Ideologia tedesca. Autore di tre voluminosi pamphlet, Thilo Sarrazin si propone di demolire «il politicamente corretto». Niente di nuovo, ma l'autore però è un dirigente della Spd, che si scaglia contro il «delirio dell'egualitarismo» dovuto alla presenza degli immigrati e l'Unione europea. Tace, però, il fatto che tra le sue posizioni e le scelte economiche della Troika non ci sono tante differenze. E che il dispositivo linguistico che attacca è lo stesso che viene usato per legittimare e prevenire le critiche verso le scelte neoliberiste del governo di Berlino e dell'Union europea
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Il terrorismo della virtù

Ideologia tedesca. Autore di tre voluminosi pamphlet, Thilo Sarrazin si propone di demolire «il politicamente corretto». Niente di nuovo, ma l’autore però è un dirigente della Spd, che si scaglia contro il «delirio dell’egualitarismo» dovuto alla presenza degli immigrati e l’Unione europea. Tace, però, il fatto che tra le sue posizioni e le scelte economiche della Troika non ci sono tante differenze. E che il dispositivo linguistico che attacca è lo stesso che viene usato per legittimare e prevenire le critiche verso le scelte neoliberiste del governo di Berlino e dell’Union europea

Ideologia tedesca. Autore di tre voluminosi pamphlet, Thilo Sarrazin si propone di demolire «il politicamente corretto». Niente di nuovo, ma l’autore però è un dirigente della Spd, che si scaglia contro il «delirio dell’egualitarismo» dovuto alla presenza degli immigrati e l’Unione europea. Tace, però, il fatto che tra le sue posizioni e le scelte economiche della Troika non ci sono tante differenze. E che il dispositivo linguistico che attacca è lo stesso che viene usato per legittimare e prevenire le critiche verso le scelte neoliberiste del governo di Berlino e dell’Union europea

Eduard Meyer, il grande sto­rico dell’antichità tede­sco (1855–1930) definì una volta il gia­co­bi­ni­smo come un sistema per man­dare a morte migliaia di per­sone col­pe­voli di non essere vir­tuose. Non gli si può dare del tutto torto seb­bene, nel pieno di una rivo­lu­zione, l’idea di virtù non risponda per­lo­più al suo signi­fi­cato ordi­na­rio e si pre­sti a ogni sorta di mani­po­la­zioni. Ai gua­sti della rivo­lu­zione gia­co­bina vor­rebbe richia­marsi ideal­mente il titolo di un libro uscito a fine feb­braio in Ger­ma­nia, Der neue Tugend­ter­ror («Il nuovo ter­ro­ri­smo della virtù») che si pro­pone in quasi 400 pagine di demo­lire la dot­trina del «poli­ti­ca­mente cor­retto», attra­verso la quale l’egemonia della sini­stra sul mondo dei media impe­di­rebbe l’espressione di ogni pen­siero dis­so­nante con lo scopo di occul­tare sco­mode verità e sca­brose circostanze.

Ma a dire il vero tutto può essere impu­tato al «comi­tato di salute pub­blica» salvo di esser stato poli­ti­ca­mente corretto.

L’autore del monu­men­tale pam­phlet si chiama Thilo Sar­ra­zin ed esprime opi­nioni non dis­si­mili dalla nostra Oriana Fal­laci ultima maniera, o da Giam­paolo Pansa. E anche la lamen­ta­zione sull’improbabile spet­tro di una ege­mo­nia cul­tu­rale della sini­stra (che una sola appa­ri­zione di Mat­teo Renzi farebbe imme­dia­ta­mente scom­pa­rire) è ben nota da un pezzo alle nostre lati­tu­dini. Il per­se­gui­tato dal «ter­ro­ri­smo della virtù», e dalla con­se­guente cen­sura pro­gres­si­sta, è in realtà un autore da cen­ti­naia di migliaia di copie che infe­sta i talk show e dilaga sulle pagine dei prin­ci­pali gior­nali tede­schi. Il per­so­nag­gio, poi, non è certo di quelli di secondo ordine. Espo­nente da sem­pre della Spd (che ancora non lo ha cac­ciato nono­stante la richie­sta di molti espo­nenti del par­tito in que­sto senso) è stato mem­bro della dire­zione della Bun­de­sbank e mini­stro delle finanze nel senato di Berlino.

