La sinistra-sinistra ormai si interessa solo di sé stessa, ossia del mini-ceto medio che l’ha prodotta. Ripete slogan e frasi fatte. Ecco perché si sta autoannientando
Ho votato per Stefano Fassina. Ho dato la mia preferenza per Sandro Medici. Un voto identitario, di testimonianza. Non c’era in queste elezioni alcun partito che mi rappresentasse pienamente, non c’era alcuna opzione politica che esercitasse su di me un fascino sia pure temporaneo, allora ho scelto di obbedire alla mia storia personale. Del resto sono convinta che anche gran parte del voto dato a Roberto Giachetti abbia avuto caratteristiche storico-identitarie. Gente di sinistra, critica e non convinta, che, tuttavia, non ha voluto rinunciare alla sua storia e ha votato il candidato di un Pd in cui non crede più. Ricorrendo alla scusa del “meno peggio”.
E tuttavia il mio non è stato un voto inconsapevolmente nostalgico. La nostalgia ne è forse un elemento, ma la consapevolezza dei limiti della mia scelta è fortissima.Direi – se mi si chiedesse una definizione – che il mio è stato un voto umile, persino un po’ doloroso. Che, tuttavia, dovevo dare.
Mentre facevo la croce nella cabina elettorale sapevo dell’inutilità immediata di quella scelta. Se mi avessero chiesto una previsione, avrei detto che alle liste di sinistra-sinistra non sarebbe andato più del quattro-cinque per cento per cento. Se mi avessero interrogato sulle prospettive politiche, avrei risposto che non ce ne erano. Gli errori compiuti in questi anni da chi tuttavia ho votato mi erano chiari uno per uno.
E sono errori talmente gravi da rendere oggi la sua esistenza inutile. Da tempo la sinistra-sinistra non è interessata ad alcun rapporto con la società e tanto meno con quel popolo – gli umili, i poveri, gli sfruttati – che non hanno alcuna cittadinanza e alcuna presenza nel dibattito pubblico. Non lo frequenta, non lo conosce, oserei dire che non ne è interessata. Quando ne parla – ogni tanto capita – ripete slogan, frasi fatte, analisi altrui. Senza il coraggio di rompere con i luoghi comuni, con quello che un tempo era definito “pensiero unico”.
Questo disinteresse ha prodotto un “male oscuro” che ormai la pervade e la corrompe dentro. La sinistra che non si occupa dei “suoi” finisce col preoccuparsi solo di sé, cioè del mini ceto politico che ha prodotto. Su questo concentra le sue forze e le sue capacità. Per il resto c’è mancanza, incapacità di ascolto e di attenzione, disprezzo per lavoro modesto di militanza. Fare politica oggi e, soprattutto, farla “da sinistra” e “a sinistra” richiederebbe una costruzione faticosa e quotidiana che rinuncia all’apparenza e al conformismo, è capace di ignorare i media e – soprattutto – di rinunciare al potere, piccolo o grande che sia. Che sa darsi tempi lunghi. Perché ci vuole tempo per ricostruire quello che una modernizzazione feroce e veloce ha divelto e distrutto, per darsi priorità e obiettivi in un mondo cambiato. E ci vuole modestia. Pazienza e modestia, due virtù assenti nella sinistra radicale.
I difetti, o addirittura i peccati accumulati, hanno provocato la caduta della tensione originaria che in anni neppure troppo lontani l’aveva resa feconda anche quando era minoritaria: parlo della tensione forte nella lotta all’ingiustizia sociale comunque declinata o camuffata dalla modernità. Oggi questa tensione non si sente più. Oppure se ne sente la nostalgia, com’è avvenuto a me. E si da un voto che si sa inutile solo perché un tempo quella tensione c’è stata, in molti l’abbiamo E sarebbe bene che ci fosse ancora. Perché la nostalgia non basta. Soprattutto a sinistra.
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