Archivio Ingrao. La minaccia è anche per lo storico spazio autogestito Casetta Rossa
ROMA Abbiamo dato notizia delle lettere di sfratto inviate dall’amministrazione grillina del municipio VIII di Roma all’Archivio Ingrao, conservato in parte nei locali del municipio, e a Casetta Rossa, spazio autogestito. Palo Pace, presidente del municipio, ha affidato a Facebook la sua replica. Parla di una «ondata mistificatoria» per di più «proveniente dallo zoccolo duro della sinistra». Ma nei fatti conferma quanto abbiamo scritto.
«Al Centro per la Riforma dello Stato fu a suo tempo concesso ‘l’utilizzo temporaneo’ di un locale nella sede del Municipio Roma VIII per poter custodire il materiale del cosiddetto ’Archivio Ingrao’», spiega Pace. E prosegue: «Quello che doveva essere provvisorio, come sempre accade in Italia, è diventato stabile, e tutto il prezioso materiale storico-culturale dell’archivio è rimasto chiuso per anni in una stanza senza alcuna possibilità di poter essere fruito dall’utenza. Le esigenze logistiche del personale richiedono ulteriori spazi che il Municipio intende reperire nella propria sede».
Il succo è: le carte di Pietro Ingrao devono lasciare i locali della sede istituzionale che Pace presiede, senza che si provveda a indicare una destinazione alternativa. «L’immenso patrimonio letterario merita certamente una migliore allocazione», specifica Pace, senza tuttavia sentirsi in dovere di chiarire come pensi di risolvere questa faccenda. Eppure, diversi cittadini hanno scritto in calce al suo testo per chiedergli proprio questo: dove conta di ospitare l’archivio? Al momento in cui scriviamo Pace non ha risposto. Si è invece premurato di spiegare agli attivisti di Casetta Rossa che la loro esperienza pluriennale deve interrompersi a causa dell’«applicazione di norme di legge o obblighi contrattuali, non rispettati, di carattere amministrativo».
Oggi a Casetta Rossa ci si ritrova per tutto il giorno per protestare contro l’avviso di sfratto. Ci saranno molti cittadini, ma per Pace la politica «non c’entra nulla», ci sono automatismi burocratici che non possono essere intralciati. Se questa logica dovesse valere per il resto della capitale, dove la delibera 140 approvata dalla precedente amministrazione minaccia decine di spazi sociali, sarebbe uno stillicidio di sgomberi.
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