La legge della Bundesbank

La sua for­tu­nata car­riera di pole­mi­sta ha ini­zio con un volu­mone inti­to­lato Deu­tschland schafft sich ab, («La Ger­ma­nia si auto­di­strugge») nel quale si lamenta, sta­ti­sti­che alla mano, l’abbassamento del livello cul­tu­rale e civile della Repub­blica fede­rale dovuto all’immigrazione, soprat­tutto isla­mica e alle rela­tive poli­ti­che di inte­gra­zione. Pro­se­gue, poi, con un’altra pon­de­rosa opera inti­to­lata L’Europa non ha biso­gno dell’euro (tra­dotta in ita­liano per i tipi di Castel­vec­chi) nella quale rilegge l’insorgenza e lo svi­luppo della crisi dal punto di vista dell’interesse tede­sco e dell’euroscetticismo. Trat­tan­dosi di un eco­no­mi­sta che cono­sce il suo mestiere non fatica a evi­den­ziare le molte incon­gruenze che cir­co­lano nell’interpretazione della crisi, ma lo schema ordo­li­be­ri­sta cui si attiene non pre­senta grandi novità e la posi­zione poli­tica è del tutto chiara: l’euro e l’Europa, che a Ber­lino non avreb­bero affatto recato i van­taggi che molti gli attri­bui­scono, non sono che il frutto di quel senso di colpa di cui la Ger­ma­nia dovrebbe final­mente libe­rarsi, per poter agire con le mani libere e la mente sgom­bra dai rimorsi sullo scac­chiere glo­bale. Dalle nume­rose cri­ti­che demo­li­trici che i suoi due best sel­ler hanno rice­vuto nella Repub­blica fede­rale, Sar­ra­zin, cui non difetta certo una buona dose di nar­ci­si­smo, desume l’esistenza di quel «ter­ro­ri­smo della virtù» di cui si ritiene vit­tima e con­tro cui si sca­glia nell’ultimo recente libro, lan­ciato sul mer­cato con una prima tira­tura di cen­to­mila copie.

Il tema che ricorre nei suoi scritti e nei suoi nume­rosi inter­venti pub­blici è la denun­cia di un pre­sunto «deli­rio egua­li­ta­rio» che dall’integrazione dei migranti, al rico­no­sci­mento del plu­ra­li­smo cul­tu­rale, alla parità di genere, alla pena­liz­za­zione dei migliori con­dur­rebbe all’ennesimo «tra­monto dell’Occidente». O, più pre­ci­sa­mente, della Ger­ma­nia, sem­pre inchio­data a quel pas­sato che la richiama a una par­ti­co­lare respon­sa­bi­lità nei con­fronti dell’Europa e a una estrema cir­co­spe­zione nell’esibire la pro­pria potenza. I ric­chi, insi­ste Sar­ra­zin, non si devono ver­go­gnare, né i sin­goli, né le nazioni. E nem­meno lasciarsi con­di­zio­nare dalla memo­ria sto­rica. Il pole­mi­sta non nutre dubbi, ciò che i suoi cri­tici vor­reb­bero ridurre a opi­nioni, più o meno dete­sta­bili, sono verità, dati di fatto, con­sta­ta­zioni incon­tro­ver­ti­bili. Qual­che esem­pio? Pren­dendo per oro colato studi e sta­ti­sti­che sul quo­ziente di intel­li­genza (è dav­vero straor­di­na­rio che qual­cuno abbia ancora il corag­gio di farlo) il nostro autore sta­bi­li­sce che tanto i più intel­li­genti quanto i più stu­pidi sono di sesso maschile e che, in con­se­guenza, la medietà (o medio­crità) delle pre­sta­zioni intel­let­tuali fem­mi­nili ren­de­rebbe impro­po­ni­bile qual­siasi pre­tesa ideo­lo­gica di parità. Oppure, sta­bi­lendo la mag­giore fra­gi­lità del bam­bino edu­cato da un sin­golo geni­tore, Sar­ra­zin pro­pone un regime pre­miale per le cop­pie che rinun­cino al divor­zio o alla sepa­ra­zione. Non c’è, insomma, pul­sione rea­zio­na­ria che non trovi tra le righe e le parole di que­sto sin­go­lare social­de­mo­cra­tico, acca­ni­ta­mente attac­cato alla sua appar­te­nenza di par­tito, la pro­pria soddisfazione.

