Decreti Jobs act. Il testo sulle semplificazioni toglie il divieto previsto nell’articolo 4 dello Statuto. Sarà possibile essere licenziati per aver usato telefono e pc aziendali. Solidarietà espansiva: a rischio 4mila assunzioni Telecom
La possibilità è tutt’altro che teorica. Essere licenziati per aver usato il telefono o il computer aziendale in modo improprio. Il tutto grazie al Jobs act e all’ennesima cancellazione di una parte dello Statuto dei lavoratori. Nel decreto delegato «semplificazioni» all’articolo 23 ad essere totalmente stravolto è l’articolo 4, quello che prevedeva come «è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori».
La subordinata riguardava la possibilità di prevedere controlli «per esigenze organizzative o produttive» o «di sicurezza del lavoro» «soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali».
Ebbene, la ratio della norma viene totalmente ribaltata dal governo Renzi semplicemente cancellando la parola «vietato». Ora è tutto possibile. Ma se per i controlli audiovisivi si prevede «previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria», per quanto riguarda «gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze» l’accordo sindacale non è richiesto.
Di più. Al comma successivo (terzo) si precisa come «le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro». Compresi naturalmente le sanzioni disciplinari fino al licenziamento. Unica condizione imposta alle imprese è «che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli».
Una misura che viene definito «un colpo di mano» dalla Cgil. «Non è mai stato detto che nel decreto “Semplificazioni” sarebbe entrata la norma sul controllo a distanza dei lavoratori», attacca il segretario confederale Serena Sorrentino. «Il modo in cui è formulato pone un punto di arretramento pesante rispetto» allo Statuto dei lavoratori perché «non occorrerà più l’autorizzazione sindacale o delle direzioni territoriali del ministero per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati dallo stesso lavoratore per la prestazione lavorativa pur se da questi derivi la possibilità di controllarlo: dal telefono, al tablet, al pc, al gps, a qualsiasi strumento che abbia un microchip!». «Non solo daremo battaglia in Parlamento — conclude Sorrentino — ma verificheremo con il garante della privacy se ciò si può consentire».
Il decreto è uno dei quattro finalmente approdati alla Camera svelando i testi approvati in Consiglio dei ministri a cinque giorni dalla riunione di giovedì scorso.
Negli altri 42 articoli ci sono tanti altri favori alle imprese a partire da una lunga serie di «semplificazioni sugli adempimenti formali concernenti gli infortuni sul lavoro» che rischiano di ridurre la sicurezza sul lavoro. Tra le semplificazioni ce ne sono poi di alquanto bizzarre. All’articolo 12 ad esempio si prevede la «Soppressione dell’albo nazionale dei centralinisti telefonici privi della vista».
Il decreto sugli ammortizzatori sociali invece rischia di cancellare ben 4mila nuovi posti di lavoro. Sono quelli promessi dalla Telecom che voleva utilizzare la cosiddetta «solidarietà espansiva»: la riduzione di orario di solito usata per evitare i licenziamenti (cavallo di battaglia della Fiom perché rispetto alla cassa integrazione consente un salario più alto per i lavoratori) potrà ora essere usata anche per assumere nuovo personale. Piccolo particolare: Telecom — come tutti le imprese e anche i sindacati — si aspettava che la norma fosse accompagnata da incentivi fiscali. Che invece mancano completamente. Mettendo a rischio le 4 mila assunzioni presenti nel piano industriale.
A parte il decreto sulla conciliazione dei tempi di vita, è l’ultimo decreto — quello sulla “razionalizzazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro” — a destare non poche critiche. Il governo istituisce l’Ispettorato nazionale del lavoro «che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’Inps e dell’Inail». «La struttura è molto fumosa — attacca il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy — ma finalmente il governo riesce a creare otto nuovi posti di lavoro pieni e reali: sono il presidente, i quattro membri del consiglio d’amministrazione e i tre del collegio dei revisori».
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