Ishaq al Nishapuri (Le storie del profeta), l’arrivo di Maometto alla Mecca, Iran Gazwin, 1581

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La République delle differenze

Ishaq al Nishapuri (Le storie del profeta), l’arrivo di Maometto alla Mecca, Iran Gazwin, 1581

Ishaq al Nishapuri (Le storie del profeta), l’arrivo di Maometto alla Mecca, Iran Gazwin, 1581

Alcuni dicono che un evento sia quella cosa che, com­pien­dosi, eccede le deter­mi­na­zioni sto­ri­che da cui è pro­dotto. Se que­sto è vero, oggi la Fran­cia si trova davanti a un evento vero e pro­prio. Una serie di fatti (le stragi del 7 e del 9 gen­naio), ricon­du­ci­bili a una radi­ca­liz­za­zione estrema dell’Islam che, sep­pur asso­lu­ta­mente mino­ri­ta­ria rispetto a quel pezzo impor­tante del paese rap­pre­sen­tato dai cin­que milioni di fran­cesi musul­mani, chiede urgen­te­mente di essere ana­liz­zata. Ma anche e soprat­tutto una mani­fe­sta­zione di quat­tro milioni di fran­cesi che nes­suno si aspet­tava – né quan­ti­ta­ti­va­mente né qua­li­ta­ti­va­mente. La que­stione aperta è la con­si­stenza di que­sto sog­getto poli­tico che si è mani­fe­stato nelle piazze di Parigi. Sem­pre ammesso che ci tro­viamo di fronte a un sog­getto politico.

Incom­men­su­ra­bi­lità dell’evento, si diceva. Oggi, si aprono vari sce­nari per la gestione di un’eccedenza che va in qual­che modo tra­dotta in ter­mini poli­tici, qua­lora non fosse imme­dia­ta­mente rias­sor­bita. In que­sti giorni, ciò che tutti si sono accor­dati a voler respin­gere è stato, non a caso, la recu­pé­ra­tion (la stru­men­ta­liz­za­zione); e l’immagine inquie­tante del «G50» improv­vi­sato e comi­ca­mente schie­rato a mo’ di mani­fe­sta­zione dei potenti, ha con­cre­ta­mente incar­nato quella realtà. Sar­kozy, sgo­mi­tando per essere in prima fila, Neta­nyahu, non invi­tato e auto-impostosi al cen­tro con tanto di scorta armata, e tanti altri per­so­naggi osceni la cui lista è ampia­mente girata in rete, ne sono stati il sim­bolo tremendo.

 

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Tre gli sce­nari che si aprono, dun­que. Il primo, il più tra­gico – spe­cial­mente pre­di­letto sia dai pes­si­mi­sti di mestiere che dagli amanti del «peg­gio è, meglio è» – con­si­ste nel ricor­dare che alle ultime ele­zioni euro­pee il Front Natio­nal di Marine Le Pen sfio­rava il 25% (in alcune regioni, come nel sud-est o nell’est del paese, addi­rit­tura il 40%): dopo le gior­nate che abbiamo vis­suto, è molto pro­ba­bile un’impennata elet­to­rale dell’estremismo di destra. Marine Le Pen appro­fit­terà per esten­dere il suo con­so­li­dato «port­fo­lio ideo­lo­gico» (l’impossibilità per l’Islam di inte­grarsi nella demo­cra­zia, la peri­co­lo­sità dell’immigrazione in gene­rale, il ritorno alla difesa dell’identità e dell’integrità ter­ri­to­riale nazio­nali, ecc.) a una nuova tema­tica, che aveva già pro­vato a caval­care ma che la sua alleanza con l’estrema destra cat­to­lica sull’affaire del «matri­mo­nio per tutti» aveva sospeso: la riven­di­ca­zione di una lai­cità defi­nita come can­cel­la­zione del reli­gioso nello spa­zio poli­tico e sociale. E ovvia­mente, più di ogni altra reli­gione, la can­cel­la­zione dell’Islam. Sta­ti­sti­ca­mente, lo sce­na­rio non ha niente d’inverosimile: in Ger­ma­nia, la bana­liz­za­zione del raz­zi­smo anti-musulmano di cui si nutre un movi­mento come Pegida con­tri­bui­sce a ren­dere più sot­tile la dif­fe­renza tra isla­mo­fo­bia e difesa del diritto asso­luto a pro­durre satira e cri­tica poli­tica di qua­lun­que isti­tu­zione, anche reli­giosa. Si ritro­vano quindi a mani­fe­stare, in nome di una lai­cità resa stru­mento raz­zi­sta e nazio­na­li­sta, per­sone che niente dovrebbe accomunare.

In Fran­cia, que­sto poteva – e può ancora – avve­nire. Ma la prima sor­presa che l’11 gen­naio ci ha fatto è che non è suc­cesso. Le voci le più «lai­carde», come dicono i fran­cesi, sono state let­te­ral­mente anne­gate dal fiume in piena delle voci che invece chie­de­vano fra­ter­nité e con­vi­venza. Si va defi­nendo un’altra lai­cità pos­si­bile – e un’altra Repub­blica pos­si­bile -, quella della com­pre­senza e della soli­da­rietà delle dif­fe­renze, della loro valo­riz­za­zione, della loro pari dignità. Una fra­ter­nité delle dif­fe­renze in quanto tali.

