique.
E questo dovrebbe essere non un’opzione, bensì un preciso dovere di quanti scelgano la strada della politica, ossia decidano di mettersi al servizio della collettività, come recitano i manifesti di tutti i candidati ad ogni tornata elettorale. In questo lunghissimo crepuscolo italiano, il Movimento 5 Stelle, tra la falsa democrazia della Rete, il ducismo del fondatore, le ambizioni dei tanti homines novi che si affacciano alle stanze e stanzine dei bottoni, continua, imperterrito, anche nella sua variabile geografia interna, a dare la prova della ignoranza dei suoi dirigenti, che altro non sono che lo specchio della massa dei militanti. Ignoranza della storia nei due significati che ho indicato prima.
Possibile che nessuno tra coloro che occupano i seggi in Campidoglio, con la casacca M5S, abbia un vago sentore di chi sia stato Giorgio Almirante? Possibile che la quasi unanimità abbia votato senza batter ciglio una mozione dei neofascisti di Fratelli d’Italia (e lasciatemi chiamare le cose col loro nome, altro che “postfascisti”: questi sono veri fascisti, sia pure “del terzo millennio”, quindi la dizione corretta è “neofascisti”) per l’intitolazione al sullodato Almirante di una strada della Capitale? Dobbiamo ogni volta fare un ripassino di storia? Oppure sanno che costui è stato un fucilatore di partigiani, segretario di redazione dell’infamissimo foglio La difesa della razza?
È più probabile che molti, forse non tutti, sappiano, ma che abbiano votato in nome del secondo tipo di ignoranza, ossia ritenendo che il passato è passato, e che un po’ di pacificazione, con una targa stradale, possa servire alla collettività, ovvero hanno opinato, come tante volte abbiamo sentito dire dagli ideologi del Movimento, a partire da Gianroberto Casaleggio, che la distinzione destra/sinistra appartiene al passato (anche Matteo Renzi, peraltro, la pensa così salvo riscoprire l’antifascismo e l’egualitarismo, sia pure “temperato”, quando si è trovato messo all’angolo).
In questa scelta, non escludo vi siano anche ragioni di oscura opportunità politica, magari per avere un bonus da parte della destra in relazione alla recentissima inchiesta della magistratura che ha messo nei guai qualche pezzo grosso del movimento.
Che poi la sindaca Raggi scopra in un programma tv, in diretta, che il consiglio comunale romano ha votato la mozione della destra, e dichiari al furbo conduttore (l’immarcescibile Bruno Vespa) che lei non ha nulla da obiettare, perché «il Consiglio è sovrano»), salvo poi, poche ore più tardi, uscirsene con una intemerata di antifascismo duro e puro, e che il suo gruppo consiliare cambi radicalmente linea, presentando una mozione in cui si dichiara che mai Roma dedicherà una via a chi si è macchiato di crimini eccetera, appartiene al genere commedia degli equivoci, dove però il finale, quale che sia, non fa ridere nessuno. Mentre suscita una gran pena.
FONTE: Angelo d’Orsi, IL MANIFESTO
photo: Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=2462943
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