? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Simona Granati

Un'Altra Europa per Tsipras. L'ideologia dell'austerity ha «bruciato» vive milioni di persone. Ma la speranza e il coraggio di cambiare sono tra noi
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La grande ambizione di un’altra Europa e Tsipras

? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Simona Granati

Un’Altra Europa per Tsipras. L’ideologia dell’austerity ha «bruciato» vive milioni di persone. Ma la speranza e il coraggio di cambiare sono tra noi

? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Simona Granati

Un’Altra Europa per Tsipras. L’ideologia dell’austerity ha «bruciato» vive milioni di persone. Ma la speranza e il coraggio di cambiare sono tra noi

A pochi mesi dalle ele­zioni euro­pee ci tro­viamo di fronte a un feno­meno ine­dito: non c’è un solo poli­tico che non attac­chi le poli­ti­che di auste­rity della Troika, anche se per anni le ha soste­nute o subite pas­si­va­mente. Così non si capi­sce più chi abbia pro­vo­cato l’impoverimento repen­tino di Ita­lia, Spa­gna, Irlanda, Por­to­gallo e, soprat­tutto, Gre­cia. Non ci sono più col­pe­voli, ma una sorta di virus male­fico che ha col­pito i nostri paesi, pro­vo­cando una disoc­cu­pa­zione di massa che non si era mai vista, sui­cidi a catena, per­dita di diritti sociali, dispe­ra­zione ed impo­ve­ri­mento sem­pre più inso­ste­ni­bili. Come la peste che per secoli ha deva­stato l’Europa cicli­ca­mente, così que­sta crisi viene rac­con­tata come una pan­de­mia che ci ha col­pito tutti e che richiede uno sforzo col­let­tivo per con­tra­starla. Chi l’ha usata, per disci­pli­nare i lavo­ra­tori o per ridurne i diritti, oggi si pre­senta come il pala­dino della lotta all’austerity (come ha ten­tato dispe­ra­ta­mente di fare anche Letta prima di essere defenestrato).

««Basta con l’austerity»» è la parola d’ordine che, nata dai movi­menti popo­lari di oppo­si­zione, viene oggi assunta in tutta Europa dai lea­der delle “lar­ghe intese” che, ci potete scom­met­tere, pre­sen­te­ranno un pro­gramma ambi­zioso di rilan­cio dell’economia e dell’occupazione. Per que­sto, fare chia­rezza, rico­struire le respon­sa­bi­lità poli­ti­che di que­sta crisi e delle sue dram­ma­ti­che con­se­guenze sarà il primo com­pito che si deve assu­mere chi vuole pro­vare a costruire una vera alter­na­tiva. E non sarà una pas­seg­giata, per­ché siamo di fronte ad una grande mani­po­la­zione dell’informazione che fa dire a tanti: abbiamo vis­suto sopra i nostri mezzi, abbiamo sper­pe­rato e rubato, siamo un popolo di cor­rotti ed ognuno di noi deve scon­tare la pena, fare sacri­fici per uscire dalla stagnazione/recessione.
Milioni di lavo­ra­tori, pre­cari, disoc­cu­pati come pos­sono essere inclusi in quel «noi» che ci viene pro­pi­nato come corpo sociale indi­stinto? Eppure, que­sto attacco ideo­lo­gico ha rag­giunto dei risul­tati incre­di­bili per il potere del capi­tale finan­zia­rio, e non solo. In pochi anni sono cam­biate le aspet­ta­tive di milioni di per­sone, i pro­getti di vita, le spe­ranze e i sogni.

Incon­tro sem­pre più spesso dei miei ex– stu­denti che dopo la lau­rea spe­cia­li­stica (e qual­che volta il master o il dot­to­rato) sono pas­sati da un lavoro pre­ca­rio all’altro, son par­titi per il Nord Ita­lia o all’estero (e tanti sono tor­nati), che hanno perso la spe­ranza e che ti rac­con­tano «lavoro presso uno stu­dio pro­fes­sio­nale come segre­ta­ria part-time» oppure «fac­cio il came­riere in un pub» oppure «lavoro in un call cen­ter» …ma, aggiun­gono: «meno male che ho una spe­cie di lavoro, gua­da­gno poco ma è meglio di niente»». Molti con­clu­dono: ci dob­biamo accon­ten­tare… c’è chi sta peg­gio noi. Ecco, que­sto è il risul­tato cul­tu­ral­mente e social­mente più cata­stro­fico dell’austerity e della gestione ideo­lo­gica di que­sta crisi. Che una intera gene­ra­zione abbia perso spe­ranze ed ambi­zioni ha una rica­duta ter­ri­bile nella costru­zione di un pro­getto poli­tico alternativo.

