Rimosso l’agente. Il resto passa

Genova 2001. Destituito Tortosa, il poliziotto che non ha visto nulla di anomalo nella Diaz. Alfano trova così la via d’uscita al verminaio suscitato dalle frasi choc su Facebook

«Se pen­sano che per chiu­dere la ferita Diaz e venire a capo dei sen­ti­menti che l’hanno attra­ver­sata in que­sti anni sia suf­fi­ciente libe­rarsi del sot­to­scritto e di qual­che altro col­lega, si sba­gliano». Sta­volta non si può che essere d’accordo con la dichia­ra­zione rila­sciata a Repub­blica da Fabio Tor­tosa — il poli­ziotto che su Face­book ha riven­di­cato con orgo­glio l’irruzione nella scuola del mas­sa­cro durante il G8 di Genova sol­le­vando il ver­mi­naio che evi­den­te­mente ancora cova tra le forze dell’ordine — sospeso dal ser­vi­zio ieri mat­tina, come anche il diri­gente del Reparto mobile di Cagliari, Anto­nio Ador­nato, che aveva mani­fe­stato apprez­za­mento per il suo post.

Parole, le sue («in quella scuola rien­tre­rei mille e mille volte»), e dei suoi col­le­ghi («tor­tu­ra­tori con le palle») giu­sta­mente san­zio­nate per­ché oltre­pas­sano il limite della libertà di espres­sione. Ma che mostrano al con­tempo un’omertà e uno spi­rito came­ra­te­sco da ultrà che è alla base dell’opacità delle forze dell’ordine. Pro­ble­ma­tica messa in evi­denza dalla stessa con­danna della Corte euro­pea dei diritti dell’uomo, e che non si com­batte con due espul­sioni, come fanno notare in molti, da Sel al sena­tore Man­coni che ha depo­si­tato un’altra pro­po­sta per isti­tuire una com­mis­sione d’inchiesta sui fatti di Genova, fino al segre­ta­rio del Prc Paolo Ferrero.

Il mini­stro dell’Interno invece spera che con il prov­ve­di­mento emesso dal capo della poli­zia Ales­san­dro Pansa si metta una pie­tra sull’intera vicenda. «Abbiamo fatto il giu­sto e lo abbiamo fatto pre­sto», twitta Alfano in per­fetto stile renziano.

Ma Tor­tosa non ci sta: «Sono una vit­tima sacri­fi­cale, quello che ho scritto su Face­book è sulle carte pro­ces­suali da 14 anni», dice annun­ciando l’intenzione di voler «ricor­rere per vie legali con­tro la sospensione».

Poi aggiunge una serie di scuse: «Non sono un tor­tu­ra­tore. Non lo siamo stati noi del VII Nucleo. Non abbiamo com­messo alcun atto con­tra­rio alle norme e all’etica di ogni uomo. E solo per que­sto motivo ho scritto che sarei tor­nato alla Diaz». Ma anche una serie di verità a comin­ciare dal fatto che lui e tanti altri sono entrati alla Diaz «obbe­dendo ad un ordine». Che fosse «legit­timo» o meno è altra sto­ria. Vero è che appare oggi «grot­te­sco che nono­stante mol­te­plici sen­tenze non si sia fatta piena luce» e ora siano solo loro a pagare.

Il realtà, il caso Tor­tosa ha fatto già scuola.

A Genova, per esem­pio, l’assessore Mon­taldo ha deciso di annul­lare il con­ve­gno pre­vi­sto per oggi sulla «salute in car­cere» la cui dire­zione scien­ti­fica è stata affi­data alla dot­to­ressa Zac­cardi, medico che operò nella caserma di Bol­za­neto, con­dan­nata in appello (con con­danna poi pre­scritta) per trat­ta­mento inumano.

Va ricor­dato che a Bol­za­neto c’erano quella sera per­so­nale di poli­zia peni­ten­zia­ria, poli­zia di Stato, cara­bi­nieri e medici dell’amministrazione penitenziaria.

