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L’odissea del Rebeldìa

Ritorno al degrado per Palazzo Boyl, l’edificio cin­que­cen­te­sco affac­ciato sul lun­garno che dal 21 novem­bre scorso ospi­tava il Muni­ci­pio dei beni comuni, dopo l’occupazione che lo aveva strap­pato a sei anni di abban­dono e impal­ca­ture per lavori mai ini­ziati. Dopo le avvi­sa­glie dei giorni scorsi, che ave­vano visto tor­nare alla carica il cura­tore fal­li­men­tare di quella Tognozzi spa al vaglio della magi­stra­tura fio­ren­tina per l’accusa di tan­genti all’Agenzia delle Entrate, e su cui pende la calen­da­riz­za­zione di varie aste fal­li­men­tari, nella mat­ti­nata di ieri la poli­zia ha nuo­va­mente chiuso l’accesso al palazzo. Un blitz con­tras­se­gnato dalla con­sueta “oro­lo­ge­ria vacan­ziera”, in una città svuo­tata dal freddo e dalle festi­vità, met­tendo la parola fine a un’esperienza che aveva resti­tuito un pezzo di sto­ria ai cit­ta­dini pisani, che in que­sto mese sono pas­sati nume­rosi a soli­da­riz­zare e ammi­rare le stanze affre­scate del palazzo, ora desti­nato a un’asta che andrà quasi cer­ta­mente deserta.

“Un immo­bile sto­rico ritorna schiavo della sel­vag­gia cor­ro­sione del tempo e dell’incuria – denun­ciano gli atti­vi­sti del Muni­ci­pio — dopo che la società immo­bi­liare che ne dete­neva la pro­prietà è fal­lita. Nes­suno potrà più godere della vista degli affre­schi, delle sale, di un bene nasco­sto per anni alla vista della città da un pon­teg­gio fan­ta­sma, il cui abuso non è costato niente ai soliti potenti di turno”. All’opposto, recu­pe­rare e resti­tuire alla cit­ta­di­nanza migliaia di metri qua­drati chiusi da anni sem­bra essere il reato più grave e più per­se­guito a Pisa. “La ragione è sem­plice – tira le somme il Muni­ci­pio — il par­tito della spe­cu­la­zione vuole gover­nare la città senza sconti”.

In que­sto con­te­sto, l’amministrazione comu­nale si segnala ancora una volta per la sua assenza. La com­mis­sione cul­tura e il sin­daco, più volte invi­tati a visi­tare il bene “libe­rato”, non si sono mai pre­sen­tati. Tutto que­sto men­tre l’ingente debito (220mila euro) che la pro­prietà ha con il Comune, per i sei anni di occu­pa­zione di suolo pub­blico del can­tiere mai ini­ziato, rimane inso­luto. Con­ti­nua intanto la ricerca di una sede per lo sto­rico pro­getto sociale pisano, cac­ciato negli ultimi anni sia dal Rebel­dìa che dall’ex fab­brica dismessa della mul­ti­na­zio­nale J-Color, pas­sando dallo sgom­bero del Distretto 42 nell’aprile scorso.

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