Spari contro gli agenti, la rabbia di Fer­gu­son

Tutto è comin­ciato con l’uccisione dell’adolescente Mike Brown lo scorso ago­sto. Il diciot­tenne afroa­me­ri­cano allora venne stron­cato dai pro­iet­tili dell’agente bianco Dar­ren Wil­son

Gli spari che nella notte di ieri hanno col­pito due agenti di poli­zia sono solo l’ultimo epi­so­dio che ha scon­volto Fer­gu­son, un quar­tiere nero nei il sob­bor­ghi di St Louis, Missouri.

Tutto è comin­ciato con l’uccisione dell’adolescente Mike Brown lo scorso ago­sto. Il diciot­tenne afroa­me­ri­cano allora venne stron­cato dai pro­iet­tili dell’agente bianco Dar­ren Wil­son, men­tre con le mani alzate ten­tava di arren­dersi sulla strada davanti casa al poli­ziotto che lo aveva inse­guito dopo una col­lut­ta­zione. La morte di Brown aveva fatto tra­boc­care un vaso ormai colmo pro­vo­cando la spon­ta­nea rivolta della cit­ta­di­nanza esa­spe­rata. La repres­sione della poli­zia aveva con­tri­buito a fare di Fer­gu­son il sim­bolo nazio­nale della piaga dei neri, uccisi in Ame­rica a cen­ti­naia ogni anno, dalla polizia.

Il movi­mento nato dai cor­tei dei cit­ta­dini esa­spe­rati della città e la rab­bia esplosa nuo­va­mente nelle strade dopo l’esonero dell’agente respon­sa­bile a novem­bre, ha rin­no­vato il dibat­tito nazio­nale sul raz­zi­smo delle istituzioni.

Nello scorso anno Fer­gu­son è diven­tata sino­nimo di un movi­mento di pro­te­sta con­tro l’ingiustizia raz­zi­sta come Selma lo era stata per il movi­mento per i diritti civili degli anni ses­santa. Il nome di Fer­gu­son è risuo­nato negli slo­gan scan­diti a New York, Seat­tle, Los Ange­les, Oakland, Miami e le altre città ame­ri­cane, come emblema di un nuovo movi­mento di eman­ci­pa­zione raz­ziale. Signi­fi­ca­ti­va­mente i fatti di Fer­gu­son sono avve­nuti durante il man­dato del primo pre­si­dente afroa­me­ri­cano. Obama, pre­oc­cu­pato di non offrire il fianco ad accuse di fazio­sità, è stato spesso cri­ti­cato da sini­stra per una ecces­siva timi­dezza pro­prio nell’affrontare temi di discri­mi­na­zione razziale.

Dopo l’uccisione di Brown il pre­si­dente si è mosso con carat­te­ri­stica cau­tela limi­tan­dosi a gene­rici inviti «alla calma». Solo dopo l’imposizione dello stato d’emergenza, con Fer­gu­son pre­si­diata ormai dalla guar­dia nazio­nale Obama è parso met­tersi al passo con gli eventi, inviando sul posto il suo mini­stro della giustizia.

A dif­fe­renza del pre­si­dente, Eric Hol­der, primo attor­ney gene­ral afroa­me­ri­cano, è stato fau­tore assai più espli­cito della neces­sità di rifor­mare un sistema giu­di­zia­rio intrin­se­ca­mente raz­zi­sta. Hol­der che ha pro­mosso inchie­ste fede­rali su nume­rosi casi di ucci­sioni di gio­vani neri, dopo Fer­gu­son ha con­dan­nato la mili­ta­riz­za­zione della polizia.

Par­lando del «cir­colo vizioso di povertà, cri­mi­na­liz­za­zione e car­ce­ra­zione che intrap­pola troppi ame­ri­cani», Hol­der è stato il primo mini­stro a rom­pere l’omertà isti­tu­zio­nale, spin­gen­dosi a defi­nire gli Usa «un paese di codardi» per la siste­ma­tica rimo­zione dei pro­blemi razziali.

Lunedì scorso è stato reso noto il rap­porto sul Fer­gu­son police depart­ment chie­sto da Hol­der agli inqui­renti del dipar­ti­mento di giu­sti­zia. Dalle oltre 100 pagine del docu­mento emerge il qua­dro di una poli­zia fuori con­trollo, una forza quasi inte­ra­mente bianca dedita ad asse­diare la comu­nità (nera al 67%) che avrebbe dovuto pro­teg­gere. Il rap­porto docu­menta la lista di ves­sa­zioni dei poli­ziotti ai danni dei cit­ta­dini che ha deter­mi­nato quello che Hol­der ha defi­nito «il rap­porto di pro­fonda dif­fi­denza e osti­lità fra poli­zia e la comunità».

Il rap­porto mini­ste­riale parla di fermi arbi­trari e pre­te­stuosi, per «rifiuto di ubbi­dienza» o «com­por­ta­mento sospet­toso» usate per moti­vare l’arresto di cit­ta­dini afroa­me­ri­cani. Dal 2012 al 2014 i neri a Fer­gu­son hanno costi­tuito il 93% degli arre­sti, l’85% di fer­mati alla guida e il 90% dei multati.

In par­ti­co­lare pro­prio l’uso spro­po­si­tato delle multe ai danni dei neri dipin­gono secondo Hol­der il qua­dro della poli­zia quasi come un asso­cia­zione a delin­quere, dedita per lucro a pra­ti­che anti­co­sti­tu­zio­nali. Un giu­di­zio cor­ro­bo­rato da una det­ta­gliata casi­stica di anghe­rie – dalla car­ce­ra­zione di home­less per man­cato paga­mento di multe, alle san­zioni appli­cate con­tem­po­ra­nea­mente per «man­canza di patente» e «patente scaduta».

L’uccisione di Mike Brown ha in sostanza rive­lato una quo­ti­dia­nità di ordi­na­rio raz­zi­smo di cui la tra­ge­dia era plau­si­bile, se non ine­vi­ta­bile, con­se­guenza. Una cul­tura per­ni­ciosa con­fer­mata anche dalle nume­rose email tro­vate dagli inqui­renti nei com­pu­ter della que­stura. Fra que­ste il mes­sag­gio in cui si auspi­cano premi per aborti di afroa­me­ri­cani, la foto di abo­ri­gine afri­cane defi­nita «riu­nione di liceo di Michelle Obama» o quella del pre­si­dente raf­fi­gu­rato come scimmia.

Un qua­dro di segre­ga­zio­ni­smo para­dig­ma­tico con un impri­ma­tur mini­ste­riale che non poteva che avere pesanti riper­cus­sioni. L’altroieri Tho­mas Jack­son, il capo della poli­zia che finora aveva resi­stito ogni istanza di riforma, ha infine for­ma­liz­zato le dimis­sioni (seguite a quelle di tre agenti e un giu­dice municipale).

L’annuncio è stato l’occasione mer­co­ledì sera per l’ultimo pic­chetto davanti al com­mis­sa­riato per chie­dere la dis­so­lu­zione dell’intero dipar­ti­mento. Al ter­mine della pro­te­sta ignoti hanno esploso i colpi che hanno ferito i due agenti.

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