Arresti domiciliari per i super poliziotti condannati

G8-MASSACRO DELLA DIAZ. Nel pomeriggio di San Silvestro la decisione del tribunale di sorveglianza di Genova

G8-MASSACRO DELLA DIAZ. Nel pomeriggio di San Silvestro la decisione del tribunale di sorveglianza di Genova

Tutti den­tro o, meglio, tutti ai domi­ci­liari per effetto della «svuo­ta­car­ceri» voluta dall’ex mini­stra Seve­rino. Fini­sce così a 12 anni, 6 mesi e una man­ciata di giorni dalla notte della Diaz, una delle più brutte pagine della poli­zia ita­liana. Il pome­rig­gio di San Sil­ve­stro il tri­bu­nale di sor­ve­glianza di Genova ha deciso in quale modo dovranno scon­tare la pena (ciò che ne resta dopo i 3 anni estinti dall’indulto) l’ex capo della Digos geno­vese Spar­taco Mor­tola e Gio­vanni Luperi, ex numero due dell’Ucigos: otto mesi di deten­zione domi­ci­liare per Mor­tola, un anno per Luperi. Il giorno prima era stata deciso il futuro imme­diato di Fran­ce­sco Grat­teri. Anche l’uomo che arre­stò Baga­rella e Bru­sca ha comin­ciato a scon­tare un anno di con­danna. E così gli altri: il suo vice Gil­berto Cal­da­rozzi (oggi respon­sa­bile sicu­rezza per Uni­cre­dit), l’ex capo del VII nucleo del Reparto mobile di Roma Vin­cenzo Can­te­rini (andato in pen­sione da que­store), Filippo Ferri (oggi sti­pen­diato dal Milan come «tutor» di Balo­telli), Fabio Cic­ci­marra, Nando Domi­nici, Sal­va­tore Gava, Mas­simo Nucera (l’agente che denun­ciò fal­sa­mente di essere stato col­pito da una col­tel­lata) e il col­lega Mau­ri­zio Pan­zieri. Tutti con­dan­nati per i falsi e le calun­nie inven­tati ad arte per giu­sti­fi­care gli arre­sti di 93 manifestanti.

Il Tri­bu­nale di sor­ve­glianza ha negato l’affidamento in prova ai ser­vizi sociali, con­ce­den­dolo solo a un con­dan­nato, Carlo Di Sarro, la cui posi­zione è sem­pre stata con­si­de­rata meno rile­vante. I giu­dici geno­vesi (davanti ai quali i fun­zio­nari con­dan­nati si erano pre­sen­tati la prima volta otto mesi fa) ave­vano chie­sto come con­di­zione per la con­ces­sione della misura alter­na­tiva una pub­blica assun­zione di respon­sa­bi­lità oltre a un risar­ci­mento, almeno par­ziale, delle vit­time. Ma nulla di tutto que­sto è stato fatto. «Mi spiace ma non mi scuso» avrebbe detto Grat­teri ancora pochi giorni fa.

La deci­sione del Tri­bu­nale di Genova ha rice­vuto anche l’avallo, sep­pur indi­retto, della Cas­sa­zione, cui si erano rivolti Can­te­rini e Cal­da­rozzi e che l’11 dicem­bre aveva con­fer­mato il no all’affidamento in prova. Deci­sione da alcuni con­si­de­rata severa, ma già la Corte d’appello (e con lei la Cas­sa­zione), nelle moti­va­zioni con cui aveva negato a Grat­teri & Co le atte­nuanti gene­ri­che, aveva così stig­ma­tiz­zato la loro con­dotta: «E’ dav­vero dif­fi­cile nascon­dersi l’odiosità del com­por­ta­mento: una volta preso atto che l’esito della per­qui­si­zione si era risolto nell’ingiustificabile mas­sa­cro dei resi­denti nella scuola, i ver­tici della Poli­zia ave­vano a dispo­si­zione solo una retta via per quanto dolo­rosa: iso­lare ed emar­gi­nare i vio­lenti denun­cian­doli, dis­so­ciarsi da tale con­dotta e rimet­tere in libertà gli arre­stati. Pur­troppo è stata scelta la strada oppo­sta». Mistero fitto sul futuro lavo­ra­tivo dei fun­zio­nari. Se ad oggi i super­po­li­ziotti sono sospesi per 5 anni come pena acces­so­ria, dal mini­stero dell’Interno non tra­pela nulla sul l’esito dei pro­ce­di­menti disci­pli­nari. Ciò che si sa è che le con­te­sta­zioni mini­ste­riali qua­li­fi­cano i fatti com­messi come «negli­genze», anche se sono stati tutti con­dan­nati per delitti dolosi. Que­sto esclude per legge la desti­tu­zione e ne con­sente il futuro rien­tro in servizio.

Un’interrogazione par­la­men­tare pre­sen­tata alla Camera da Sel non ha mai rice­vuto rispo­sta. Nulla si sa nep­pure del destino disci­pli­nare e lavo­ra­tivo degli otto «pic­chia­tori» del VII Nucleo, con­dan­nati in primo e secondo grado a 4 anni per lesioni aggra­vate e poi pre­scritti prima della Cas­sa­zione, che ne ha però con­fer­mato la respon­sa­bi­lità ai fini civili: potreb­bero essere tutt’ora in ser­vi­zio. La parola fine, però, potrà essere scritta solo quando si pro­nun­cerà la Corte euro­pea dei diritti dell’uomo, cui hanno fatto ricorso sia i mani­fe­stanti, sia i poli­ziotti. I primi lamen­tano la man­cata puni­zione dei respon­sa­bili delle lesioni, con­se­guenza della pre­scri­zione e dell’assenza del reato di tor­tura nell’ordinamento ita­liano; i fun­zio­nari con­dan­nati invece sosten­gono che la Corte di appello di Genova, nel ribal­tare l’assoluzione otte­nuta in primo grado, avrebbe dovuto ria­scol­tare alcuni testi­moni. Tesi già affron­tata e respinta dalla Cassazione.

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