Cuba è fuori dalla lista nera

CUBA. Dopo l’annuncio del Dipartimento di stato, a Miami protestano i falchi anticastristi

Cuba è uscita uffi­cial­mente dalla lista dei paesi patro­ci­na­tori del ter­ro­ri­smo che il governo degli Stati Uniti si sente in diritto di ela­bo­rare ogni anno. L’isola era stata inse­rita nel gruppo di paesi “cana­glia” nel 1982 a causa del suo (sup­po­sto) appog­gio alla guer­ri­glia colom­biana (Farc e Eln) e all’Eta basca e per aver dato rifu­gio ad alcuni con­dan­nati dalla giu­sti­zia Usa. «Cuba è un paese paci­fi­sta e oggi ne abbiamo la dimo­stra­zione». Il pre­si­dente della Boli­via Evo Mora­les si è unito con que­sto com­mento alla sod­di­sfa­zione espressa da altri lea­der suda­me­ri­cani per una deci­sione che apre la via alla piena nor­ma­liz­za­zione dei rap­porti tra Cuba e Usa. E, pro­prio per que­sto, l’annuncio è stato invece accolto con rea­zioni ostili a Miami dai fal­chi anti­ca­stri­sti, ben rap­pre­sen­tati nel Par­tito republicano.

In un mes­sag­gio inviato al Con­gresso in occa­sione della sua par­te­ci­pa­zione al ver­tice delle Ame­ri­che di Panama il 14 aprile — dove ha avuto un col­lo­quio con Raúl Castro– il pre­si­dente Obama aveva rati­fi­cato che il governo di Cuba «non ha offerto alcun appog­gio al ter­ro­ri­smo negli ultimi sei mesi» e aveva dato la sua «garan­zia che in futuro non avrebbe appog­giato atti di ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale». Il Con­gresso aveva 45 giorni per esa­mi­nare ed even­tual­mente con­te­stare tale linea. Venerdì, vista l’assenza di obie­zioni dei legi­sla­tori, il Dipar­ti­mento di stato ha annun­ciato che «anche se gli Usa sono pre­oc­cu­pati e in disac­cordo con una vasta serie di azioni e poli­ti­che di Cuba… que­ste non rien­trano nei cri­teri usati» per inclu­derla tra i paesi pro­mo­tori del ter­ro­ri­smo internazionale

La rimo­zione dalla lista nera nor­da­me­ri­cana era una delle richie­ste avan­zate dall’Avana per dare il via libera all’apertura delle rispet­tive amba­sciate nel qua­dro delle trat­ta­tive per nor­ma­liz­zare le rela­zioni. I due paesi hanno con­cluso la set­ti­mana scorsa la quarta ses­sione dei nego­ziati senza annunci uffi­ciali ma met­tendo in chiaro che l’apertura delle amba­sciate «era vicina». In sostanza legata all’annuncio dell’esclusione di Cuba dalla lista nera Usa. Anche una dele­ga­zione (l’ennesima da quando il 17 dicem­bre scorso Obama e Raul Castro annun­cia­rono la fine della guerra fredda tra i due paesi) di cin­que sena­tori demo­cra­tici gui­dati da Tom Udall aveva espresso mer­co­ledì il parere che «entro pochi giorni» sarebbe giunto l’annuncio dell’apertura delle sedi diplo­ma­ti­che. In una con­fe­renza stampa, i sena­tori ave­vano dichia­rato che la mag­gio­ranza degli ame­ri­cani e del Con­gresso era «favo­re­vole al pro­cesso di nor­ma­liz­za­zione e alla fine dell’embargo». Misure osteg­giate, a loro dire, solo «da una mino­ranza di parlamentari».

La deci­sione del governo Usa non è solo poli­ti­ca­mente sim­bo­lica –rico­no­sce che la poli­tica estera cubana pur essendo spesso in con­flitto con Washing­ton non ha nulla a che vedere con l’estremismo armato — ma com­porta per Cuba l’eliminazione di una serie di san­zioni, come la proi­bi­zione di ven­dere armi, di rice­vere aiuti eco­no­mici e di ope­rare tran­sa­zioni finan­zia­rie. E l’inserimento a pieno titolo di Cuba in mis­sioni patro­ci­nate dall’Onu, come ha affer­mato il poli­to­logo cubano-americano Jorge Domín­guez in un’intervista al quo­ti­diano spa­gnolo El País nella quale ipo­tizza che le Forze armate cubane potreb­bero diven­tare «uno dei mag­giori for­ni­tori di caschi blu».

Da parte ame­ri­cana rimane la richie­sta che ven­gano tolte le restri­zioni di viaggi nell’isola ai loro diplo­ma­tici all’Avana, misura impo­sta per reci­pro­cità dal governo cubano, il quale, per revo­carla, chiede garan­zie che cessi la poli­tica di inge­renza finora eser­ci­tata dai sudetti diplo­ma­tici (nella sede della Sezione di inte­resse Usa ven­gono orga­niz­zati corsi e riu­nioni degli oppo­si­tori cubani i quali pos­sono usare una serie di faci­li­ties, come internet).

Dall’inizio del disgelo, la pre­senza nell’isola di sta­tu­ni­tensi è cre­sciuta del 36% nono­stante riman­gano le proi­bi­zioni dell’embargo (solo una serie di per­sone che rien­tra nelle dodici cate­go­rie – cubano ame­ri­cani, mis­sioni uma­ni­ta­rie, ong, viaggi stu­dio, ecc .- esen­tate per ini­zia­tiva di Obama sono auto­riz­zate a viag­giare nell’isola). Soprat­tutto, la capi­tale non cessa di essere meta di poli­tici, arti­sti e spor­tivi nor­da­me­ri­cani. Lo stesso Obama ha fatto sapere che sarebbe «incan­tato» dall’idea di una visita uffi­ciale nell’isola prima della fine del suo man­dato. Men­tre il segre­ta­rio di Stato Kerry è atteso per la ria­per­tura dell’ambasciata Usa. In que­sti giorni, fa scal­pore la visita della can­tante delle Bar­ba­dos, Rihanna, “usata” come modella dalla famo­sis­sima foto­grafa Annie Lei­bo­vitz per un ser­vi­zio di Vanity Fair. Il due giu­gno vi sarà poi una par­tita ami­che­vole di cal­cio tra la squa­dra nor­da­me­ri­cana Cosmos e una sele­zione cubana. E’ pre­vi­sta la pre­senza di Pelé, ex gio­ca­tore del Cosmos e amba­scia­tore del football.

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