2001-2016. Nel 15esimo anniversario del G8 di Genova, oggi nel capoluogo ligure una giornata di confronto tra laici e cattolici sui tempi che spinsero il grande movimento contro la globalizzazione a scendere in piazza
Oggi per l’intera giornata a Genova, nelle sale di Palazzo Ducale, nei medesimi luoghi in cui si tenne il G8 nel luglio di 15 anni fa, ci sarà un convegno organizzato dalla Fondazione del Ducale stesso e dal Cadtm, una struttura internazionale che da poco ha significativamente modificato la propria denominazione da Comitato per l’abolizione dei debiti del terzo mondo a Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi. Il Cadtm in questi anni, oltre a promuovere una visione differente sui debiti sovrani e sul loro frequente carattere illegittimo, ha partecipato direttamente alle indagini conoscitive dei debiti di Equador e Grecia. Il convegno, dal titolo «Un Giubileo del debito?», è frutto di una crescente collaborazione di differenti soggetti collettivi e individuali che da anni dedicano attenzione al ruolo dei debiti nell’economia contemporanea.
Un incontro di laici e cristiani, un incontro tra esperti del debito, come il belga Eric Toussaint e i monsignori Tommaso Valentinetti e Giovanni Ricchiuti, rispettivamente arcivescovo di Pescara e presidente di Pax Christi. Tutti accomunati dalla volontà di riflettere e ridiscutere ruolo e funzione di un’economia sempre più fondata sulla finanziarizzazione. Dalle contestazioni del G8, in cui una delle parole d’ordine era la cancellazione del debito dei paesi poveri, molte cose sono cambiate, ma molte semplicemente si sono acuite sul medesimo solco. Negli ultimi 15 anni abbiamo scoperto come il debito non sia solo un’arma della finanza globale puntata unicamente sui paesi periferici, ma anche un motore di una crescita finanziaria a livello globale. Un espediente per allontanare gli spettri di una crisi dovuta all’assenza di una effettiva crescita economica. Nel corso di questi anni i debiti sovrani, dopo aver assorbito le perdite private, si sono rivelati insostenibili anche nei paesi occidentali.
Lo scorso anno il drammatico caso greco ha svelato come un debito, seppur modesto per entità, possa diventare uno strumento di dominio politico, ancor prima che economico, uno strumento per imporre regole per tutti, per piccoli come per grandi paesi. Il caso ellenico rappresenta una sorta di fallimentare laboratorio dell’austerità intesa come rimedio della crisi. Negli anni Novanta c’erano paesi africani in cui la spesa sociale costituiva un quarto delle spese per interessi sul debito, oggi il riaffacciarsi in Grecia della malnutrizione e della mortalità infantile, cioè nella vecchia e ricca Europa, rappresenta il passaggio di testimone. In questi anni, però, progressivamente si è compreso come il debito sia strumento di dominio e al contempo un viatico per imporre politiche economiche fondate su ulteriori sperequazioni sociali. Nel mondo sono emersi movimenti e organizzazioni che hanno posto l’attenzione su tali dinamiche, finendo per imporre indagini istituzionali e popolari sui bilanci pubblici nazionali e locali e fornendo quindi una radiografia dei debitori e dei creditori, di come erano stati spesi i soldi in nome della sovranità e i soggetti che da tali spese avevano tratto vantaggio.
Anche in Italia, a piccoli passi, è andata diffondendosi questa consapevolezza sul piano generale e non solo. In diversi territori sono state realizzate indagini indipendenti sui bilanci delle amministrazioni locali, da Parma fino al più recente rapporto sul Comune di Roma. Anche le ultime campagne elettorali non hanno potuto evitare di riflettere sul ruolo dei debiti, sull’impossibilità di qualsiasi politica pubblica senza una rimessa in discussione degli stessi, frutto nel peggiore dei casi di malaffare e nel migliore di tagli continui da parte dello Stato centrale. Insomma sul tema qualcosa si muove. Nella prossima fase occorrerà sfidare amministrazioni nazionali e locali su tale tema, nella consapevolezza che esso costituisce nella sua rigidità una sorta di architrave di qualsiasi politica dominante e nella sua rimessa in discussione l’unica strada per ipotizzare percorsi realmente alternativi, di apertura al cambiamento e all’innovazione. Su questi temi il convegno proverà a misurarsi e a rilanciare per creare le condizioni per una vera e propria campagna contro i debiti illegittimi e le conseguenti politiche fondate sull’austerità.
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