? Manifesto italiano per la Prima Internazionale

Storia. La formazione della I Internazionale nel volume «Figli del '48» di Fabio Bertini . Le discussioni che portarono, superando le iniziali divisioni, alla formazione della prima organizzazione sovranazionale dei lavoratori
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Un passato che parla al presente

? Manifesto italiano per la Prima Internazionale

Storia. La formazione della I Internazionale nel volume «Figli del ’48» di Fabio Bertini . Le discussioni che portarono, superando le iniziali divisioni, alla formazione della prima organizzazione sovranazionale dei lavoratori

? Manifesto italiano per la Prima Internazionale

Storia. La formazione della I Internazionale nel volume «Figli del ’48» di Fabio Bertini . Le discussioni che portarono, superando le iniziali divisioni, alla formazione della prima organizzazione sovranazionale dei lavoratori

Il pros­simo 28 set­tem­bre si cele­bre­ranno i centocinquant’anni dalla fon­da­zione dell’International Workingmen’s Asso­cia­tion (la Prima inter­na­zio­nale), avve­nuta a Lon­dra nel 1864 durante un’assemblea pub­blica al St. Martin’s Hall. L’evento costi­tuì il punto di con­ver­genza di mol­te­plici per­corsi poli­tici intra­presi dopo il fal­li­mento della rivo­lu­zione del 1848. Non fu un caso se la Prima inter­na­zio­nale nac­que a Lon­dra: la capi­tale bri­tan­nica, avam­po­sto del libe­ra­li­smo, era dive­nuta da tempo il punto di ritrovo di rivo­lu­zio­nari e patrioti di ogni nazio­na­lità d’Europa, favo­rendo l’incontro fra posi­zioni poli­ti­che anche diverse fra loro. Tra le tante figure che popo­la­rono il mul­ti­forme movi­mento demo­cra­tico post­qua­ran­tot­te­sco vi furono pro­ta­go­ni­sti ben noti: Giu­seppe Maz­zini, Giu­seppe Gari­baldi, Louis Blanc, Karl Marx, Pierre-Joseph Prou­d­hon, Lajos Kos­suth. Furono loro, insieme a molti altri sin­da­ca­li­sti, radi­cali, socia­li­sti, comu­ni­sti, anar­chici, ad ani­mare la sto­ria del movi­mento demo­cra­tico di metà Otto­cento, in una fase in cui quest’ultimo fu sog­getto a una gene­rale repressione.

La ricom­po­si­zione di tale mosaico di uomini, avve­ni­menti e idee è al cen­tro di un recente stu­dio di Fabio Ber­tini, sto­rico del Risor­gi­mento e del movi­mento ope­raio ita­liano e inter­na­zio­nale. Il suo ultimo libro, basato su una mol­te­pli­cità di fonti archi­vi­sti­che e a stampa, si con­cen­tra sulla fase gene­tica del movi­mento inter­na­zio­nale dei lavo­ra­tori, con rife­ri­mento al periodo com­preso fra la rivo­lu­zione del 1848 e la nascita della Prima inter­na­zio­nale (Figli del ’48. I ribelli, gli esuli, i lavo­ra­tori. Dalla Repub­blica Uni­ver­sale alla Prima Inter­na­zio­nale, Aracne, pp. 564, euro 25).

Dopo il 1848 una delle mag­giori ambi­zioni del movi­mento demo­cra­tico fu quella di con­tra­stare le ten­denze cen­tri­fu­ghe esi­stenti al pro­prio interno, evi­tando al con­tempo di sepa­rare le riven­di­ca­zioni poli­ti­che e nazio­nali dalla lotta per l’emancipazione eco­no­mica e sociale dei lavo­ra­tori. Tale obiet­tivo si rivelò di non sem­plice attua­zione, anche a causa della plu­ra­lità delle diverse pro­spet­tive rivo­lu­zio­na­rie, spesso incom­pa­ti­bili fra loro. Ognuno dei pro­ta­go­ni­sti di que­sto vasto movi­mento si defi­niva «demo­cra­tico», ma dava a quest’ultimo ter­mine un signi­fi­cato diverso. Nono­stante ricer­cas­sero tutti una nuova società di tipo repub­bli­cano, gli oppo­si­tori della vec­chia Europa inter­pre­ta­vano diver­sa­mente il rap­porto fra la classe e la nazione, forme di appar­te­nenza e cate­go­rie carat­te­riz­zate da un rap­porto com­plesso, come la sto­ria suc­ces­siva avrebbe dimostrato.

La divi­sione dei lavo­ra­tori e di tutto il movi­mento demo­cra­tico ten­deva a mani­fe­starsi tanto sul piano delle ideo­lo­gie e delle iden­tità nazio­nali, quanto sul ter­reno delle riven­di­ca­zioni eco­no­mi­che e sociali. Una cir­co­stanza che, come è facile intuire, andava a tutto van­tag­gio delle forze rea­zio­na­rie e della repres­sione poli­zie­sca. Se ne resero pie­na­mente conto Marx ed Engels, i quali non a caso chiu­sero il Mani­fe­sto del par­tito comu­ni­sta del 1848 lan­ciando il famoso appello all’unità dei lavo­ra­tori («pro­le­tari di tutti i paesi, uni­tevi!»). Una frase che risuona anche nei suc­ces­sivi scritti mar­xiani sull’Internazionale. .

La sto­ria otto­cen­te­sca mostra che non vi è mai stato nulla di spon­ta­neo o di lineare nello svi­luppo del movi­mento ope­raio. Tra Otto e Nove­cento solo attra­verso una tenace atti­vità orga­niz­za­tiva e edu­ca­tiva i lavo­ra­tori hanno cer­cato di acqui­sire la con­sa­pe­vo­lezza della pro­pria con­di­zione di classe sfrut­tata, supe­rando la ten­den­ziale riva­lità fra loro stessi all’interno del mer­cato del lavoro. Que­sti risul­tati, peral­tro, non sono mai stati con­qui­stati una volta per tutte. Lo stesso approdo alla Prima inter­na­zio­nale, come è noto, si rivelò del tutto prov­vi­so­rio: l’associazione, sciolta nel 1876, sarebbe rinata sotto altre forme solo nel 1889, per poi dis­sol­versi nuo­va­mente in occa­sione dello scop­pio della Grande guerra.

Oggi, come è già avve­nuto altre volte negli ultimi due secoli, molte dif­fi­coltà incon­trate dal «fronte pro­gres­si­sta» non dipen­dono solo dalla crisi eco­no­mica e dalla con­se­guente guerra fra lavo­ra­tori di diverse con­di­zioni e pro­ve­nienze, ma deri­vano anche dall’incapacità di con­ver­gere verso sin­tesi poli­ti­che in grado di costruire fronti uni­tari di lotta. La cro­naca euro­pea di que­sti tempi non fa che con­fer­marlo. Dalla con­sa­pe­vo­lezza di que­sto limite occorre ripar­tire, favo­rendo in ogni sede la ricom­po­si­zione dei saperi cri­tici e delle rivendicazioni.

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