Post primarie. La candidatura di Beppe Sala apre uno spazio politico inedito per quell’area che non può riconoscersi nel sindaco del partito della nazione
All’orizzonte si profila una lista unica con Prc, Possibile e Lista Tsipras che si pone l’obiettivo di includere tutti coloro che il prossimo giugno non voteranno l’ex manager dell’Expo. Resta il dilemma del candidato, sempre che Pippo Civati non decida di metterci la faccia per sostenere un progetto di cui non sono ancora stati definiti contorni e obiettivi. Nel frattempo, i milanesi di Sel sono in conclave per decidere cosa fare da grandi
A Milano, il giorno dopo le primarie che hanno archiviato l’esperienza arancione di Giuliano Pisapia, la sinistra-sinistra improvvisamente si ritrova al centro della scena pur in assenza di contenuti chiari e di un progetto di lunga durata. Ci stanno lavorando da mesi, dicono che entro febbraio presenteranno una lista e un candidato. Lo sa anche Giuseppe Sala che quello spazio politico ancora senza direzione è destinato ad intercettare i voti di quei milanesi che a giugno non lo voterebbero neanche sotto tortura (almeno al primo turno). Sembra che il quasi sindaco manager abbia dedicato un pensiero carino ai “compagni di Sel” e a tutti i delusi in libera uscita che potrebbero metterlo in difficoltà in vista del ballottaggio: con il suo non esaltante 42% si è accorto che per vincere a Milano forse non basta guardare al centro.
Inutile nascondere che questo ritrovato protagonismo sta ringalluzzendo diversi soggetti e aree politiche da tempo rimasti ai margini, anche troppi, ma tutti sono consapevoli che l’operazione è molto complicata perché dopo cinque anni di governo della città la vera sconfitta è proprio la sinistra in tutte le sue articolazioni. Rimettere insieme i cocci è una faccenda quasi disperata. Nessuno lo nasconde. L’area che comprende Prc, Possibile e Lista Tsipras (più altri pezzi di comitati) sta cercando di convincere Pippo Civati ad accettare la sfida. Lui dice e non dice, ma mai come in questi giorni è tornato alla ribalta, prima spiega che non ha intenzione di candidarsi e poi lascia intendere che, chissà, magari a certe condizioni potrebbe anche farci un pensierino. Un buon metodo per occupare la scena e per farsi pregare, anche da quei pezzi romani di Sinistra Italiana che spingono per convincere (o costringere) i compagni milanesi di Sel rimasti incastrati con Francesca Balzani ad abbandonare l’ipotesi Sala mascherata in salsa arancione.
Pippo Civati ha sempre detto che preferirebbe una candidatura civica, ma fino ad ora nessuno è riuscito a pescare il jolly. Semplicemente perché non esiste una candidatura civica di alto profilo disposta a prendersi la patata bollente. A meno di clamorosi colpi di scena, rimane lui l’unica figura che potrebbe unificare tutti quei pezzi, anche poco dialoganti tra loro, che in questi giorni stanno sondando il terreno autonomamente. Ma non è detto che Civati abbia intenzione di metterci la faccia per sostenere un’operazione politica che senza un cambio di marcia rischia di somigliare alla solita aggregazione di ceto politico residuale incapace di inventare scenari e linguaggi nuovi. In assenza di un candidato forte (o presunto tale) c’è anche il rischio che in alternativa a Beppe Sala si formino più liste civiche variamente orientate a sinistra piene di politici di vecchia data in cerca di una seconda (o terza, o quarta) chance. Sarebbe comico.
In casa Prc (sono loro che insieme a Possibile stanno cercando la sintesi politicamente più spendibile) sono consapevoli della necessità e insieme della difficoltà di allargare il recinto tenendo insieme tutti quelli che per diverse ragioni non votano Sala: “Stiamo lavorando per qualcosa di più ampio della sinistra-sinistra, pensiamo a una lista civica unitaria e di sinistra, ambientalista e progressista capace di tenere insieme Prc, Possibile, pezzi di Sel, comitati di quartiere, esperienze che già lavorano nei territori, socialisti e comitati civici”. Renderla digeribile e votabile, è il compito più difficile. I più ottimisti sostengono che così facendo si potrebbe puntare al 10%, ma sarebbe meglio interpretare la realtà a una cifra sola. In ogni caso, anche se la questione potrebbe sembrare prematura, bisognerà poi capire come spendere quel capitale di voti in caso di ballottaggio. Va bene ricostruire un barlume di sinistra, ma per farne cosa?
A latere, ma nemmeno troppo, ci sono poi i tormenti di Sel che – probabilmente – non può permettersi di convergere con un triplo salto mortale su questo tentativo di ricostruzione di una sinistra informe che ancora non ha un orizzonte condiviso. C’è chi vorrebbe aggregarsi a una lista arancione con a capo Francesca Balzani per rendere meno disonorevole l’appoggio al manager di Expo, e chi invece sta pensando di abbandonare la partita. Il dibattito è aperto, anche se il film è ancora tutto da inventare.
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