Il leader della Fiom si muove su un doppio binario: l’attenzione al disagio sociale, aggregare intorno a un progetto politico l’opposizione al governo e al tempo stesso riformare il sindacato per scalarne la leadership
ROMA . Prenderà forma entro la fine di maggio la Coalizione sociale. Prima verrà stilata quella che Maurizio Landini chiama la Carta d’identità del movimento, con i valori di riferimento e gli obiettivi da perseguire; poi sarà creato una sorta di Coordinamento dell’alleanza con gli esponenti delle associazioni promotrici. E nel Coordinamento non sarà comunque Landini a rappresentare la Fiom, per evitare le polemiche sul suo doppio ruolo. Questa struttura di governo sarà poi replicata nei vari territori. Un’organizzazione leggera, ma pur sempre un’organizzazione.
«La vera novità — dice il leader dei metalmeccanici della Cgil — è proprio questa: noi partiremo dai territori dove c’è una maggiore domanda di coalizione». Spiega: «Può non esserci il sindacato nelle lotte per la casa? Può non essere accanto ai medici di Emergency che in Italia, non in Africa, hanno messo in piedi strutture per l’assistenza sanitaria gratuita a favore delle persone più bisognose? Se non pensiamo di rappresentare questa socialità cosa pensiamo di rappresentare? ». È questo il nuovo sindacato (o il vecchio, perché è quasi un ritorno alle origini) che ha in mente Landini.
Dunque è su un doppio binario che si muove il leader di fatto della Coalizione sociale: aggregare le associazioni intorno a un progetto politico, attento soprattutto alle aree di maggiore disagio sociale, alternativo oggi al programma del governo Renzi; riformare il sindacato fino a puntare alla scalata della stessa Cgil. Progetto «ambiguo», secondo Cesare Damiano, ex metalmeccanico, esponente delle minoranze del Pd che anche su Landini si sono divise. Perché, per esempio, Stefano Fassina in piazza sabato ci è andato e che ieri è tornato a sostenere «che molti iscritti e militanti hanno mollato il Pd e hanno manifestato con la Fiom». Resta il fatto che Landini continua a ripetere che non ha mai pensato alla formazione di un altro partito o partitino della sinistra. Sembra un progetto più complesso il suo, e forse anche più complicato. In attesa che si cominci a concretizzare nei prossimi due mesi, Landini, non a caso, continua ad alzare il tono dello scontro con Renzi. Ieri, a margine di un convegno a Medicina nel bolognese, ha spiegato perché sulle politiche del lavoro considera Renzi peggiore di Berlusconi. «Berlusconi — ha detto — si è confrontato, ha avuto scontri e anche accordi: qui siamo di fronte ad un governo che sta rifiutando di confrontarsi con i sindacati e che ha addirittura cancellato l’articolo 18 e rende possibili i licenziamenti. Quello che sta facendo il governo Renzi non era mai successo nella storia del nostro Paese: si mettono in discussione principi della Costituzione, con una regressione pericolosa e grave». In questa interpretazione dell’azione di un governo definita «padronale» ci sarebbe proprio la spinta ulteriore all’aggregazione sociale.
Dopo Pasqua ci sarà il secondo appuntamento delle associazioni che porterà a definire appunto la Carta d’identità. Accanto ai movimenti sociali, Landini dice che c’è un forte interesse da parte delle organizzazioni del lavoro autonomo: giovani avvocati, i farmacisti delle para-farmacie, addirittura i notai. Si mescolerebbero così i lavori senza più le barriere, anche culturali e ideologiche, tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Anche questa è una novità per la Fiom, sindacato degli impiegati e degli operai metalmeccanici. Scrive significativamente sul sito della Fiom Gabriele Polo, oggi spin doctor di Landini dopo essere stato per anni il direttore del Manifesto: «I metalmeccanici della Fiom di manifestazioni ne hanno fatte tante, ma non ne avevano mai fatta una confederale, così intenzionata a rappresentare e contrattare tutte le forme del lavoro e, persino, tutti gli aspetti della vita sociale; coalizzando ciò che è frammentato, cercando gli elementi e i punti di vista comuni per costruire “un mondo”». È l’ammissione di una Fiom che ha deciso di scavalcare la Cgil, di farsi confederazione, di diventare Unions, come recitava lo slogan della manifestazione di sabato. Un altro sindacato, appunto. Una sfida per Landini. Però «se la sua coalizione sociale — sostiene Giuseppe Berta, bocconiano, storico dell’industria — non produrrà risultati in un certo periodo di tempo, il tentativo di prendere la guida dalla Cgil minaccia di andare a vuoto». E questo è il doppio rischio di Landini.
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