Processo a Erri De Luca: dignità umana o ordine pubblico, la scelta del giudice

Erri De Luca domani sarà giu­di­cato dal Tri­bu­nale di Torino. È accu­sato di isti­ga­zione a delin­quere per avere affer­mato in un’intervista che «la Tav va sabo­tata»

Erri De Luca domani sarà giu­di­cato dal Tri­bu­nale di Torino. È accu­sato di isti­ga­zione a delin­quere per avere affer­mato in un’intervista che «la Tav va sabo­tata». Il pm ha chie­sto che sia con­dan­nato a otto mesi di car­cere. Dun­que in un’aula di giu­sti­zia si con­fron­tano la libertà di pen­siero ed espres­sione da un lato e l’esigenza di ordine pub­blico dall’altro. Ogni limite alle libertà di pen­siero ed espres­sione, fon­da­tive della demo­cra­zia costi­tu­zio­nale, deve rispon­dere alla neces­sità di tute­lare beni o inte­ressi di valore superiore.

Nulla è più eva­ne­scente invece della clau­sola «ordine pub­blico». La parola «ordine» evoca una sorta di dispo­si­zione immo­di­fi­ca­bile delle cose il cui garante è lo Stato sovrano.

È una clau­sola di sal­va­guar­dia tipica dei regimi che vivono di sostan­zia­li­smo. Con­sente a que­sti ultimi di tra­va­li­care i limiti della discre­zio­na­lità e scon­fi­nare nell’arbitrio san­zio­na­to­rio senza troppe giu­sti­fi­ca­zioni di diritto. È una clau­sola che le demo­cra­zie dovreb­bero non avere nei pro­pri codici o quanto meno usarla ecce­zio­nal­mente, ovvero “cum grano salis”.

Ogni limite alla libertà di pen­siero ed espres­sione è una scon­fitta per la demo­cra­zia stessa. È una vit­to­ria dello Stato inteso come eser­ci­zio della forza rispetto allo Stato inteso come auto­rità legit­ti­mata. È una vit­to­ria di Pirro. È la rivin­cita della sovra­nità illi­mi­tata sulla libertà individuale.

Dun­que lo Stato, nelle sue varie arti­co­la­zioni ivi com­presa quella giu­di­zia­ria, dovrebbe essere molto cauto nel ricor­rere alla nozione di ordine pub­blico per limi­tare la libertà di pen­siero ed espres­sione. Punire una per­sona per i suoi pen­sieri e le sue parole signi­fica met­tere a rischio l’origine liberal-democratica e la natura costi­tu­zio­nale dello Stato stesso.

È que­sta la respon­sa­bi­lità che domani è nelle mani di chi deve giu­di­care Erri De Luca. Dovrà deci­dere se stare dalla parte della libertà, nelle sue varie e scon­fi­nate forme, o dalla parte della sovra­nità, con tutte le sue defor­ma­zioni totalizzanti.

Esi­ste uno stru­mento giu­ri­dico e filo­so­fico a dispo­si­zione di chi deve sce­gliere se stare da una parte o dall’altra del con­flitto. Que­sto stru­mento si chiama dignità umana. Nel dub­bio di una deci­sione com­plessa il rife­ri­mento alla dignità umana aiuta chi giu­dica a farlo pon­de­ra­ta­mente. In casi ben più com­plessi, dove con­flig­ge­vano libertà e sicu­rezza, la Corte Euro­pea dei diritti umani ha affer­mato che la deci­sione finale va presa sem­pre pro­muo­vendo o pro­teg­gendo la dignità umana, bene asso­luto non ecce­pi­bile e indisponibile.

Negare la libertà di pen­siero e di parola signi­fica dimez­zare la dignità umana. L’uomo è fatto di corpo e coscienza. Negare la libertà di coscienza signi­fica ridurre l’uomo a cosa, ridi­men­sio­narlo da fine a mezzo. Dun­que con­dan­nare Erri De Luca signi­fica far vin­cere lo Stato sulla per­sona, la sovra­nità sulla libertà, la sicu­rezza sulla dignità umana. Qua­lora Erri De Luca fosse con­dan­nato per le sue parole sarebbe un pri­gio­niero di coscienza che l’Italia si por­te­rebbe sulle pro­prie spalle.

Erri De Luca ha sem­pre affer­mato che qua­lora con­dan­nato non si appel­lerà a nulla e a nes­suno per evi­tare la con­danna. La sua scelta socra­tica met­te­rebbe a nudo il potere e il suo arbi­trio. Domani in un’aula di giu­sti­zia si discute e si mette in discus­sione tutto que­sto. Vedremo se vince la libertà della per­sona o pre­vale la forza delle istituzioni.

*Pre­si­dente Antigone

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