Roma non si vende. Licenziati di Sky, precari Alitalia, esodati Almaviva e in testa ambulanti senegalesi
Una burattina con grandi orecchie e la fascia tricolore sormonta il teatrino ambulante – grande quanto un cartello ma con quinte teatrali – e parla in falsetto con voce di burattinaio: «Romeo, Romeo, facciamo una polizza?».
Dietro c’è la Compagnia Mangiafuoco, burattinai romani che quest’anno festeggiano quattro decenni di attività, «ma forse anche l’ultimo», visto che il Comune di Roma esige, pena lo sfratto, 55mila euro di adeguamento del canone a prezzi di mercato a partire dal 2010. Sono una delle circa 900 associazioni che si trovano in questa situazione, senza più canoni agevolati, senza nuovi bandi per accedervi, con gli esattori alle costole, e per il secondo anno consecutivo scendono in piazza contro la cosiddetta delibera Tronca, in nome della difesa dei Beni comuni e degli spazi sociali nella capitale.
Le associazioni sotto sfratto, dall’asilo multietnico Cielo Azzurro – quest’ultimo ha recentemente vinto il ricorso al Tar ma ancora aspetta il bando nuovo, che la giunta Raggi tarda a indirre – al Teatro stabile del giallo sulla Cassia, sono solo una parte del vivace corteo che ieri pomeriggio ha sfilato da piazza Vittorio al Campidoglio con centri sociali, movimenti per il diritto all’abitare, immigrati, sindacati di base: oltre 10 mila persone secondo gli organizzatori, 4 mila secondo la polizia.
A reggere lo striscione di testa – «Roma non si vende, Roma siamo noi» – gli ambulanti senegalesi nel nome di Nian Maguette, il venditore di borse di 54 anni morto mercoledì scorso durante un blitz «per il decoro» davanti all’isola Tiberina. Nelle stesse ore la Procura fa sapere che i primi risultati dell’autopsia sul corpo di Maguette, tramite Tac, escludono fratture e quindi percosse anche se oggi saranno compiuti altri esami. I suoi amici, parenti e colleghi di strada però continuano a chiedere «giustizia per Niam» e la fine dei rastrellamenti «anti abusivi» della squadra speciale dei vigili urbani.
Il corteo della rete «Decide Roma» è forse meno affollato di quello dell’anno scorso, in compenso più rappresentativo delle mille realtà di base che organizzano il disagio sociale e le sparpagliate voci di chi non ha voce. Meno bandiere politiche, anche se non mancano le bandiere di Rifondazione e di Roma Bene Comune, e più associazioni delle periferie, comitati di inquilini sotto sfratto per morosità, coordinamenti di lavoratori precari o esodati autorganizzati . Come i 1.666 licenziati romani del call center Almaviva che hanno «resistito all’accordo truffa». Walter Ambrosecchio, portavoce dei 1.666 bolla come «ennesimo intervento legislativo inutile e maldestro» il recente tentativo del governo di regolamentare il telemarketing e critica i sindacati confederali «che non hanno limiti all’ansia di concertazione».
Poco più avanti Giammarco Borriello, che porta uno striscione monoposto – «il precariato vi seppellirà» – rappresenta il comitato «Alitalia precari 60 mesi». «Sì, come il Parmigiano – spiega – ma la nostra è stagionatura umana: siamo gli esuberi fantasma, 1.500 lavoratori a terra di cui nessuno parla dopo che i confederali per tre volte hanno alzato, in deroga alla legge, la soglia per la nostra regolarizzazione obbligatoria a ridosso della scadenza. Noi a 58 mesi siamo 500, a casa da un anno e mezzo senza più rinnovi e senza alcun sostegno».
All’altezza di metro Cavour, una banda di fiati e grancassa offre le note di «Don Raffaé» di De André, poi il corteo si conclude in via Fori imperiali dove inizia la manifestazione raccolta-fondi di Emergency, che parla di buskers e di ong che soccorrono l’Africa (anche oggi), e sembra quasi una continuità.
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