Omaggio alle vittime della strage delle Fosse Ardearine © Eidon

La Storia. Settant'anni dopo, la memoria delle Fosse Ardeatine. E quella dei Gap, l'avanguardia più efficiente della Resistenza armata nella capitale, le cui vicende sono appena state riordinate e digitalizzate dall'Archivio storico del Senato
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Via Rasella è sempre quella

Omaggio alle vittime della strage delle Fosse Ardearine © Eidon

La Storia. Settant’anni dopo, la memoria delle Fosse Ardeatine. E quella dei Gap, l’avanguardia più efficiente della Resistenza armata nella capitale, le cui vicende sono appena state riordinate e digitalizzate dall’Archivio storico del Senato

Omaggio alle vittime della strage delle Fosse Ardearine © Eidon

La Storia. Settant’anni dopo, la memoria delle Fosse Ardeatine. E quella dei Gap, l’avanguardia più efficiente della Resistenza armata nella capitale, le cui vicende sono appena state riordinate e digitalizzate dall’Archivio storico del Senato

La strage delle Fosse Ardea­tine del 24 marzo 1944 segnò uno dei momenti più tra­gici della sto­ria della Roma occu­pata dai nazi­fa­sci­sti. La sua stessa memo­ria ha più di altri epi­sodi diviso l’opinione pub­blica scin­dendo da un lato i fatti della sto­ria e dall’altro le fan­ta­sie della vul­gata antipartigiana.

Il set­tan­te­simo anni­ver­sa­rio della strage, cele­brato ieri dalle mas­sime auto­rità dello Stato e della città da Napo­li­tano a Marino a Zin­ga­retti, assume un signi­fi­cato fon­da­men­tale e rie­sce non reto­ri­ca­mente a ren­dere omag­gio alle vit­time se col­lo­cato non solo nella memo­ria dei parenti ma nella sto­ria della capitale.

Nella Roma occu­pata dai nazi­sti le for­ma­zioni dei Gruppi di Azione Patriot­tica (Gap) costruite in clan­de­sti­nità dal Par­tito comu­ni­sta, sotto la respon­sa­bi­lità del comando mili­tare di Gior­gio Amen­dola, rap­pre­sen­ta­rono l’avanguardia più effi­cace, strut­tu­rata ed effi­ciente della Resi­stenza armata nella capitale.

Orga­niz­zati da Anto­nello Trom­ba­dori, nome di bat­ta­glia «Gia­como», i Gap cen­trali si arti­co­la­rono in due reti, gui­date rispet­ti­va­mente da Carlo Sali­nari «Spar­taco» e da Franco Cala­man­drei «Cola», a loro volta com­po­ste dai gruppi ope­ra­tiviGram­sci, coman­dato da Mario Fio­ren­tini; Pisa­cane, coman­dato da Rosa­rio Ben­ti­ve­gna; Sozzi e Gari­baldi di cui furono mem­bri, tra gli altri, Marisa Musu, Maria Teresa Regard, Fer­di­nando Vita­gliano e Fran­ce­sco Curreli.

DECINE DI AZIONI DI GUERRA

Divisa la città di Roma in otto zone ope­ra­tive i Gap rea­liz­za­rono decine di azioni di guerra con­tro le truppe occu­panti nazi­ste e i col­la­bo­ra­zio­ni­sti fascisti.

La Roma in cui agi­rono era quella delle depor­ta­zioni nei lager del 7 otto­bre 1943 di oltre due­mila cara­bi­nieri e del 16 otto­bre di 1.024 ebrei del ghetto; quella delle camere di tor­tura di via Tasso, delle pen­sioni Jac­ca­rino e Oltre­mare; delle fuci­la­zioni di Forte Bra­vetta; della strage delle Fosse Ardea­tine, del copri­fuoco e ancora del rastrel­la­mento del Qua­draro del 17 aprile 1944 o della strage della Storta il 4 giugno.

Nell’anno del set­tan­te­simo anni­ver­sa­rio della Libe­ra­zione di Roma le dram­ma­ti­che vicende della capi­tale occu­pata e l’intera atti­vità mili­tare dei Gap sono rico­struite da un’ampia mole di docu­menti che l’Archivio Sto­rico del Senato della Repub­blica ha rac­colto, rior­di­nato e digi­ta­liz­zato, nel corso degli ultimi tre anni, gra­zie alle dona­zioni che i par­ti­giani ancora in vita o i loro fami­liari hanno fatto dei loro archivi per­so­nali. Sono stati costi­tuiti così i fondi archi­vi­stici, aperti al pub­blico, inti­to­lati a Calamandrei-Regard; Rosa­rio Bentivegna-Carla Cap­poni e, in stato di lavo­ra­zione e di pros­sima pre­sen­ta­zione in occa­sione del 25 aprile, Mario Fiorentini-Lucia Otto­brini. I mate­riali docu­men­tari costi­tui­scono, pur nelle spe­ci­fi­cità di ogni fondo e nella com­pren­sione di un più ampio arco storico-cronologico coin­ci­dente con la vita pubblico-politica dei pro­ta­go­ni­sti, un vero e pro­prio archi­vio dei Gap di Roma e segnano un signi­fi­ca­tivo pas­sag­gio di rico­stru­zione della sto­ria della Resi­stenza nella capitale.

Dopo la «prima repubblica»

Insieme alle vicende della lotta di libe­ra­zione (dalle azioni mili­tari alle mis­sioni coperte con le reti dell’Office Stra­te­gic Ser­vice sta­tu­ni­tense; dalle moda­lità ope­ra­tive clan­de­stine ai rico­no­sci­menti e ai pro­cessi subiti nel dopo­guerra) scor­rono nelle carte le que­stioni cen­trali della guerra della memo­ria emersa con vigore revi­sio­ni­sta dopo la fine della cosid­detta «prima repub­blica», quella nata dalla Resi­stenza.

Sono i docu­menti con­ser­vati nei fondi dei Gap a pren­dersi carico di destrut­tu­rare le pre­te­stuose e peri­co­lose argo­men­ta­zioni del revi­sio­ni­smo storico.

Cadono così uno dopo l’altro i falsi miti della vul­gata anti­par­ti­giana incen­trati sulla con­te­sta­zione di legit­ti­mità delle azioni di guerra, sull’infinita pole­mica stru­men­tale delle destre varia­mente intese con­tro le radici resi­sten­ziali della Costi­tu­zione ed in ultimo la sosti­tu­zione della sto­ria con le memo­rie indi­vi­duali e le nar­ra­zioni empa­ti­che, quelle per inten­derci che ancora oggi a Roma spin­gono per­sone a giu­rare di aver visto ine­si­stenti mani­fe­sti che invi­ta­vano i gap­pi­sti a con­se­gnarsi ai tede­schi per evi­tare la strage delle Ardea­tine come ven­detta per l’attacco di via Rasella.

Viene resti­tuito in que­sto modo alla città di Roma, come ultima ere­dità dei padri della Repub­blica, un pezzo irri­nun­cia­bile della sua sto­ria e allo stesso tempo viene rico­no­sciuto ai suoi figli migliori, che del peso di una scelta lace­rante come quella della lotta armata al nazi­fa­sci­smo si vol­lero far carico, non tanto l’onore della reto­rica cele­bra­tiva quanto l’identificazione asso­luta di aver com­bat­tuto dalla parte giu­sta. Quella di chi, come scri­veva Ben­ti­ve­gna in una let­tera degli anni set­tanta ad Amen­dola e Trom­ba­dori, in luo­ghi come via Rasella «c’era stato per­ché ci voleva stare. C’era sem­pre rima­sto e c’è ancora».

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