“Mi hanno fatto cambiare il referto”. La rivelazione al processo contro l’agente Paradiso accusato di aver colpito un giovane nel 2012
ROMA . «Mi dissero: se non firmi non ti facciamo uscire dalla stanza. Se non firmi ti troviamo per strada e non sappiamo quello che ti potremmo fare». Si blocca Claudia Siciliano, non è una esitazione, è solo il pianto che le si strozza in gola mentre racconta in aula, in qualità di testimone, quello che le accadde negli uffici della Digos a Roma il 17 novembre del 2012: «Io l’ho firmato (il verbale, ndr) contro la mia volontà e quindi oggi vi dico che lo disconosco». Un macigno lanciato nel processo contro Alfio Paradiso, l’agente di polizia imputato di lesioni personali aggravate, accusato di aver pestato a colpi di manganello, durante una manifestazione per le politiche del governo Monti, Giacomo Capriotti.
Chi parla a dibattimento è il medico del 118 Claudia Siciliano, che soccorse il ragazzo il 14 novembre del 2012 dopo gli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti vicino a Ponte Sisto. Il poliziotto Alfio Paradiso venne immortalato da un video mentre col suo sfollagente colpiva alla nuca Capriotti. Eccessiva violenza del poliziotto che scatenò indignazione nell’opinione pubblica e l’immediata indagine della procura.
Ad intervenire per medicare i feriti degli scontri c’era appunto Claudia Siciliano. Medico che, il giorno stesso della manifestazione, stilò un referto in cui dava atto che Capriotti aveva riportato delle lesioni e delle escoriazioni multiple. Una diagnosi che pochi giorni dopo, sentita dagli agenti della Digos, sconfessò: “Rossori cutanei senza lacerazioni e perdite ematiche”, disse a verbale la donna. Ed è su questa contraddizione che la Siciliano ieri in aula, davanti al sostituto procuratore Luca Tescaroli, fornisce la sua versione dei fatti. Il medico sostiene che il 17 novembre, tre giorni dopo gli scontri, quando venne sentita a Roma da due uomini in divisa negli uffici della Digos, fu costretta a firmare un verbale “senza nemmeno leggerlo. Mi opposi ma loro mi dissero che non sarei uscita dalla stanza e che mi avrebbero trovato per strada”. Una minaccia, spiega la donna visibilmente scossa a processo, di fronte alla quale decise di firmare pur di andare via.
Tuttavia il primo a rendersi conto della differenza tra i traumi indicati nel referto e il successivo verbale della Digos, fu lo stesso pubblico ministero Luca Tescaroli. Magistrato che indagava sul poliziotto Alfio Paradiso e che il 14 dicembre del 2012 decise di sentire il medico nel suo ufficio. Un secondo verbale in cui la donna, nonostante le domande del pm Tescaroli, confermò quanto contenuto nel primo resoconto redatto dalla Digos: “Preciso – spiegò il medico al pm – che con la dicitura escoriazioni, che è quella riportata nel referto, devono intendersi rossori cutanei senza lacerazioni e perdite ematiche”.
L’ennesima versione dei fatti dunque volta ad attenuare la gravità delle lesioni riportate da Capriotti, che confermava quanto già riportato dalla Digos. Verbale che la donna ieri a processo ha invece completamente disconosciuto, «non l’ho letto e non me lo hanno letto», e che potrebbe a questo punto portare il pubblico ministero Luca Tescaroli ad aprire una nuova indagine sul caso.
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