Eppure, Pansa è con­vinto che oggi la poli­zia è cam­biata, rispetto a 14 anni fa: «Abbiamo altri modelli com­por­ta­men­tali e altre tec­ni­che ope­ra­tive. La poli­zia è pala­dina della lega­lità». Ecco per­ché «se c’è qual­cuno che sba­glia, sba­glia lui, e verrà sanzionato».

Un rigore che ovvia­mente non accon­tenta la Lega né la destra e nep­pure gran parte dei sin­da­cati di cate­go­ria. «Mi ha stu­pito un capo della poli­zia che parla dei suoi uomini come se fino a qual­che anno fa fos­sero stati dei macel­lai: pro­ba­bil­mente ha sba­gliato mestiere», attacca Mat­teo Sal­vini. Daniela San­tan­ché e i Fra­telli d’Italia ovvia­mente giu­sti­fi­cano ciò che nem­meno Tor­tosa ha più il corag­gio di difen­dere. E Forza Ita­lia non perde l’occasione per lavo­rare ai fian­chi il suo com­pe­ti­tor: «Alfano è forte con i deboli e debole con i forti».

I sin­da­cati di poli­zia più con­ser­va­tori par­lano di «tri­ta­carne media­tico», «cac­cia alle stre­ghe» e «san­zione pre­ven­tiva» e qual­cuno annun­cia un espo­sto con­tro chi inneg­gia sui social all’odio verso Tor­tosa. Addi­rit­tura, Ste­fano Spa­gnoli, segre­ta­rio nazio­nale della Con­sap, arriva a chie­dere per il suo col­lega iscritto alla Con­fe­de­ra­zione sin­da­cale auto­noma di poli­zia che «si valuti imme­dia­ta­mente l’opportunità di asse­gnare a Tor­tosa e alla sua fami­glia una scorta di ade­guato livello, magari toglien­dola ai molti che ne bene­fi­ciano senza un giu­sti­fi­cato motivo». Ma per­fino Daniele Tis­sone, segre­ta­rio del Silp-Cgil, parla di «stru­men­ta­liz­za­zioni»: «Il dibat­tito sulla sicu­rezza è qual­cosa di serio e andrebbe ricon­dotto nelle sedi oppor­tune, al di fuori di facili sen­sa­zio­na­li­smi», com­menta Tis­sone che però ricorda ai col­le­ghi che «chi rive­ste un ruolo di ser­vi­tore dello Stato deve sem­pre tenere bene a mente che le dichia­ra­zioni, in par­ti­co­lare quelle sui social, hanno un peso spe­ci­fico maggiore».

Il Pd, invece, quasi come un sol uomo, con rare ecce­zioni, difende la via d’uscita ideata dal governo e messa in opera da Pansa. Per esem­pio, la pre­si­dente della com­mis­sione Giu­sti­zia della Camera, Dona­tella Fer­ranti: «Pansa ha scat­tato la foto­gra­fia della poli­zia attuale. C’è stata una rifles­sione interna, per­ciò fatti come quelli di Genova non potreb­bero più acca­dere — risponde inter­pel­lata dal mani­fe­sto — Il resto appar­tiene al pas­sato, che certo avrebbe avuto biso­gno di una valu­ta­zione poli­tica più appro­fon­dita, ma io non c’ero a quell’epoca e dun­que mi fermo qui».

Certo però, a giu­di­care dallo spac­cato che il post di Tor­tosa ha rive­lato, sem­bra ancora per­si­stere da qual­che parte, in seno ai corpi di poli­zia, una certa estra­neità alla cul­tura della lega­lità e al rispetto costi­tu­zio­nale. E allora, si potrebbe andare più a fondo con una com­mis­sione d’inchiesta? «Non so, mi astengo — risponde Fer­ranti — Se doves­simo aprire una com­mis­sione per ogni fatto oscuro d’Italia… Però se qual­cuno la pro­pone io non mi oppongo».

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