Se non rie­sci più ad imma­gi­nare un miglio­ra­mento signi­fi­ca­tivo della tua vita quo­ti­diana come puoi pen­sare o cre­dere che potrà un giorno esserci un cam­bia­mento radi­cale della società in cui vivi? E come puoi costruire una visione alter­na­tiva a que­sto sistema capitalistico-finanziario se non credi più che le cose pos­sano cambiare?

Eppure c’è chi ce l’ha fatta. È il caso di Syriza in Gre­cia, il par­tito poli­tico che ha unito le forze della sini­stra dispersa riu­scendo a vin­cere la dispe­ra­zione e con­vin­cendo quasi un terzo della popo­la­zione che è pos­si­bile costruire un’alternativa a que­ste poli­ti­che di auste­rity, senza pren­dere scor­cia­toie nazio­na­li­ste e xeno­fobe che ci por­te­reb­bero più velo­ce­mente nel bara­tro. Ce l’ha fatta Syriza per­ché è diven­tata una forza poli­tica incar­nata nelle realtà sociali più col­pite dalla crisi, per­ché è riu­scita a tro­vare lin­guaggi, mes­saggi e pra­ti­che sociali com­pren­si­bili per tutti. E, lo sap­piamo bene, non è stato facile con­tra­stare una mici­diale cam­pa­gna media­tica che in tutta Europa dal 2009 ha dise­gnato il popolo greco come un mani­polo di fan­nul­loni cor­rotti, capaci solo di accu­mu­lare debiti su debiti. Non è stato facile uscire dal sub­dolo mec­ca­ni­smo della col­pe­vo­liz­za­zione che fa sì che le vit­time si sen­tano col­pe­voli, che l’enorme debito pub­blico sia inte­rio­riz­zato come colpa col­let­tiva, e quindi di ognuno di noi.

E se la lista per Tsi­pras sta rac­co­gliendo con­sensi cre­scenti anche nel nostro paese non è per­ché Ale­xis sia solo un gio­vane sim­pa­tico, solare ed intel­li­gente, ma per­ché rap­pre­senta il sim­bolo di que­sto pro­cesso di rivolta, di que­sta spe­ranza col­let­tiva. Que­sta è la sfida che abbiamo di fronte e su cui dovremmo impe­gnarci : rico­struire una ambi­zione sociale e poli­tica, recla­mare un diritto alla vita digni­tosa che ci è stato tolto. Altro che accon­ten­tarci! Dob­biamo essere molto ambi­ziosi e capaci di tra­smet­tere un mes­sag­gio forte che fac­cia intra­ve­dere come la costru­zione di un’altra Europa, giu­sta e soli­dale, sia ancora possibile.

Che la cancellazione/ristrutturazione del debito pub­blico che schiac­cia i nostri paesi è un diritto ed un bene­fi­cio per tutti, anche per i paesi più ric­chi. Che ci fac­cia toc­care con mano che l’alternativa Euro-Mediterranea non è il libro dei sogni di qual­che intel­let­tuale uto­pi­sta. Che pre­tenda che un cit­ta­dino euro­peo, dalla Fin­lan­dia a Cipro, abbia lo stesso diritto a una vita digni­tosa, e quindi a un red­dito minimo su base euro­pea, a un wel­fare che ti garan­ti­sca sanità, casa, e istru­zione, anche se vivi nell’estrema peri­fe­ria sud della Ue. Ma non basta. Dob­biamo cre­dere che è pos­si­bile costruire una grande alleanza tra i paesi del Medi­ter­ra­neo, a par­tire dai paesi del Sud Europa, capace di con­tro­bi­lan­ciare il potere dell’asse franco-tedesco, dive­nuto in que­sti ultimi anni essen­zial­mente germanico-centrico. E que­sto signi­fica che la lotta per la libe­ra­zione cir­co­la­zione delle per­sone, per i diritti dei migranti non può che essere parte inte­grante dell’Europa di nuova gene­ra­zione che vogliamo con­tri­buire a far nascere.

Nel con­creto le idee per rea­liz­zare que­sto pro­getto sono tante ma ci manca la capa­cità di far imma­gi­nare e sognare que­sto nuovo assetto della Ue e del Medi­ter­ra­neo, di un mare di pace e coo­pe­ra­zione nel campo della cul­tura, dell’arte, della scienza e dell’economia soli­dale. Abbiamo biso­gno di tec­nici e di ammi­ni­stra­tori capaci, ma anche e forse più di poeti e pro­feti capaci di smuo­vere i sen­ti­menti delle nostre popo­la­zioni, di creare un altro imma­gi­na­rio collettivo.

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