Torino. Nonostante il maltempo, in diecimila da tutta Italia sfilano nel capoluogo piemontese
L’esito della manifestazione non era scontato. Un po’ le condizioni climatiche, ieri a Torino faceva davvero freddo, un po’ il rischio di scoramento in una ventennale battaglia potevano minare la partecipazione. Così non è stato: i diecimila in corteo sono la risposta che i No Tav non sono un gruppo di irriducibili, quattro gatti o quattro gufi in croce. Sono e restano un movimento popolare, che non si arrende alla decisioni che piovono dall’alto — ultima è l’approvazione del Cipe al progetto definitivo della parte italiana della tratta transfrontaliera — e vuole rappresentare e riunire le tante istanze contro gli sprechi e le devastazioni ambientali nel nostro Paese. Sono arrivati sotto la Mole comitati dalla Valle e dal resto del Piemonte, da Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia, Toscana e Lazio. Con un minimo comune denominatore: no alle grandi, costose (un chilometro di Tav vale 158 milioni di euro) inutili opere, sì a quelle piccole e utili, sì agli investimenti nella sanità — l’ospedale di Susa è a rischio chiusura — e nella scuola. E agli interventi per risolvere il dissesto idrogeologico.
Il corteo, partito da piazza Statuto, è stato aperto dagli amministratori della Val di Susa, ventiquattro sindaci che in piazza Castello hanno approvato per alzata di mano una delibera in cui si chiede di spostare su altre voci i fondi per la Torino-Lione: per esempio, i 2,9 miliardi di euro, destinati al tunnel di base, siano dirottati alla messa in sicurezza delle scuole. «Invieremo questo documento a tutti i Comuni italiani», ha spiegato il sindaco di Susa Sandro Plano, Pd ma dissenziente. «Vorremmo far una assemblea dei sindaci di tutta Italia in Valle per sensibilizzare tutti gli amministratori sui veri problemi del Paese; in questo momento le amministrazioni comunali si vedono costrette a tagliare sui servizi essenziali o a inasprire la tassazione». I sindaci hanno inoltre inviato una lettera al capo dello Stato Sergio Mattarella, chiedendo un incontro.
In mezzo al serpentone, che ha sfilato sotto una pioggia gelida, le tradizionali bandiere con il treno crociato, quelle di Rifondazione, Pdci, Cub, Fiom, Cobas, Legambiente, i parlamentari e i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle. Un trenino, con le sagome dei pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo che si sono occupati delle inchieste sui No Tav, ha chiuso il corteo con la scritta: «No Tav pericolosi terroristi? Ma non fateci ridere». Lele Rizzo, sul palco di piazza Castello, ha parlato di giustizia con due pesi e due misure: «Per il disastro del Vajont ci furono condanne per dieci anni in totale, per i 48 No Tav del maxiprocesso, per i fatti dell’estate 2011, ben 150 anni di carcere. D’altronde, noi siamo considerati il nemico pubblico numero uno». Alberto Perino ha rilanciato: «Noi non siamo solo ottimisti, come chiede Renzi. Noi siamo sicuri: il Tav non si farà».
In contemporanea alla manifestazione, gli hacker di Anonymous hanno oscurato, in sostegno ai No Tav, i siti del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) e del Tribunale di Torino. Polemiche, invece, per il blocco di un treno proveniente da Milano carico di militanti, perché, secondo quanto sostengono le Ferrovie, alcuni manifestanti erano saliti a bordo senza pagare il biglietto. Gli attivisti milanesi sono arrivati a manifestazione conclusa e si sono diretti alla Cavallerizza, bene comune a rischio vendita, dove è continuata con un concerto la protesta contro la Torino-Lione.
Infine, mentre a Chiomonte proseguono i lavori del cunicolo esplorativo, avanza l’ipotesi che quelli futuri, e in ritardo, del tunnel di base possano evitare Susa, e così le temute contestazioni No Tav.
Il governo valuta, infatti, una modifica per procedere in galleria passando dallo scavo della Maddalena di Chiomonte. Una variante che potrebbe portare ulteriori costi, circa 250 milioni di euro. Un’alternativa complicata e non agevole.
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