? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Andrea Sabbadini

Europee. La terapia folle al malato europeo va cambiata dalle fondamenta: riduzione del debito, nuovo ruolo della Bce, rinuncia al fiscal compact
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Bene Fassina, con Tsipras partiamo da qui

? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Andrea Sabbadini

Europee. La terapia folle al malato europeo va cambiata dalle fondamenta: riduzione del debito, nuovo ruolo della Bce, rinuncia al fiscal compact

? Alexis Tsipras nella redazione del manifesto © Andrea Sabbadini

Europee. La terapia folle al malato europeo va cambiata dalle fondamenta: riduzione del debito, nuovo ruolo della Bce, rinuncia al fiscal compact

Scrive Ste­fano Fas­sina che «è posi­tiva l’iniziativa cul­tu­rale e poli­tica per la lista Tsi­pras» per le pros­sime ele­zioni euro­pee. Una presa di posi­zione impor­tante, ben diversa da quelle giunte da altre parti del Pd, come il ten­ta­tivo piut­to­sto mal­de­stro di Pippo Civati di bol­lare la lista che si sta for­mando come un accrocco di reduci fra­zio­ni­sti per fare scat­tare a pro­prio van­tag­gio il solito mec­ca­ni­smo del voto utile. L’altro merito è che Fas­sina inta­vola argo­menti con­creti per un dia­logo che può rive­larsi senz’altro utile per dare «vigore poli­tico a un’alternativa euro­pei­sta per lo svi­luppo sostenibile».

Ma dia­logo tra chi? Alla fine del suo arti­colo Fas­sina fa rife­ri­mento a «un con­fronto senza ambi­guità ma costrut­tivo, pur tra sog­getti elet­to­rali in com­pe­ti­zione, per ini­zia­tive uni­ta­rie a Stra­sburgo, dopo il 25 Mag­gio, di diversi gruppi par­la­men­tari». Anche qui il chia­ri­mento non è da poco ed evita di intor­bi­dire le acque. Il primo punto è che i sog­getti elet­to­rali, la lista Tsi­pras e quella ani­mata dal Pd, saranno in com­pe­ti­zione e con­flitto durante la cam­pa­gna elet­to­rale. Né potrebbe essere diver­sa­mente data la loro pro­fonda diver­sità pro­gram­ma­tica. Il secondo chia­ri­mento deci­sivo è che la pos­si­bile con­ver­genza su ini­zia­tive comuni, che nes­suno può né postu­lare in anti­cipo né tan­to­meno esclu­dere, avverrà tra gruppi par­la­men­tari diversi. Pre­ci­sa­zione non da poco conto, sia per­ché taglia alla radice qua­lun­que ricatto di voto utile (il dia­logo si può fare se entrambi i sog­getti esi­stono), sia per­ché viene accom­pa­gnata da un impe­gno a con­durre una bat­ta­glia in que­sto senso in seno al Pd e al Pse.

Vi è quindi una con­ver­genza di toni e in parte di temi con la stessa dichia­ra­zione con cui Ale­xis Tsi­pras pre­senta la sua can­di­da­tura a Pre­si­dente della Com­mis­sione euro­pea, quando fa appello agli elet­tori del Pse, sot­to­li­neando la con­trad­di­zione tra le loro aspi­ra­zioni e la con­creta poli­tica di quest’ultimo, e nello stesso tempo non pre­co­nizza una poli­tica iso­la­zio­ni­sta del gruppo par­la­men­tare euro­peo che gui­derà a Strasburgo.

La discus­sione può quindi avve­nire sul pulito. Alcuni dei temi che Fas­sina pro­pone non sono diversi dagli stessi su cui si ragio­nava assieme prima che la nascita del governo Monti deter­mi­nasse una rot­tura irre­ver­si­bile nel cen­tro­si­ni­stra di allora. Nel frat­tempo però la crisi ha sca­vato ulte­riori vora­gini. La radi­ca­lità degli obiet­tivi non è quindi un vizio estre­mi­sta, ma una neces­sità. Per que­sto motivo il richiamo di Fas­sina al «Memo per il pro­gramma di un governo di svolta», da lui scritto con altri espo­nenti della tor­men­tata sini­stra del Pd, non offre un punto di rife­ri­mento valido. Al di là dei tanti aspetti par­ti­co­lari, manca il cuore del pro­blema, che invece è ben chiaro a Tsi­pras: la revi­sione dei trat­tati euro­pei, la can­cel­la­zione del fiscal com­pact, la modi­fi­ca­zione radi­cale del ruolo della Bce, l’individuazione imme­diata di una sorta di piano Mar­shall per lo svi­luppo dell’occupazione e dell’economia secondo nuovi cri­teri su scala euro­pea. Se que­sto non viene posto subito all’ordine del giorno l’Europa e l’euro saranno schiac­ciati sotto le poli­ti­che eco­no­mi­che rigo­ri­ste dell’Unione, che più che essere vit­tima delle crisi lo è delle sue politiche.

I tempi per un pal­lido rifor­mi­smo, per qual­che cor­re­zione di linea o aggiu­sta­mento di rotta sono defi­ni­ti­va­mente finiti. L’implosione dell’Europa è alle porte. E’ vero, Fas­sina sem­bra fare un passo avanti rispetto a quello schema pro­gram­ma­tico da lui stesso richia­mato. Giu­dica posi­ti­va­mente la pro­po­sta di Tsi­pras di con­vo­care una con­fe­renza euro­pea – sul modello di quella di Lon­dra del 1953 – sulla ristrut­tu­ra­zione e ridu­zione del debito, que­stione dav­vero cru­ciale. Ma poi con­fina i prov­ve­di­menti più radi­cali in un futuro e inde­ter­mi­nato piano B che com­por­te­rebbe la «rine­go­zia­zione degli impe­gni sot­to­scritti», cosa che invece non può aspet­tare. Qui non si tratta di chie­dere a nes­suno un’abiura (ad esem­pio sul fatto che è gra­zie al Pd che è pas­sato in caval­le­ria tanto il fiscal com­pact come il pareg­gio di bilan­cio in Costi­tu­zione). Dob­biamo fare poli­tica, non pra­ti­care ven­dette. Ma il primo punto del con­fronto non può pre­scin­dere da una valu­ta­zione del punto di gra­vità cui il malato Europa è stato con­dotto dalle folli tera­pie pra­ti­ca­te­gli, oltre che dai con­ser­va­tori, anche dai medici socialdemocratici.

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