Oggi in Gre­cia, domani in Italia

Riletture . Ad Atene nessuna «rivoluzione sociale» ma un episodio che mostra l’odierna forma della lotta di classe

«Oggi in Gre­cia domani in Ita­lia»: la ten­ta­zione di para­fra­sare il titolo di un libro (Oggi in Spa­gna domani in Ita­lia, di Carlo Ros­selli) nono­stante la distanza del tempo e dei con­te­sti, può rispon­dere anche a ragioni che non si esau­ri­scono sol­tanto nel fatto che si tratta di un testo par­ti­co­lar­mente evo­ca­tivo di sug­ge­stioni com­pa­ra­tive. Alcune della sug­ge­stioni sono anche indi­ca­tive per que­sto nostro pre­sente ita­liano in cerca si un sog­getto politico-sociale capace di vera resi­stenza. «La rivo­lu­zione spa­gnola è la nostra rivo­lu­zione», scrive Ros­selli, una «rivo­lu­zione sociale che ha ormai per sé tutto: la ragione, la sto­ria, la giu­sti­zia, il diritto democratico».

Non c’è nes­suna «rivo­lu­zione sociale» oggi in Gre­cia, ma c’è comun­que un epi­so­dio para­dig­ma­tico della forma odierna assunta dalla lotta di classe. Una forma aspra, duris­sima che ha pro­dotto però una resi­stenza pas­si­bile di futuro. Ancora Ros­selli: «Noi non siamo dei vinti, siamo dei com­bat­tenti». Eppure gli anti­fa­sci­sti ita­liani, tede­schi, ecc. erano stati scon­fitti e dispersi. In Gre­cia gli scon­fitti del lungo ciclo di accu­mu­la­zione capi­ta­li­stica in atto stanno dimo­strando di essere dei «combattenti».

Sem­pre nel libro in que­stione scrive Ros­selli: «Nella lotta poli­tica non è suf­fi­ciente aver ragione in teo­ria. Biso­gna averla in pra­tica. Biso­gna dare armi alla ragione, ren­derla mili­tante». Sul piano dell’analisi teo­rica esi­ste ormai una vastis­sima let­te­ra­tura di rife­ri­mento a carat­tere eco­no­mico, socio­lo­gico, antro­po­lo­gico, sto­rico… i cui risul­tati, dif­fi­cil­mente con­tro­ver­ti­bili, hanno fatto da tempo giu­sti­zia dell’ideologia della fine della lotta di classe. La vicenda greca ha spaz­zato via il masche­ra­mento ideo­lo­gico dalla pra­tica poli­tica. Ha reso mili­tanti le ragioni, le ottime ragioni, della teoria.

La chia­rezza con cui si dispie­gano davanti ai nostri occhi le logi­che della forma di lotta di classe in atto, sta ridi­se­gnando e ren­dendo più netti i con­fini delle forze in campo. Non che que­sto signi­fi­chi un muta­mento rile­vante dei rap­porti di forza tra capi­tale e ceti subal­terni, rap­porti che restano total­mente squi­li­brati a favore del capi­tale, tut­ta­via lo sma­sche­ra­mento dell’ideologia della fine (del con­flitto, della lotta di classe, della sto­ria: tutte com­po­nenti della stessa nar­ra­zione domi­nante) intro­duce mec­ca­ni­smi dina­mici in un sistema dato per consolidato.

Innan­zi­tutto costringe a ragio­nare in ter­mini di capi­tale. I «com­bat­tenti» greci sono diven­tati rapi­da­mente con­sa­pe­voli che l’elemento motore dell’immane forza con cui si stanno scon­trando è rap­pre­sen­tato non solo dall’enorme massa di risorse del finanz-capitalismo, ma soprat­tutto dalle carat­te­ri­sti­che pro­tei­formi di tale quantità-denaro. Dalla pos­si­bi­lità di mani­fe­starsi come insieme dif­fe­ren­ziato di isti­tu­zioni finan­ziare e con­tem­po­ra­nea­mente come insieme dif­fe­ren­ziato di isti­tu­zioni politiche.

Per capire cosa stava dav­vero suc­ce­dendo al di là delle cor­tine fumo­gene sol­le­vate dall’imponente volume di fuoco sca­ri­cato in ogni set­tore (media, finanza, poli­tica) dagli attuali «vin­ci­tori della lotta di classe», secondo l’espressione senza infin­gi­menti del finan­ziere War­ren Buf­fet, gli attuali per­denti sono stati costretti a non fer­marsi all’analisi della sfera dei movi­menti della massa monetaria.

Si sono tra­sfor­mati in «com­bat­tenti» quando hanno comin­ciato ad affron­tare l’analisi del «capi­tale» non in ter­mini di «cose», bensì di «rap­porti». Le forme di valo­riz­za­zione del capi­tale deci­dono anche delle forme dei rap­porti sociali e deci­dono anche delle forme della lotta di classe. Solo pas­sando dalla super­fi­cie al pro­fondo (e vice­versa) si apre la pos­si­bi­lità che le ragioni della teo­ria pos­sano diven­tare ragioni militanti.

L’importanza della posta in gioco è ben pre­sente soprat­tutto ai bene­fi­ciari e garanti dell’ordine economico-sociale domi­nante, che non lasce­ranno niente di inten­tato, come hanno fatto e stanno facendo anche in que­ste ore, per evi­tare che il mec­ca­ni­smo por­ta­tore del livello di con­sa­pe­vo­lezza cui sono giunti i greci, possa esten­dersi ad altre parti d’Europa. Per que­sto, come è stato detto, i ribelli devono essere impic­cati alle colonne del Par­te­none. Per que­sto, visti i rap­porti di forza in atto e il carat­tere diri­mente della par­tita, ben dif­fi­cil­mente i «com­bat­tenti» greci potranno spe­rare in suc­cessi nel breve periodo. Tut­ta­via sono pos­si­bili par­ziali avan­za­menti e soprat­tutto il raf­for­za­mento di una pro­spet­tiva analitico-politica che va ben al di là della Gre­cia. Una strada si è aperta; spetta a tutti noi per­cor­rerla per allar­garla ed approfondirla.

Quella con­sa­pe­vo­lezza che ha tra­sfor­mato gli scon­fitti greci in «com­bat­tenti» non può non essere alla base dei pro­cessi in corso, anche in Ita­lia, per la costruzione/ricostruzione di un campo di forza alter­na­tivo alle ragioni del capi­tale. Ciò signi­fica che per lo meno i con­fini nell’ambito dei quali tale pro­cesso deve muo­versi si deli­neano in maniera chiara e netta. Non è poco.

Non mi sof­fer­merò in que­sto arti­colo sulla carat­te­ri­sti­che dell’ampio dibat­tito a pro­po­sito. Molti inter­venti insi­stono sulla «imma­tu­rità» del ten­ta­tivo. Voglio ricor­dare che quando, nel 1892, fu fon­dato il Psli, Anto­nio Labriola, il più grande teo­rico mar­xi­sta euro­peo di allora, giu­dicò nega­ti­va­mente l’accaduto pro­prio per­ché i tempi non erano maturi. Filippo Turati ne colse invece le pos­si­bi­lità. Il grande intel­let­tuale ha avuto torto di fronte al teo­ri­ca­mente mode­sto uomo politico.

Nono­stante quell’errore di pro­spet­tiva oggi avremmo dav­vero biso­gno di un Anto­nio Labriola. Natu­ral­mente è impos­si­bile, ma dia­moci da fare a cer­care qual­che mode­sto Filippo Turati.

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