Accolto da una polemica del postfascista Marrone con contorno di articoletto forcaiolo per benpensanti su La Stampa, il cittadino Notarnicola, scrittore e poeta, parteciperà a una serata in ricordo della Torino dei primi anni Sessant
abito le prigioni
avverto
di primo mattino
qualcosa di insolito.
Esce libero
il mio dirimpettaio!
Tra poche ore
sul suo capo, sulle scarpe,
la pioggia del cielo, la libertà.
La libertà, capite?
(Sante Notarnicola)
In un articoletto odierno sulle pagine torinesi de La Stampa, il cronista Beppe Minello, uno affidabile che già nel 2000 prestava voce alla lobby del Tav scrivendo che la Grande Opera avrebbe portato 200.000 (!!!) posti di lavoro, questa volta presta voce alla polemica scatenata in Consiglio comunale dal postfascista Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), tra i cui “meriti politici” c’è quello di promotore locale della protesta dei “Forconi”, in merito alla annunciata presenza di Sante Notarnicola a un dibattito sulla Torino operaia dei primi anni Sessanta alla Cavallerizza, il prossimo 16 Ottobre alle 21.
Il nero Marrone avrebbe chiesto impetuosamente a Sindaco e Questore di non consentire la partecipazione di Notarnicola all’evento in nome del solito mantra sulle “vittime del terrorismo” (anche quelle del terrorismo di destra?). A leggere Minello, nessuno pare essersi chiesto come si potrebbe vietare a un libero cittadino di partecipare a un qualsiasi evento e basterebbe tale considerazione per relegare sotto la voce Banale Ricerca di Visibilità, l’exploit del consigliere. Chissà poi se questi sapesse che il pericoloso terrorista si è già infiltrato con successo in Sala Rossa il 25 Giugno 2014 per omaggiare Bianca Guidetti Serra, deceduta il giorno prima e vegliata dalla Torino migliore. Bianca, difensore di Adriano Rovoletto, l’autista della banda, aveva tutelato anche lui per i diritti d’autore del suo libro L’evasione impossibile, scritto durante la detenzione: 23 anni per i fatti collegati all’attività della banda Cavallero, fatti molto anteriori ai cosiddetti anni di piombo. Nel suo libro, Notarnicola aveva raccontato la violenza delle carceri, speciali, le torture delle guardie, le condizioni di vita in posti infami come Favignana, Volterra, Noto, Lecce, Nuoro. Anni di sofferenza tale da dover soddisfare qualsiasi fautore dell’infinita espiazione. Anni in cui ha scavato in se stesso per mantenere forza e lucidità e facendolo ha scoperto di avere una buona capacità di esprimersi per iscritto e in versi. E’ diventato un poeta sensibile e attento ai sentimenti più profondi, ai dolori e alle piccole, rare gioie, di chi è nato per vivere una vita dura, senza mediazioni.
Notarnicola viene la prossima settimana a Torino per parlare della sua condizione di proletario immigrato dal tarantino nel 1953, del suo incontro con la politica identificata allora con un Partito Comunista già orientato alla trasformazione istituzionale, con gli ex partigiani e gli operai della grande fabbrica. Parlerà dei fatti di piazza Statuto, tema della serata, ultima occasione per lui di condividere una lotta collettiva con la sua classe sociale. Tra i tanti ricordi di quei tre giorni di battaglia di piazza contro la Celere che difendeva la sede della Uil, colpevole di aver siglato un accordo separato con la Fiat, ci piace riproporre il ritratto di un Pajetta emblematico delle contraddizioni in cui si dibatteva già allora il Pci e in cui sarebbe irrimediabilmente sprofondato strada facendo: “Mi ricordo di Pajetta,, era con noi, non sapeva cosa fare, il grande dirigente non era più davanti a una folla entusiasta ma in mezzo a gente esasperata che gli stava mangiando il piedistallo eretto in tanti anni sul suo passato di combattente. Quando gli arrivò una pietrata, allora si risvegliò mettendosi a sbraitare contro padroni e sbirri, spingendoci all’attacco…Poi a mente fredda, il giorno dopo, su l’Unità ci chiamò fascisti!...”.
Contrariamente a quanto scrive Minello, Notarnicola non è un ex terrorista, non ha mai aderito alle Br pur partecipando da detenuto consapevole della natura di classe del sistema carcerario alle lotte per cambiarlo in anni in cui la politicizzazione era fortissima e con i compagni che si ritrovava intorno a condividerne le idee.
E’ uscito ovviamente provato ma non piegato da un’esperienza che – ho sempre sostenuto – molti dovrebbero provare, anche molto più brevemente, per capire quale prezzo si possa pagare per i propri errori. In un’Italia infestata da una casta politica corrotta e eticamente miserabile ci si dovrebbe stupire che dei Minello e dei Marrone possano trovare materia di indignazione o di cronaca forcaiola nel caso Notarnicola. E a proposito degli inviti ai tanti protagonisti degli anni Settanta ci si metta l’animo in pace: con tutto quanto è rimasto da discutere e criticare, la sinistra di allora poteva contare su un notevole campionario di intelligenze e su una diffusa ricchezza culturale. La destra di Marrone tutt’al più ci ha tramandato Gasparri e Storace.
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