Torino. Amarezza nel movimento. E il procuratore generale paragona alcune forme di protesta alle azioni delle Farc
Il maxi processo d’appello ai Notav, che vedeva coinvolti cinquantatre militanti che parteciparono alle manifestazioni del 3 luglio 2011, si è concluso con trentotto condanne. Sconti di pena, riduzioni, attenuanti generiche e prescrizioni caratterizzano le sentenze di secondo grado. Che rimangono pesanti ma ridimensionano la gravità del primo grado.
Rimane l’amarezza del movimento che vive le condanne come un’ingiustizia perpetrata in nome di una legalità che non vede il valore sociale, ed economico, di una lotta che vuole salvare una parte del territorio italiano dalla devastazione e dal saccheggio. «È stata riconosciuta la legittimità dell’impianto accusatorio della sentenza di primo grado in modo soddisfacente, non c’è stato il riconoscimento dell’attenuante per motivi di particolare valore morale e sociale» è stato il commento del procuratore generale Franco Saluzzo.
«Va bene così, perché non rischio di andare in carcere per una vicenda così piccola. In realtà non meritavo nessuna condanna, e con me tutti gli altri. Perché abbiamo agito per un fine giusto, che non cambia». Mario Nucera, il barbiere di Bussoleno, tira un sospiro di sollievo: la sua condanna è passata da tre anni e quattro mesi a un anno e due mesi. La sua è la voce del movimento rivendica il valore sociale e culturale della ventennale resistenza del movimento Notav.
Visione respinta con parole perentorie proprio dal Procuratore Generale, il quale aveva scandito un aula un concetto spericolato: «Se i giudici giustificano comportamenti violenti, antidemocratici e antilibertari, c’è il rischio di avvicinarsi pericolosamente ai livelli delle Farc». Del movimento Notav si può pensare il peggio possibile, ma creare un parallelo con la guerriglia colombiana ha lasciato interdetti i più.
Il magistrato, dopo avere affermato che «la lotta del movimento contro il Tav può avere valenza sociale ma deve svolgersi nel perimetro della legge», ha parlato dell’esistenza di «frange e gruppuscoli che hanno fatto della violenza un sistema che gira per l’Italia e l’Europa ma non ha nulla a che vedere con le legittime manifestazioni di protesta».
L’avvocato Claudio Novaro ha così commentato le sentenze: «La sentenza di primo grado non ci piaceva. Questo e’ un piccolo passo in avanti, ma non è ancora sufficiente. Alcune condanne – ha osservato Novaro – sono state ridimensionate. Ci sono stati casi di riconoscimento delle attenuanti generiche e di attribuzione della condizionale. Ma altre condanne restano francamente sproporzionate rispetto all’entità dei fatti e facciamo fatica a capire il motivo. Bisogna riconoscere il contesto entro il quale maturarono quei fatti». La lettura delle sentenza è stata accolta da cori da parte degli imputati, che hanno contestato l’esito del processo. Nel tardo pomeriggio si è formato un corteo, composto da circa duecento manifestanti, che si è mosso verso il centro cittadino.
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