Ipo­cri­sia delle paroli forti

Il mugu­gno popo­lare assume nelle opere di Sar­ra­zin la veste della scienza, il pre­giu­di­zio si tra­sforma abil­mente in dato sta­ti­stico e giu­di­zio ana­li­tico. Quello che «molti pen­sano, ma non osano dire» trova final­mente la sua for­mu­la­zione «alta».

È com­pren­si­bile che simili opi­nioni abbiano pro­dotto un certo imba­razzo nell’establishement di Ber­lino e nella grande stampa, con l’eccezione entu­sia­sta di quella più deci­sa­mente di destra. Non è certo pia­ce­vole, dopo aver fatto della com­pe­ti­zione tra per­sone e della com­pe­ti­ti­vità tra paesi il prin­ci­pio più sacro e invio­la­bile, dopo aver fatto della norma libe­ri­sta una indi­scu­ti­bile legge di natura, dopo aver impo­sto all’Europa intera l’«ideologia» tede­sca e la «virtù» della sol­venza e avere equi­pa­rato il debito a una ver­go­gnosa colpa, sen­tirsi accu­sare di «deli­rio egua­li­ta­rio». Va bene la blin­da­tura delle fron­tiere, la limi­ta­zione dell’immigrazione, la restri­zione del diritto d’asilo, ma non è bello sen­tir dire fuori dai denti, come si per­mette di fare Sar­ra­zin, che «vivere sotto una dit­ta­tura o patire la fame non è una buona ragione per chie­dere asilo». In realtà è pro­prio quest’ultimo, Thilo Sar­ra­zin, a eser­ci­tare insi­sten­te­mente il «ter­ro­ri­smo della virtù» in quella moderna ver­sione meri­to­cra­tica che con­si­dera un eccesso di cor­re­zioni egua­li­ta­rie (di cui comun­que sem­pre meno si vede trac­cia) come un osta­colo allo svi­luppo e un inde­bo­li­mento del «prin­ci­pio di pre­sta­zione». E che non esita a con­si­de­rare il debito e la povertà come una colpa che non merita alcun aiuto ma solo espiazione.

Il «poli­ti­ca­mente cor­retto», lungi da ogni pre­tesa di «ter­ro­riz­zare» chic­ches­sia, è, al con­tra­rio, quella sot­tile patina di ipo­cri­sia, quel dispo­si­tivo lin­gui­stico di cui buona parte delle aspi­ra­zioni del nostro autore abbi­so­gnano per poter essere rea­liz­zate. Non è certo, come sostiene Sar­ra­zin, «un codice erme­tico del buono, del vero e del cor­retto», ma lo stru­mento ideo­lo­gico mediante il quale si cerca di impe­dire che la vio­lenza eco­no­mica (quella, per inten­dersi, che ha fatto cre­scere la mor­ta­lità infan­tile in Gre­cia del 43 per cento dall’inizio della crisi, che ha mol­ti­pli­cato i malati di Aids e accor­ciato la vita di tutti) riceva, come meri­te­rebbe, una rispo­sta vio­lenta. La con­danna delle «parole forti» copre reto­ri­ca­mente l’esercizio delle maniere forti. Il gala­teo accom­pa­gna da presso l’uso del man­ga­nello. Da quando le social­de­mo­cra­zie hanno sco­perto che «il libe­ri­smo è di sini­stra» biso­gna stare bene attenti a come si parla per non com­pro­met­tere la tenuta di que­sta bril­lante simu­la­zione. Lad­dove il poli­ti­ca­mente cor­retto e la ruvida realtà delle poli­ti­che di sfrut­ta­mento del lavoro e di demo­li­zione del wel­fare inte­ra­gi­scono e si sor­reg­gono a vicenda.

