Riscrivere la storia del G8 servirebbe anche a capire se c’è interesse in questo Paese per i diritti umani o se lo rispolveriamo solo quando quei diritti sono violati fuori dai nostri confini
La recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul massacro della scuola Diaz nella notte tra il 21 e 22 luglio 2001 pone temi nuovi che si sommano ai tanti sollevati dai fatti tragici accaduti nel corso del G8 di Genova. Su questi ultimi non si volle indagare con una commissione parlamentare d’inchiesta, proposta bocciata da tutto il centrodestra con il determinante appoggio del moralizzatore Di Pietro. Ne seguì una insignificante commissione parlamentare senza i poteri dell’autorità giudiziaria, all’interno della quale le voci preminenti dell’allora sinistra moderata (Ds–L’Ulivo e Margherita-L’Ulivo) si affettarono a correre in soccorso del partito della polizia e, con innocue domande al limite del ridicolo, aggiunsero al danno la beffa.
Con i processi sui fatti della scuola Diaz ultimati, la Corte di Strasburgo ha avuto il quadro completo di ciò che è accaduto quella notte e ha sentenziato che si era trattato di atti tortura, di trattamenti inumani e degradanti perpetrati da un corpo di polizia che, però, non hanno ricevuto che lievi sanzioni o proscioglimenti per prescrizione, per mancanza di una normativa adeguata. Gli autori materiali delle violenze, inoltre, non sono stati mai identificati e ciò, si rammarica la Corte, perché «la polizia ha potuto impunemente rifiutare di fornire alle autorità competenti la cooperazione necessaria all’identificazione degli agenti suscettibili di essere implicati negli atti di tortura». Di ciò, sempre secondo la Corte, non ne ha la responsabilità la magistratura che, anzi, data la assoluta mancanza di collaborazione degli apparati dello stato, ha fatto tutto ciò che poteva.
Il giudizio è arrivato su ricorso di Arnaldo Cestaro che all’epoca dei fatti aveva 62 anni e che, venuto da Roma a dimostrare pacificamente, era poi andato a dormire alla Diaz, dove era stato pestato a sangue riportando fratture e lesioni permanenti. Tra qualche tempo arriverà anche il responso della Corte sui fatti di Bolzaneto, dove le torture furono più “scientifiche” perché lontane da occhi indiscreti e su soggetti che, formalmente, erano affidati alla custodia degli agenti di polizia penitenziaria. Non credo però che si debba aspettare anche questa seconda sentenza perché quello che è rimasto della sinistra debba riproporre una commissione parlamentare d’inchiesta su quei fatti. Non vi sono pericoli di interferenze con l’attività della magistratura dato che, come detto, i processi sono stati definiti, i poliziotti violenti l’hanno fatta franca e molti funzionari coinvolti hanno pure fatto carriera. Non è di ostacolo l’assoluzione di De Gennaro perché riguarda un caso del tutto scollegato con i fatti oggetto del giudizio di Strasburgo. Non vi sono problemi di reperimento dei “testimoni” dato che la classe politica del tempo è viva e vegeta, anche se un po’ invecchiata.
E poi, oltre a tentare di far luce sulla catena di comando che portò da Piazza Alimonda, alla Diaz e alla Bolzaneto, c’è da rispondere anche alle nuove “domande” poste dalla Corte di Strasburgo e a una in particolare che dovrebbe intrigare anche il ministro della Giustizia interessato alla riforma del processo penale: come diamine è possibile consentire che, nel corso di una inchiesta penale, un corpo dello Stato (la polizia nel nostro caso) possa rifiutarsi di collaborare con l’autorità giudiziaria e di fornire i nomi di possibili autori di reati. Bella domanda che si pongono ancora gli onesti magistrati di Genova che indagarono sul G8: quelli sì, lasciati assolutamente soli.
C’è poi l’adeguatezza della legislazione che ora è stata integrata da una legge sulla tortura da troppi ritenuta…inadeguata: così come è, si applicherebbe ai fatti di Bolzaneto ma, magari con l’ausilio di buoni avvocati, non a quelli della Diaz. Altre risposte attendono anche le “frecciate” lanciate dal magistrato Sabella, delegato del Dap per Bolzaneto, secondo cui c’era anche chi il morto lo voleva, ma tra le forze dell’ordine per giustificare una stretta repressiva: vista l’autorevolezza della fonte, non è questione da far cadere nel dimenticatoio. Sabella poi su Bolzaneto dice che «in quei momenti non c’ero» ma, allora, dove era mentre in quella caserma ne succedevano di tutti i colori (e non per dei momenti ma per ore ed ore) e agli agenti violenti si univano anche alcuni appartenenti al personale sanitario.
Ora la vogliamo questa commissione parlamentare d’inchiesta, anche per i tanti Cestaro che andarono a Genova per dimostrare pacificamente e vennero segnati a vita dalle violenze di poliziotti “anonimi”. In Parlamento Di Pietro non c’è più, la destra è sfarinata e Alfano rappresenta uno stentato 4% di elettori. Poi c’è il Pd che dice di voler cambiare verso, i 5stelle e Sel che non dovrebbero tirarsi indietro. Cercare di riscrivere quella storia servirebbe anche a capire se c’è interesse in questo Paese per i diritti umani o se lo rispolveriamo solo quando quei diritti sono violati fuori dai nostri confini.
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