? Immagine da un manicomio durante il fascismo

Storia. "Capaci di intendere e di volere" di Mario Rossi per Zero in condotta editore. Gli internati durante in fascismo: un esempio di una medicina asservita al potere
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I manicomi del Duce

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Storia. “Capaci di intendere e di volere” di Mario Rossi per Zero in condotta editore. Gli internati durante in fascismo: un esempio di una medicina asservita al potere

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Storia. “Capaci di intendere e di volere” di Mario Rossi per Zero in condotta editore. Gli internati durante in fascismo: un esempio di una medicina asservita al potere

Il pic­colo volume Capaci di inten­dere e di volere. La deten­zione in mani­co­mio degli oppo­si­tori al fasci­smo di Marco Rossi (Zero in Con­dotta) rap­pre­senta un uni­cum nel pano­rama edi­to­riale ita­liano. La sto­ria delle «scienze psi» durante il fasci­smo è infatti un argo­mento poco fre­quen­tato. Certo, ci sono saggi dedi­cati al raz­zi­smo fasci­sta, ma il tema delle influenze poli­ti­che della dit­ta­tura sulle «scienze della psi» è del tutto «mal­trat­tato». Si pensa forse che la dia­gnosi e la cura non siano influen­zate dal regime sociale ed eco­no­mico in cui avven­gono, come se la scienza fosse imper­mea­bile alla poli­tica. Capaci di inten­dere e di volere, invece, smi­tizza la pre­tesa di impar­zia­lità delle «scienze psi» pro­prio a par­tire dall’analisi di nume­rosi «casi cli­nici» di oppo­si­tori al fasci­smo che ven­nero inter­nati in mani­co­mio con una dia­gnosi «politica».

Epi­les­sia poli­tica, fol­lia bol­sce­vica, squi­li­brio poli­tico, altrui­smo mor­boso, social­mente peri­co­loso: sono que­ste alcune delle eti­chette usate per inter­nare gli oppo­si­tori poli­tici. Il libro di Rossi, diviso in capi­toli che riguar­dano tutte le tipo­lo­gie di oppo­si­tori inter­nati (gli anar­chici, i comu­ni­sti, i socia­li­sti, i repub­bli­cani, le donne, i senza par­tito e gli anti­na­zio­nali). Una car­rel­lata di sto­rie che trat­tano per­so­naggi per lo più ignoti a par­tire da casi cono­sciuti come, ad esem­pio, quello di Vio­let Gibson.

Si riper­cor­rono così le sto­rie di vita di un cen­ti­naio di per­sone recluse in mani­co­mio a causa di epi­sodi più o meno rile­vanti di oppo­si­zione al fasci­smo. Per citarne uno. Dome­nico Angeli è recluso in mani­co­mio per­ché voleva arruo­larsi nell’«esercito abbis­sino». La sto­ria cli­nica e «cri­mi­nale» di Angeli era ini­ziata per­ché aveva gri­dato «abbasso la guerra, viva l’Abissinia!».

Il grande merito del libro sta dun­que nel ricor­dare sco­no­sciuti oppo­si­tori al fasci­smo che entra­rono loro mal­grado nell’ingranaggio di potere che stru­men­ta­liz­zava – com­plici «gli scien­ziati» – una pra­tica scien­ti­fica al fine di zit­tire le voci del dis­senso. L’autore for­ni­sce, quindi, un mat­tone fon­da­men­tale alla com­pren­sione dei rap­porti fra potere e psichiatria.

E cosa accade nei regimi libe­rali? In libertà, la «sal­va­guar­dia» della con­vi­venza è deman­data soprat­tutto ai trat­ta­menti «ecce­zio­nali» e di «urgenza», come il trat­ta­mento sani­ta­rio obbli­ga­to­rio (Tso) — che a causa di alcuni tra­gici fatti, come quello di Franco Mastro­gio­vanni, sono sem­pre più nell’occhio del ciclone — oppure gli ospe­dali psi­chia­trici giu­di­ziari (Opg), lon­tana ere­dità della scuola di Lom­broso che non riu­sciamo a chiu­dere o sosti­tuire con qual­cosa di umano.

Più sot­til­mente oggi si assi­ste all’invasione della dia­gnosi psi­chia­trica in com­por­ta­menti finora rite­nuti «nor­mali», che tenta cioè di acchiap­pare ber­sa­gli ingros­sati a dismi­sura. Per vari motivi si allarga così la pla­tea di even­tuali con­su­ma­tori dell’intervento e della dia­gnosi, ma quel che è forse peg­gio è l’uso isti­tu­zio­nale di pseu­do­pa­to­lo­gie, come la sin­drome di alie­na­zione paren­tale (Pas), che non godono nep­pure dello sta­tuto di psi­co­pa­to­lo­gie accer­tate dalle mag­giori società scien­ti­fi­che internazionali.

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