Certo, non si tratta solo del Front Natio­nal – e qui, arri­viamo al secondo sce­na­rio. Il pro­blema del rife­ri­mento ambi­guo alla lai­cità attra­versa tanto più la destra sar­ko­ziana e la sini­stra socia­li­sta quanto più l’una e l’altra sono in que­sto momento elet­to­ral­mente deboli. Sar­kozy ha già ini­ziato la rin­corsa verso destra, met­tendo sul piatto uno «scon­tro di civiltà» e una difesa dell’Occidente pen­sati per spa­lan­care la porta all’elettorato di estrema destra. A sini­stra, la piega libe­rale dell’attuale governo e a mag­gior ragione la sua disa­strosa poli­tica estera pote­vano far temere il peg­gio – eppure Manuel Valls, di cui tutti aspet­ta­vano una rea­zione da «sce­riffo», ha per il momento respinto la pos­si­bi­lità di un Patriot Act alla fran­cese. Quello che chia­ra­mente emerge è che su quel ter­reno si deter­mi­nerà nei pros­simi due anni una lotta interna al par­tito socia­li­sta. Esi­stono per­sone che, talune per cini­smo, altre per con­vin­zione, hanno per­fet­ta­mente capito quanto una tra­sfor­ma­zione dell’indignazione di tutti in una poli­tica per tutti, in un nuovo pro­getto sociale, potrebbe costi­tuire per il governo Hol­lande una seconda chance.

 

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Arri­viamo al terzo sce­na­rio. Quat­tro milioni? Vera­mente un solo milione di mani­fe­stanti baste­rebbe per chie­dere l’apertura di un nuovo pro­getto di costi­tu­zione poli­tica all’altezza dell’11 gen­naio. Una costi­tu­zione del comune inteso come comune delle dif­fe­renze, nella quale la fra­ter­nité fosse con­di­zione di pos­si­bi­lità dell’uguaglianza e della libertà. Dome­nica scorsa, è quello che nelle piazze di Fran­cia ten­deva i corpi e bru­li­cava nei cer­velli: tante per­sone che vole­vano stare insieme. Se si riu­scisse a tra­durre quella voglia nei ter­mini di una poli­tica nuova, allora sì, Char­lie potrebbe real­mente diven­tare un nome comune.
È chiaro che, in que­sto sce­na­rio, le ban­lieues, da pro­blema, devono diven­tare parte della solu­zione. Se non deci­diamo di rein­ve­stire tutti gli spazi (urbani e sociali) che sono stati abban­do­nati dallo sman­tel­la­mento del Wel­fare, vale a dire con­se­gnati all’estremismo (poli­tico, nel caso del Front Natio­nal, ormai depo­si­ta­rio del voto delle «vite minu­scole» del lum­pen­pro­le­ta­riat bianco cit­ta­dino, ma anche degli abi­tanti delle zone rurali disa­strate dalla crisi; ma anche reli­gioso, nel caso delle ban­lieues con una forte pre­senza di popo­la­zione musul­mana, lad­dove la disoc­cu­pa­zione è esplosa e lo Stato si è let­te­ral­mente riti­rato), avremo Marine Le Pen al 45% alle pros­sime elezioni.

Se invece tra­sfor­miamo l’11 gen­naio e fac­ciamo dell’indignazione – aggiun­gen­dovi la parola d’ordine poli­tica della fra­ter­nité — un «motore delle lotte»; se, su scala euro­pea, riven­di­chiamo come ele­mento della cit­ta­di­nanza incon­di­zio­nata — con­tro il ritorno delle fron­tiere, delle iden­tità e delle cul­ture nazio­nali — il comune come com­po­si­zione delle dif­fe­renze; se esi­giamo infine tutto ciò che deve costi­tuire un vero e pro­prio Wel­fare del comune — cioè che garan­ti­sca ai sin­goli una vita social­mente e poli­ti­ca­mente qua­li­fi­cata, la dignità, il diritto alla feli­cità — allora, forse, una banda di anar­chici, ero­to­mani, miscre­denti, sur­rea­li­sti, bla­sfe­ma­tori non saranno morti in vano.

Qual­cuno dirà: quei quat­tro milioni espri­mono il ceto medio fran­cese, la sua whi­te­ness, la sua nor­ma­lità sociale. No: le piazze, dome­nica, non mostra­vano quello spet­ta­colo. Pro­viamo dun­que a scom­met­tere su una nuova com­po­si­zione sociale, pro­viamo ad accet­tare la sfida della novità. In quella novità, com’è stato sot­to­li­neato giu­sta­mente, le ambi­guità sono enormi, e può darsi che non fun­zio­nerà. Ma se non pro­viamo a caval­care l’onda dell’11 gen­naio, se non chie­diamo un 11 gen­naio euro­peo, una nuova fra­ter­nité del comune, ci rimarrà solo il pic­colo e tre­mendo pia­cere di aver avuto ragione, di aver saputo impar­tire belle lezion­cine di purezza poli­tica a chi, quella poli­tica, pro­vava a inven­tarla all’altezza della vita.

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