Argentina. Una lettera al presidente Usa Obama del premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel
BUENOS AIRES Al Presidente degli Stati Uniti Sr. Barack H. Obama
Caro Presidente,
abbiamo ricevuto la notizia che dopo il tuo storico viaggio a Cuba verrai in Argentina per stringere relazioni di cooperazione con il governo recentemente eletto.
Seguiamo da vicino i positivi avanzamenti, promossi da Papa Francesco, grazie ai quali è stato possibile aprire le porte alla speranza e al dialogo tra il popolo di Cuba e quello degli Stati uniti. Tu sai che è necessario percorrere ancora un lungo cammino prima di sollevare completamente l’embargo e smantellare la base militare di Guantanamo dove ancora vengono violati i diritti umani di prigionieri, lì detenuti senza aver subito nessun processo. Tutti noi speriamo che, nonostante la forte opposizione del tuo Congresso, tu sia in grado di raggiungere questi obiettivi.
Nella lettera che mi hai inviato lo scorso anno, a differenza dei tuoi predecessori, hai riconosciuto le violazioni che il tuo Paese ha compiuto e continua a compiere in molti Paesi. In quella lettera hai dichiarato la volontà di mettere fine a questo capitolo della storia degli Stati uniti.
Per tale ragione, è importante che tu sappia che la data che hai scelto per venire in Argentina non è una data qualunque. Nel 1976, quando tu avevi solo 14 anni e il tuo Paese celebrava i duecento anni dall’indipendenza, per noi cominciava il periodo più tragico della nostra storia, con l’instaurazione di un terrorismo di Stato che ha sottomesso il nostro popolo alle persecuzioni, alle torture, alla morte e desaparicion di migliaia di persone. Tutto ciò fu fatto per togliere agli argentini il diritto alla libertà, all’indipendenza e alla sovranità nazionale.
Ti scrivo come sopravvissuto di questo orrore. Io, come molti altri che hanno voluto difendere i diritti umani contro le dittature latinoamericane che avevano imposto la Dottrina della Sicurezza nazionale e il Plan Condor grazie al finanziamento, l’indottrinamento e il coordinamento degli Stati uniti, sono stato vittima di persecuzioni, detenzione illegale e torture. È grazie a questa lotta collettiva che mi hanno conferito il Premio Nobel della Pace, da me accettato in nome dei popoli dell’America latina.
E mentre gli Stati uniti addestravano le Forze Armate latinoamericane nella Escuela de las Américas (Soa) a tattiche di torture e sequestro, qui le élites locali promuovevano politiche neoliberali che hanno portato alla distruzione della capacità produttiva del Paese e hanno imposto un debito estero illegale e illeggittimo.
Tu arriverai nel mio Paese nel giorno nazionale della “Memoria per la Verità e la Giustizia”, nello stesso giorno in cui si compiono i 40 anni dell’ultima dittatura genocida in Argentina e nello stesso anno in cui si compiono 200 anni dalla nostra indipendenza nazionale. Sai bene che gli Stati uniti hanno ancora molti debiti con l’Argentina e con molti altri Paesi.
Se la tua intenzione è quella di venire qui per riconoscere che il tuo Paese è stato ed è complice dei colpi di stato in America Latina del passato e del presente, per annunciare la ratifica allo Statuto di Roma, per accettare di sottomettere il tuo paese alla Corte Penale Internazionale e per rinunciare al fatto che voi siete l’unico Paese delle Americhe a non aver ratificato la Convenzione Americana dei Diritti Umani, e se ci gratificherai con la notizia che chiuderai l’“Instituto de Cooperación para la Seguridad Hemisférica” (Whinsec), l’“Accademia Internazionale per il compimento della Legge” (Ilea), eredi dell’“Escuela de las Américas” e le basi miltitari che gli Stati uniti mantengono in America latina, allora sappi che sarai il benevenuto in Argentina.
