Loach vince con “I, Daniel Blake”: “Un altro mondo è possibile, e necessario”. Il pianto di Dolan
CANNES «UN ALTRO mondo è non solo possibile, ma necessario». Ken Loach, l’alfiere del cinema di lotta e d’impegno, agguanta la sua seconda Palma d’oro al Festival di Cannes. Poco tempo fa il regista inglese, ottant’anni tra una manciata di giorni, aveva detto di volere smettere col cinema. Ma non è uno che abbandona la lotta «quando ci sono tanti poveri e lavoratori da difendere ». Sul palco del Palais, felice di averci ripensato, infiamma la platea in smoking e paillettes con un discorso che è un comizio. «Non dimentichiamo i personaggi che hanno ispirato I, Daniel Blake, dice riferendosi al carpentiere 59enne lasciato senza lavoro e assistenza medica da una macchina burocratica spietata. Ammonisce: «Il neoliberismo rischia di portarci alla catastrofe, significa miseria per migliaia di persone ». E ricorda: «Per sua tradizione il cinema è uno strumento che sostiene i poveri contro i potenti». Infine, ringrazia: «Lavoratori del cinema restate forti, perché questo festival è importante per il nostro futuro»”.
Il Palmarès che, come di consueto azzera ogni previsione e sembra il frutto di accese discussioni dentro la giuria presieduta da George Miller, riconferma la tendenza che vuole i grandi Festival europei premiare il cinema d’impegno. A fianco dell’anziano ma passionale Ken il rosso (che aveva vinto la Palma nel 2006 con Il vento che accarezza l’erba) ecco la passione tutta emotiva del giovanissimo Xavier Dolan. Ha 28 anni il regista canadese che porta a casa il Grand Prix con Juste la fin du monde.
Minuto, faccia da liceale, Dolan si commuove e piange come un vitello sul palco, ma le lacrime non fermano il flusso del suo ringraziamento fiume che culmina con una frase bella come i suoi film: «Preferisco la follia della passione alla saggezza dell’indifferenza ». I pari merito sono sempre sintomatici di una giuria poco sintonica o troppo prodiga. Il giurato Mad Mikkelsen aveva annunciato sul tappeto rosso; «Stasera faremo felici molti autori». Ma l’annuncio del premio alla regia assegnato a Olivier Assayas e a Cristian Mungiu ha fatto insorgere la sala stampa,Bacalaureat del regista romeno era dato tra i favoriti al massimo premio, il film di Assayas, Personale shopper con Kristen Stewart, tra moda e fantasmi, era stato bollato dai critici il peggiore del festival, fino all’arrivo di Sean Penn con The last face. Mungiu sul palco ricorda che «il cinema d’autore sta diventando una nicchia, questo festival ha una grande responsabilità, fate attenzione ». Doppio premio anche per The salesman dell’iraniano Ashgar Farhadi, altro in pole position per la Palma, che vince per la sceneggiatura e l’attore Shahab Hosseini, uomo ossessionato dalla vendetta nei confronti di chi ha aggredito e ferito la moglie. Hosseini dedica il premio «al mio popolo, con tutto il mio cuore e il mio amore». Migliore attrice è Jaclyn Jose, attrice filippina protagonista del film Ma’ Rosa di Brillante Mendoza, sinceramente sorpresa e accompagnata, lei minuta, dalla figlia stangona vestita come una modella. Ignorata la favorita tedesca Maren Ade di Toni Erdmann.
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