Memoria. “Storia di Luigi Polano, il comunista che beffò Mussolini” di Vindice Lecis per Nutrimenti
«Alcuni fascisti scalmanati, fuori di sé dalla rabbia, se la sono presa coi proprietari dei locali, ma il pubblico ha reagito contro di loro. In un caffè qui vicino si viene alle mani perché un prepotente ha preso a spaccare col bastone l’altoparlante. Così sono i fascisti. Hanno paura della verità, hanno paura di sentir dire a voce alta quello che tutti pensano e vogliono». Queste parole fanno parte dell’editoriale che Ercoli, alias Palmiro Togliatti, riservò per commentare un fatto eccezionale in grado di togliere il sonno ai gendarmi fascisti e a Mussolini stesso.
Nell’ottobre del ’41, e per tre anni, da un luogo sconosciuto, le trasmissioni radiofoniche dell’Eiar furono interrotte improvvisamente da una voce. Quella interferenza fu chiamata Lo Spettro, i commenti del quale, evidentemente, non solleticavano gli uomini del Regime. La voce della verità. Storia di Luigi Polano, il comunista che beffò Mussolini di Vindice Lecis (Nutrimenti, pp, 230, euro 16), racconta l’incredibile esperienza umana e politica dell’uomo che faceva imbestialire il Duce con i suoi commenti contro il fascismo, ridicolizzando l’Ovra, la polizia, la guerra, il Ministero degli interni e i relativi scagnozzi.
«Appelius (Mario Appelius, voce della propaganda), sei un pennivendolo e un ciarlatano al servizio delle cause perdute del fascismo! Intaschi i trenta denari di Giuda per ingannare gli Italiani!»; o ancora: «Tu inganni il popolo italiano… L’Asse non potrà vincere la guerra. Hitler e Mussolini saranno sconfitti. Il fascismo ha trascinato l’Italia in una tragica avventura… L’Italia dovrà pagare un alto prezzo di sangue, di distruzioni, di miseria per questa guerra ingiusta, pazzesca, criminale». Così commentava Polano, ogni volta che il radiofonista sparava qualche fandonia sui grandi successi dell’avventura militare italiana.
Nonostante sembrasse mite d’aspetto — con gli occhialetti sul naso e l’abbigliamento curato — si rivelò essere uno dei dirigenti più inflessibili nell’assolvere qualsiasi compito, e uno fu proprio smascherare il fascismo attraverso i canali ufficiali: così confida Lecis, giornalista sassarese come Polano, attraverso un libro-documento dettagliato e affascinante. Grazie a una narrazione a metà fra il romanzo e il documento storico, ci racconta non solo della vita di questa primula rossa, amico di Gramsci e fedele collaboratore di Togliatti, ma della storia intera dell’Europa durante la guerra.
Come ogni thriller che si rispetti, il nostro protagonista vive in clandestinità tra Mosca e Parigi, Odessa e Novorossijk, il Mar Nero, Studenica e altri luoghi, insieme alla fidata moglie e militante Maria Piras. Legis, con ritmo incalzante e intelligenti flashback, ne racconta il profilo umano ma soprattutto la risolutezza nell’assolvere ogni dovere, ogni missione.
A Roma diresse con Bordiga il giornale L’Avanguardia; fu firmatario della piattaforma programmatica di Imola con Gramsci, Terracini e Bordiga e divenne il primo segretario nazionale della Federazione giovanile comunista. Nel libro compaiono anche aneddoti che ne rivelano un lato romantico: quando incontrò Lenin, per esempio, a cui confidò che avrebbe chiamato il figlio nascituro Vladimiro, in suo onore (il bimbo nacque durante l’assedio dei fascisti al giornale Il Lavoratore di Trieste; morì poche ore dopo); oppure, finalmente tornato in patria a godersi la vecchiaia, quando saluterà Enrico Berlinguer, all’età di 85 anni. Davanti al «suo» leader, gli fu chiesto di rivelare finalmente da dove trasmettesse. Aveva giurato a Togliatti di non pronunciar mai parola, ma ormai il mondo era cambiato e la curiosità dei compagni ancora insoddisfatta. «Ho promesso di non raccontarlo mai a nessuno». Così la lapidaria risposta, davanti al segretario sorridente.
Polano, quest’uomo calmo e gentile, ma anche dalla volontà ferrea, fu sempre consapevole della necessità di tener la barra dritta durante la furia degli eventi: le cariche che ricoprì inclusero il controspionaggio, la vigilanza sui compagni titubanti o arruolati dal fascismo per far da spie, e persino la consapevolezza di venir a sua volta sorvegliato, quando in Russia l’ossessione di stanare i traditori produsse le purghe staliniane, che attraversò indenne grazie all’amicizia con Togliatti.
Dovettero passare dodici anni dalla fine della guerra per scoprire che la voce misteriosa, apparsa il sei ottobre 1941 fu quella di Luigi Polano, comunista venuto dalla Sardegna e «rivoluzionario di professione», il quale, a chi gli chiedeva della sua vita avventurosa, ma anche piena di rinunce e sofferenze, rispondeva fermamente ed educatamente che la riservatezza era costume dei comunisti e che bisognava guardare avanti.
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