Intervista. «Fare della nostra presenza casuale all’incontro della Coalizione sociale la prova cruciale della dipendenza di Landini dai sovversivi, svela un’idea cospirativa della politica. Matteo Renzi più che l’”amato” La Pira, ricorda Fanfani»
Franco Piperno, docente di Fisica ed ex leader di Potere Operaio, non ha ancora mandato giù la polemica scatenatasi a causa della sua presenza al primo incontro della Coalizione sociale, tenutosi a Roma pochi giorni fa.
Professore Piperno, è bastato che lei ed Oreste Scalzone foste presenti ad un’assemblea convocata da Maurizio Landini, e subito si è scatenata la caccia agli eretici. Come quando la espulsero dal Pci per le sue posizioni critiche sull’Urss…
Conosco bene la sala convegni in cui si è svolta l’assemblea. È la stessa che ci ospitava tanti anni fa. Era stata la sala della Federazione Comunista romana. All’epoca, ancora il PCI ci guardava con simpatia. Da allora in quella sezione è passato Veltroni, questo giovane finto-comunista a suo dire, quindi quel luogo porta abbastanza iella. Ecco perché ero in dubbio se andare o no all’iniziativa di Landini. Mi ci sono trovato quasi per caso: avevo un appuntamento con i compagni di ESC, una delle organizzazioni che hanno aderito all’iniziativa. Ci saremmo potuti incontrare al bar all’angolo e non sarebbe successo niente. Questo la dice lunga su come Renzi e il Pd vedano fantasmi ovunque. Farne una prova cruciale della dipendenza di Landini dai sovversivi, rivela un’idea cospirativa della politica. In fondo Renzi, essendo fiorentino, è un cospiratore nato.
A differenza di tanti personaggi più o meno presentabili iscritti al Pd, essendo della generazione degli anni settanta, tra esilio e carcere, lei un conto lo ha pagato…
Non vorrei accentuare le mie tentazioni vittimistiche, ma senza alcuna prova sono stato oggetto di accuse cosmiche che andavano dal tentativo di distruggere l’ordine mondiale a 23 omicidi, 40 rapine. Alla fine sono stato condannato solo per costituzione di un’associazione sovversiva che era Potere Operaio. Devo ringraziare Paesi come la Francia e il Canada che avevano un fondamento di diritto più sicuro di quello che viene a noi da Beccaria a Berlinguer. Fu un problema di un’intera generazione. Basti pensare che son finite in galera 20mila persone. Di carcere vero e proprio io ho fatto poco più di un anno. Ci sono compagni che per gli stessi reati ne hanno scontato nove. La legislazione speciale è dovuta agli uomini di Stato come Massimo D’Alema che si vantano d’aver sconfitto il terrorismo, ma non si assumono la responsabilità storica di aver avuto in Italia una generazione che ha preso le armi.
Quando il sindaco di Cosenza, Giacomo Mancini, la nominò assessore ai Vigili urbani, Toni Negri affettuosamente commentò: finalmente Piperno a capo di una “banda armata”… legale! Ma Renzi sa che per fare l’assessore lei ha ottenuto una riabilitazione dai tribunali italiani?
Non credo che si ponga il problema. Io non sono stato mai condannato per fatti di sangue. Ho sempre riconosciuto di aver militato in Potere Operaio e lo farei ancora. Per me la sovversione è un diritto. Naturalmente ha un costo. La legge italiana, che è quella fascista del codice Rocco, prevede la galera per i militanti di un’associazione sovversiva, al di là dei reati effettivamente commessi”.
Renzi usa lo spauracchio degli anni settanta per indebolire Landini come Salvini cavalca la xenofobia per indebolire Renzi. Ma perché il premier teme tanto Landini?
Renzi è un sorta di moderato di destra. Più che simile a La Pira, come lui si vanta d’essere, io lo assocerei a Fanfani, anch’egli a suo tempo legato a La Pira, però con un fare decisionista simile proprio a quello di Renzi. Gli riconosco una forte energia. Penso invece al viso di Fassino che sollecita un gesto scaramantico. Renzi concepisce tutto però come un attività del leader. Il partito serve solo a raccogliere voti. Questo accanimento del premier contro Landini e contro chiunque emerga in una prospettiva diversa dalla sua, è dovuto al carattere personale della politica che lui interpreta, cioè il rapporto del leader col popolo dei teleutenti”.
Punti di forza della nascente coalizione?
Landini non ha commesso l’errore di convocarla nell’imminenza di una scadenza elettorale. Inoltre, dopo Trentin, lui è l’unico sindacalista che ammette gli errori del sindacato.
E se la Fiom usasse la crisi per mandare Landini alla segreteria della Cgil?
Sarebbe sempre meglio di quella che c’è ora. Ma troppo poco rispetto alla prospettiva politica generale.
Cosa pensa della battaglia per il reddito di cittadinanza?
È anacronistica, però sarebbe meglio di niente. Negli anni settanta era una campagna collegata al rifiuto del lavoro. All’epoca volevamo permettere agli operai che lavoravano troppo, di avere il tempo per dedicarsi alle lotte. Avveniva molto prima che Grillo si convertisse alla politica. L’economia italiana tirava. Adesso il lavoro non c’è, quindi il reddito di cittadinanza viene a configurarsi come un sostegno al consumo.
Un esempio?
In Canada è previsto dagli anni Sessanta, ma questo non ha modificato il modo di vivere, non ha reso più libero il lavoro. Bisogna evitare l’errore che commette il Movimento 5 Stelle: non può essere il tema centrale. Il problema è riuscire a far coincidere l’attività preferita dal soggetto con il lavoro che il medesimo svolge. Moltiplicare le esperienze di autoproduzione ed autorganizzazione come quella francese della comunità di Tarnac o le Officine Zero a Roma.
Pingback: Franco Piperno: «Io e Oreste fantasmi del Pd» – Micciacorta | NUOVA RESISTENZA