L’alleanza tra Casa Pound e Salvini e la rottura. Ma «prima gli italiani» resta uno stendardo comune
Relazioni pericolose. All’indomani del voto «Il Tempo» ha aperto con un titolo che proclamava «la marcia su Ostia»
Il «caso Ostia» non rappresenta solo l’inquietante prospettiva che in un territorio segnato dall’abbandono da parte della politica, e dalla contemporanea presenza di una sorta di welfare malavitoso, l’estrema destra possa fare significativamente breccia. C’è un altro indizio importante che è arrivato dal voto del litorale romano e che non riguarda tanto la condizione di marginalità sociale che si vive nelle periferie e le conseguenze che tutto ciò può avere in termini di rappresentanza locale, quanto piuttosto l’esito politico più generale che può produrre.
I POCO MENO DI 6000 VOTI che Casa Pound ha raccolto domenica scorsa, molti dei quali arrivati dalle case popolari di Nuova Ostia e di Acilia, potrebbero infatti risultare decisivi nel ballottaggio che il 19 novembre vedrà contrapposte la candidata del M5S Giuliana Di Pillo e quella del centrodestra, in quota Fratelli d’Italia, Monica Picca, distanziate al primo turno di soli 2309 consensi. Del resto, al di là delle schermaglie che hanno accompagnato la vigilia delle elezioni nel X municipio della capitale, con i «fascisti del terzo millennio» impegnati a sfidare in particolare la lista che si rifà a Giorgia Meloni, proprio per una rischiosa, in termini di consensi, contiguità ideologica, su temi quali immigrazione, rom e «preferenza nazionale», «destra» e «estrema destra» hanno agitato slogan e argomenti del tutto sovrapponibili.
COSÌ NON STUPISCE che all’indomani dell’esito del voto, il quotidiano di destra della capitale, Il Tempo, abbia aperto con un titolo che riproducendo la grafica dei manifesti dei neofascisti, proclamava «la marcia su Ostia». E con una lunga lettera del leader di Cpi sul litorale, Luca Marsella – che ricordava anche le precedenti affermazioni elettorali degli estremisti, da Bolzano a Lucca passando per Todi – in provincia di Brescia, a Trenzano il sindaco 39enne Andrea Bianchi, eletto nel 2013 con il centrodestra ha appena aderito a Casa Pound.
Uno sviluppo che può essere considerato come un elemento preoccupante a se stante o come parte di una ulteriore deriva più complessiva in atto nel paese. Di cui l’estrema destra rischia di essere solo la componente più visibile. Ma potenzialmente decisiva.
CRESCIUTA NEGLI ANNI dell’egemonia culturale e politica del «centro-destra» guidato da Silvio Berlusconi, della cui prolungata affermazione si è giovata sia sul piano dei ripetuti tentativi di legittimazione storica che nello «sdoganamento» di un armamentario propagandistico aggressivo – dal revisionismo pop sul Ventennio mussoliniano fino all’imprenditorialità politica della xenofobia e del risentimento -, l’ultima stagione dell’estrema destra italiana si è in gran parte sviluppata all’ombra del «berlusconismo». Di cui ha finito per costituire, nella prospettiva di una «destra plurale» che è riuscita a trasformare le proprie apparenti contraddizioni nelle diverse facce di una medesima proposta di società, una sorta di avanguardia giovanile e sociale. Uno scenario già emerso nel recente passato, ma cui la crisi economica da un lato e la ritrovata unità della destra politica dall’altro, offrono una rinnovata attualità.
Nel caso specifico di Casa Pound, si è perso il conto della partecipazione di esponenti governativi della coalizione berlusconiana – seguiti a dire il vero fino ad oggi anche da diversi nomi della sinistra e del giornalismo indipendente – che hanno varcato il portone del palazzo di via Napoleone III, occupato dal 2003, per partecipare alle iniziative dei «fascisti del terzo millennio».
SUL PIANO PIÙ SQUISITAMENTE politico, nel 2005 gli ideatori dello «squadrismo mediatico» sostennero, al pari di tutto il centrodestra, la Lista Storace alle regionali del Lazio e in seguito entrarono a far parte del Movimento Sociale Fiamma Tricolore che nel 2006 appoggiava Berlusconi. Con il passare del tempo è però con la Lega, dopo la virata sovranista e filo Le Pen di Matteo Salvini, che Casa Pound stringerà una salda per quanto effimera alleanza. Nel 2014 i neofascisti sostengono la campagna elettorale europea, risultata vincente, del leghista Mario Borghezio. L’anno successivo, il numero 2 di Cpi, Simone Di Stefano, è sul palco di piazza del Popolo a Roma insieme a Salvini e Meloni al termine della manifestazione dei sovranisti contro Renzi e parla della nascita «di un nuovo fronte politico». «Condividiamo ogni singola parola del progetto di Salvini – presentato come l’unico vero leader della destra – e in particolare i tre capisaldi: no euro; stop immigrazione; prima gli italiani», dichiara Di Stefano.
OGGI, DOPO LO STRAPPO intervenuto in seguito con la Lega, lo stesso esponente di Cpi, in occasione della chiusura della campagna elettorale ad Acilia, ha attaccato Salvini chiedendosi «gli avete visto mai un tricolore in mano? No, perché la Lega è rimasta quella di un tempo…». Questo, malgrado i leghisti si siano in realtà spinti sempre più in là in direzione dell’estrema destra – tra l’altro eleggendo nel Municipio 8 di Milano Stefano Pavesi, del gruppo di Lealtà e Azione, nato come emanazione dei neonazisti Hammerskin.
Perciò, al di là delle querelle sulle bandiere, anche se non è ancora e forse non sarà mai la base per una coalizione elettorale, perlomeno in modo esplicito, è possibile che quel «prima gli italiani» sia già uno stendardo sufficientemente solido, e comune, per far confluire dalla stessa parte consensi raccolti in modo diverso. A cominciare da Ostia.
FONTE: IL MANIFESTO
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