Cariche della polizia e scontri, ma per il comune «le persone sono uscite serenamente». Un centinaio di inquilini vivevano negli edifici nel cuore del quartiere Bolognina
BOLOGNA Giornalisti tenuti a distanza e uno sgombero eseguito da decine di agenti in tenuta anti sommossa. Così a Bologna ieri mattina è caduta l’ultima occupazione abitativa, quella di via Mario de Maria, nel cuore del quartiere della Bolognina. Un doppio edificio di cinque piani di proprietà privata, rimasto inutilizzato per anni e dal marzo 2014 diventato la casa di un centinaio di persone, famiglie con bambini e single.
Ieri mattina all’alba è arrivato l’ormai più volte annunciato sgombero, con le forze dell’ordine che si sono presentate poco prima delle sei del mattino blindando la zona e stabilendo un cordone di sicurezza per tenere lontani i manifestanti che si sono poi radunati in zona col passare delle ore. I contatti tra attivisti – un centinaio – e le forze dell’ordine sono stati numerosi. Per tre volte gli attivisti di Social Log hanno tentato di avvicinarsi, per tre volte gli agenti sono scattati in avanti manganellandoli. Poi altre due cariche con tanto di inseguimento in mezzo al traffico in tilt e cassonetti ribaltati dagli attivisti. Nel frattempo, a poche centinaia di metri, lo sgombero veniva portato a termine.
E qui, visto che i giornalisti sono stati tenuti per scelta a distanza, i racconti sono due, diversissimi. Secondo l’assessore alla casa del Comune di Bologna, Virginia Gieri, «le persone sono uscite serenamente». Gieri ha raccontato di essere sempre stata in contatto con il vicequestore per garantire che tutto andasse liscio per le famiglie all’interno dell’occupazione. Ed è andata così? «Assolutamente sì».
La versione degli occupanti racconta una storia diversa, che parla di manganellate, due feriti e l’utilizzo di uno spray urticante (eventualità esclusa invece dalla questura). Di sicuro i vicini di casa hanno sentito urlare dentro l’edificio mentre gli agenti risalivano i piani. In un video diffuso in rete si vede un occupante ora ricoverato in ospedale raccontare di essere stato buttato a terra e pestato da più agenti.
Tutti gli sgomberati – un centinaio – sono stati assistiti dal Comune e ieri notte sono stati alloggiati chi in dormitorio, i single, chi in strutture di accoglienza e hotel della zona, le famiglie. Lo sgombero era stato disposto dalla Procura per dare seguito a un sequestro giudiziario, firmato dal pm Antonello Gustapane e vistato dal procuratore aggiunto Valter Giovannini.
Ora in città non resta più nessuna occupazione abitativa. La più grande, quella dell’ex Telecom di via Fioravanti, era stata sgomberata nell’ottobre 2015 e aveva portato il sindaco Virginio Merola a promettere: «Mai più sgomberi con la forza». Sullo stabile sgomberato ieri era stata intavolata dall’ex assessore al welfare Amelia Frascaroli una lunga trattativa per regolarizzare la situazione, trattativa poi arenatasi tra inconvenienti burocratici e richieste economiche della proprietà giudicate troppe esose.
A Bologna resta ora la grande occupazione del collettivo Làbas, che dal 2012 «abita» in un’ex caserma ora di proprietà di un fondo di investimenti legato alla Cassa depositi e prestiti. Anche su Làbas, che accoglie da tempo una ventina di senza casa con il progetto «Accoglienza degna», pende un decreto di sequestro firmato nel dicembre dell’anno scorso. Nel frattempo il collettivo ha partecipato alle ultime amministrative impegnandosi nell’avventura di Coalizione civica, rete della sinistra cittadina che ha portato due consiglieri in Comune. È proprio una di loro, la consigliera Emily Clancy a sparare a zero contro lo sgombero: «Si è consumato l’ennesimo violento sgombero di famiglie con impiego spropositato di forze dell’ordine e senza alcuna mediazione da parte della giunta». Il deputato di Sinistra Italiana Giovanni Paglia annuncia invece un’interrogazione al ministro Alfano per chiedere conto dell’operato delle forze dell’ordine.
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