Se invece hai deciso di venire per imporci il trattato di libero commercio a difesa dei privilegi delle imprese multinazionali che continuano a impoverire i nostri popoli e la nostra madre terra o se vieni per avallare le richieste illegittime dei fondi finanziari, “Vulture Funds” o i “fondi spazzatura” o per raccomandare la ormai fallita ricetta d’intervento delle forze armate nell’ambito della sicurezza interna che con la scusa della lotta contro il narcotraffico reprimono i movimenti popolari, allora non posso non ricordarti le parole del liberatore Simón Bolívar che sosteneva: «Gli Stati uniti sembrano destinati dalla provvidenza a impoverire l’America latina in nome della libertà».
La potenza mondiale che tu rappresenti è stata e sta dietro a tutti i tentativi di destabilizzazione dei governi popolari del nostro Continente, particolarmente quelli del Venezuela, Ecuador, Bolivia, Ecuador e Honduras.
A 200 anni dalla nostra indipendenza, devo dirti che non accetteremo né vecchie né nuove forme di colonialismo, non accetteremo nuovi accordi con Washington per promuovere riforme destinate a portare fame ed esclusione sociale. Noi popoli latinoamericani abbiamo già sconfitto il progetto imperialista dell’Alca e torneremo ad opporci a ogni nuovo tentativo d’imposizione di simili progetti.
Se non chiederai scusa al popolo argentino per ciò che il tuo Paese ha fatto, allora la tua visita sarà avvertita come una provocazione contro ciò che è parte della nostra identità: la difesa dei diritti umani e dei popoli.
Molti di noi sono rimasti sorpresi nel leggere il comunicato stampa ufficiale dove si afferma che la tua visita è per riconoscere il contributo di Mauricio Macri per la difesa dei Diritti umani nel Continente. La prima volta che Macri ha difeso pubblicamente i diritti umani è stato per riferirsi a un Paese che non conosce. Si è trattato di una manipolazione politica contro il Venezuela, con l’obiettivo di banalizzare le politiche dei Diritti Umani. Speriamo che questo presunto riconoscimento non significhi invece un’offensiva per destabilizzare la nostra sorella Repubblica Bolivariana.
E vorrei dirti che mentre il Venezuela ha recentemente approvato la “Legge speciale per prevenire e sanzionare la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti”, aumentando le condanne per chi compie queste pratiche, in Argentina nel 2014 ci sono stati 6.843 casi di tortura in carcere. Di questo però l’attuale Presidente non parla. Ti dico questo perché so che quella delle carceri è anche una tua preoccupazione. Il tuo Paese registra infatti la maggior quantità di detenuti nel mondo (1 detenuto su 4 è negli Stati uniti). Conosci poi bene, anche perché ben evidenziato nel rapporto del “Programma di detenzione e interrogatori della Cia” del Congresso Nordamericano del 2014, qual è la situazione dei centri di detenzione e tortura che il tuo Paese ha installato in altri Paesi. Dobbiamo tutti lottare con urgenza a livello mondiale contro queste pratiche.
La Pace è frutto della giustizia e perché essa diventi una realtà, dobbiamo continuare a impegnarci insieme a tutti colore che hanno fame e sete di giustizia, per garantire che i Diritti delle persone e dei Popoli siano sempre difesi. Questa fame di giustizia ha permesso a noi argentini di giudicare e condannare i responsabili dei crimini contro l’umanità.
Il 24 marzo nessun Presidente, né autorità può rappresentare il popolo argentino, che nella sua diversità si rappresenta da solo attraverso il proprio impegno e la propria mobilitazione pacifica nelle strade e nelle piazze del Paese.
Lo ha ricordato bene Papa Francesco durante l’Incontro dei Movimenti Sociali in Bolivia: «Il futuro dell’umanità non sta nelle mani dei grandi dirigenti, delle grandi potenze o delle élites ma fondamentalmente nelle mani dei Popoli».
Se deciderai quindi di venire il 24 marzo potrai finalmente ascoltare ciò che il popolo argentino vuole dire al mondo.
Ti mando un saluto di Pace e bene, augurandoti forza e speranza al servizio dei popoli.
*Premio Nobel per la Pace
(traduzione di Grazia Tuzi)
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