La vio­lenza della Troika

Il suc­cesso «let­te­ra­rio» dell’ex sena­tore ber­li­nese è un segno evi­dente dei pes­simi umori che cir­co­lano in Ger­ma­nia, così come il seguito, per nulla tra­scu­ra­bile, con­se­guito dal par­tito anti­eu­ro­pei­sta «Alter­na­tive fuer Deu­tschland». Ciò che dovrebbe pre­oc­cu­parci è soprat­tutto la pos­si­bi­lità, per nulla remota, che que­sti umori, al di là da ogni con­danna delle dete­sta­bili ester­na­zioni di Sar­ra­zin o dai risul­tati elet­to­rali degli euro­scet­tici, con­di­zio­nino pesan­te­mente la poli­tica della grande coa­li­zione che governa a Ber­lino. Del resto la Bun­de­sbank, che pure, (con­tra­ria­mente alla Spd, ben attenta a non per­dere i voti pro­ve­nienti da destra che per­so­naggi come Sar­ra­zin le garan­ti­reb­bero), si è libe­rata del suo imba­raz­zante alto fun­zio­na­rio, non parla certo il gergo del «poli­ti­ca­mente cor­retto» e col­tiva una col­lau­data forma di ter­ro­ri­smo della virtù. Quella che tutti i paesi inde­bi­tati d’Europa hanno lar­ga­mente spe­ri­men­tato sulla pro­pria pelle. E che Sar­ra­zin con­di­vide ampia­mente aggiun­gen­dovi quell’armamentario biologico-razziale di cui altri fanno invece mostra di ver­go­gnarsi. I suoi testi pole­mici hanno l’indubbia uti­lità di pre­sen­tarci, nella sua cruda arro­ganza, il cata­logo com­pleto di tutto ciò che in Ger­ma­nia e in Europa merita di essere denun­ciato e com­bat­tuto. Di met­tere in bella copia le tona­lità emo­tive di una opi­nione pub­blica cor­rotta dall’ideologia della pro­pria virtù, sem­pre sull’orlo di tra­sfor­marsi in senso di «superiorità».

A cor­ri­spon­dere per­fet­ta­mente alla defi­ni­zione che Eduard Meyer diede del gia­co­bi­ni­smo sono a dire il vero le poli­ti­che reces­sive, ele­gan­te­mente defi­nite «aggiu­sta­menti strut­tu­rali», che l’attuale comi­tato di salute pub­blica costi­tuito dall’Fmi, da Bru­xel­les e dalla Bce impon­gono ai paesi dell’Europa medi­ter­ra­nea, e cioè un sistema per man­dare a morte decine di migliaia di per­sone col­pe­voli di non essere vir­tuose, e pro­ba­bil­mente nean­che di que­sto. Non è una pro­fe­zia è una realtà pie­na­mente dispie­gata di cui quo­ti­dia­na­mente pos­siamo con­sta­tare gli effetti. E non solo nella deva­stata Grecia.

Su una cosa, a dire il vero, non si può dare torto a Thilo Sar­ra­zin: non esi­ste una gestione «poli­ti­ca­mente cor­retta» della crisi e, ancor meno una rispo­sta cor­tese ad essa. Esi­ste solo un lin­guag­gio che ne occulta la vio­lenza, da una parte, e una este­nua­zione che non rie­sce a tra­sfor­marsi in insor­genza, dall’altra

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