Finale triste per una testata a suo modo gloriosa. Che subisce anche l’affronto della cancellazione del sito con la perdita delle edizioni elettroniche e la dissipazione dell’archivio del cartaceo
Si sta amaramente concludendo la storia di Liberazione attraverso la liquidazione della società editrice, la Mrc spa. Ciò comporta il licenziamento definitivo di giornalisti e poligrafici dopo quattro anni di cassa integrazione a cui non sembra proprio nessuno avesse creduto realmente. Si sono in realtà giocate partite estranee al patrimonio di professionalità e alle potenzialità della testata. Questo ha fatto perdere una occasione enorme.
Una vicenda triste, tutto sommato. Che, tra l’altro, ha anche registrato l’orrenda cancellazione del sito con la perdita delle edizioni elettroniche e la dissipazione dell’archivio del cartaceo. Una damnatio memoriae immeritata perpetrata immotivatamente dalla proprietà. Davvero non si poteva ripensare un’altra mission per una testata che comunque ha tenuto botta per vent’anni? Davvero non si poteva aprire un dibattito ampio e diffuso su un “progetto informazione” sempre più urgente e non solo per il Prc? Una gestione da semplici notai della vicenda si è rivelata una scelta politica nociva, soprattutto per il Prc e per i suoi militanti, che dopo anni di cultura “dell’organo ufficiale” ora non riescono a calarsi nel ruolo di “lettore-autore-militante” dentro una rete web orizzontale e sempre in evoluzione. Ma questo sembra non interessare a un partito che ha scelto da tempo su questo di vivere sull’emergenza.
Al di là delle vicende professionali individuali, dolorose come tante altre di questi tempi, la liquidazione di Liberazione segna davvero una brutta pagina, per di più consumata in completo silenzio. Nel corso della recente Conferenza di organizzazione del Prc è arrivato un flebile segnale, immediatamente disperso. Non c’è mai stata una sede in cui si sia aperto un dibattito serio sul ruolo dell’informazione e della comunicazione. Il corpo del partito, pigramente, vivendo il tema come “cosa loro”, non ha mostrato, al di là di qualche eccezione, alcun segnale di attenzione. Risultato, da una fantomatica scadenza a un’altra, ora la promessa è che tra sei mesi…
Sembra più che altro un modo per cavarsela, oggi. È troppo chiedere una riflessione sul ruolo della rete e dei nuovi scenari mediatici? È così difficile capire che c’è un qualche tipo di relazione tra il concetto di rete web e il concetto di rete di militanti e simpatizzanti? È vero, la rete web è un’organizzazione senza “organizzazione”, ma questo è davvero così lontano dal nostro passato o dal perimetro delle “nuove pratiche”? Davvero così lontano da noi? Un partito che si dice “rifondaiolo” avrebbe dovuto capire per tempo che su informazione e comunicazione siamo ad un pericoloso punto di non ritorno. A sinistra c’è ancora chi pensa che alla fine ciò che è centrale è “aprire un sito” e riempirlo di contenuti senza poi preoccuparsi di promuoverlo nell’ambito “social”. Una bulimia redazionale che corrisponde di fatto a un mutismo di tipo nuovo, e inconsapevole. I militanti e i simpatizzanti del Prc non hanno davvero nulla da dire in proposito? Davvero basta loro, come recita il “paleolitico” punto tre dell’ultima direzione nazionale, mettere in comune gli indirizzari?
*ex giornalista di Liberazione
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